Responsabilità amministrativa degli enti: la sanzione amministrativa soggiace al termine prescrizionale di cinque anni decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 31854.2021, resa dalla I Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di responsabilità amministrativa dell’ente dipendente da reato, si sofferma sulla disciplina della prescrizione della sanzione amministrativa.

In particolare, la Suprema Corte, dopo aver chiarito che l’art. 22 D.lgs. 231/01 disciplina congiuntamente la prescrizione dell’illecito amministrativo nonché delle sanzioni irrogate alla persona giuridica, enuncia il principio di diritto secondo cui, ai sensi del comma 4 della disposizione, la sanzione amministrativa deve essere applicata entro cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna pronunciata nei confronti dell’ente, pena la sua estinzione.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di responsabilità amministrativa degli enti, oltre agli approfondimenti sul tema, che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

L’illecito amministrativo e il giudizio di merito.

Nel caso di specie, il G.I.P. presso il Tribunale di Milano, su richiesta concordata tra le comminava alla persona giuridica la sanzione amministrativa pecuniaria.

Il medesimo G.I.P., in funzione di Giudice dell’esecuzione, respingeva la domanda di accertamento dell’intervenuta prescrizione della sanzione ai sensi dell’art 22 d.lgs. n. 231 del 2001, avanzata dalla società in ragione intervenuta notificazione della cartella esattoriale oltre cinque anni dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

L’ente proponeva ricorso per cassazione avverso la suddetta decisione, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, l’inosservanza della legge penale con riferimento alla mancata applicazione del termine di prescrizione quinquennale della sanzione amministrativa ex art. 22 D.lgs. 231/01.

La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al GIP del Tribunale di Milano.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Ciò posto, è senz’altro corretto ritenere – e si viene così al cuore della questione agitata in questo giudizio – che l’art. 22 d.lgs. m 231 del 2001 sia diretto a regolare la disciplina della prescrizione della sanzione amministrativa, e ad individuarne il termine, anche nella fase esecutiva della sanzione stessa, aperta dalla formazione del giudicato ai danni dell’ente.

E’ vero che il comma 1 dell’art. 22, nello stabilire che il termine di cinque anni decorra dalla data di consumazione del reato, lascia intendere che tale termine si riferisca, in prima battuta, alla prescrizione dell’illecito. Tale disposizione, tuttavia, deve essere letta congiuntamente agli altri commi che la compongono. In particolare, se a seguito di ogni atto interruttivo inizia un nuovo periodo di prescrizione (comma 3 dell’art. 22), e se, quando l’interruzione è avvenuta mediante la contestazione dell’illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato «la sentenza che definisce il giudizio» (comma 4), non può che intendersi ulteriormente che, ove tale condizione finale si sia verificata, allora inizierà a decorrere nuovamente il termine prescrizionale ivi istituito, di durata quinquennale, d’ora in avanti riferito alla riscossione della sanzione definitivamente irrogata.

Da una lettura coordinata dell’intera disposizione si desume, dunque, che il legislatore abbia voluto disciplinare in modo unitario, all’interno del medesimo art. 22, sia il termine di prescrizione dell’illecito amministrativo, sia il termine di prescrizione della sanzione, ossia il termine entro il quale deve essere eseguita la sentenza di condanna irrevocabile che la contempli, pena la sua estinzione”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA