Il medico può essere condannato per falso ideologico solo se le difformità rispetto al vero risultanti dalla cartella clinica siano accompagnate dal consapevole e volontario scopo di rendere la falsa dichiarazione.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 30523.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di falsità ideologica in atti pubblici commessa da esercenti la professione sanitaria, si sofferma sull’elemento soggettivo del reato contro la fede pubblica.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha enunciato il principio di diritto secondo cui ai fini della configurazione del dolo del delitto di falso ideologico in atti pubblici in capo al medico è necessario accertare la consapevolezza e volontà di rendere una dichiarazione non veritiera, rimanendo irrilevante il movente che abbia spinto il sanitario a rendere la falsa attestazione.
Conseguentemente nelle false dichiarazioni in atti pubblici il dolo non può essere considerato in re ipsa, bensì deve essere accertato sulla base della valutazione di tutte le circostanze del caso concreto e delle modalità esecutive dell’azione, che denotino la coscienza e volontà dell’agente di rendere false dichiarazioni, non essendo punibili le condotte connotate da mera leggerezza o negligenza.
Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:
(i) il testo della fattispecie incriminatrice;
(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di falsità ideologica in atto pubblico commessa da professionisti sanitari, oltre agli approfondimenti sul reato contro la fede pubblica che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.
Il reato contestato e la doppia conforme di merito
Nel caso di specie all’imputato, tratto a giudizio nella qualità di medico chirurgo in servizio presso l’ospedale, era stato contestato il delitto di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico ex art. 479 c.p., per aver falsamente indicato nella documentazione sanitaria relativa agli interventi chirurgici i nominativi dei sanitari che hanno eseguito gli interventi.
La Corte di appello di Roma confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Frosinone aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado.
La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali per essere il reato contro la fede pubblica estinti per intervenuta prescrizione; agli effetti civili la sentenza è stata impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, proprio in accoglimento del motivo di impugnazione impingente il tema della colpevolezza.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento sul tema della colpevolezza:
“Al riguardo si osserva che, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del reato di falso ideologico è sufficiente il dolo generico che si concreta nella volontarietà della dichiarazione falsa, con la consapevolezza del suo carattere inveritiero, mentre non è richiesto l'”animus nocendi” né l'”animus decipiendi”, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno. Sono, pertanto, irrilevanti, ai fini della integrazione del dolo le ragioni che hanno determinato l’agente ad operare la falsa attestazione (cfr. Cass., Sez. 5, n. 6182 del 03/11/2010, Rv. 249701; Cass., Sez. 5, n. 6820 del 24/01/2005, Rv. 231427; Cass., Sez. 5, n. 12547, del 08/11/2018, Rv. 276505).
La delimitazione del raggio d’azione del dolo alla volontarietà e consapevolezza della “immutatio veri”, con esclusione dal perimetro dell’elemento soggettivo del reato delle ragioni e delle finalità della falsa rappresentazione, non implica, ovviamente, una valutazione meno rigorosa sulla sussistenza del dolo.
Come è stato chiarito da un condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di falsità documentali in atto pubblico, il dolo generico non può essere considerato in “re ipsa”, in quanto deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso deriva da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell’agente, poiché il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo (cfr. Cass., Sez. 3, n. 30862, del 14/05/2015, Rv. 264328, nonché, nello stesso senso, Cass., Sez. 1, n. 27230, del 11/09/2020, Rv. 279785).
Orbene, se è pur vero che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la prova dell’elemento soggettivo del reato può desumersi dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà e rappresentazione degli elementi oggettivi del reato (cfr. Cass., sez. 5, n. 30726 del 09/09/2020, Rv. 279908; nonché Cass., Sez. 6, 6.4.2011, n. 16465, Rv. 250007), è altrettanto vero che, con riferimento alla fattispecie di falsità ideologica in atti pubblici, l’esame delle concrete circostanze e delle modalità esecutive dell’azione criminosa demandato al giudice di merito non può consistere, per le ragioni già esposte, nella semplice presa d’atto della sussistenza di una falsa rappresentazione della realtà, ma deve estendersi ad un’esplorazione, che tenga conto del contesto complessivo in cui è maturata la condotta del reo (quindi anche delle motivazioni del suo agire, se conosciute), al fine di escludere che l'”immutatio veri” sia dovuta a semplice leggerezza ovvero a negligenza dell’agente”.
La fattispecie incriminatrice:
Art. 479 c.p. – Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici
Il pubblico ufficiale [357], che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476 [487, 493; 1127 c. nav.].
Le più recenti massime in tema di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici ascrivibile al sanitario:
Cassazione penale sez. V, 20/09/2019, n.45146
Integra il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico fidefacente, la condotta del medico che rediga un certificato con false attestazioni, in quanto ciò che caratterizza l’atto pubblico fidefacente, anche in virtù del disposto di cui all’art. 2699 c.c. è – oltre all’attestazione di fatti appartenenti all’attività del pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione – la circostanza che esso sia destinato ab initio alla prova e cioè precostituito a garanzie della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato, nell’esercizio di una speciale funzione certificatrice; ne deriva che la diagnosi riportata nel certificato ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione – caduta nella sfera conoscitiva del pubblico ufficiale – che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica.
Cassazione penale sez. V, 07/03/2019, n.14681
Il timbro e la firma del medico sulle ricette relative alla prescrizione di farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario Nazionale svolgono una generale funzione attestativa (non rivolta al singolo paziente), la quale comprende anche l’indicazione dell’identità fisica del medico responsabile delle prescrizioni, avuto riguardo ad eventuali contestazioni in ordine all’operato dello stesso, di talché integra il reato di falso ideologico in atto pubblico previsto dagli artt. 479 e 482 c.p. l’utilizzo di ricette intestate ad altro medico recanti il timbro di questi e la firma illeggibile del medico utilizzatore, non essendo invocabile l’innocuità del falso in relazione all’asserita inidoneità a trarre in inganno i pazienti che ben conoscono il proprio medico.
Cassazione penale sez. V, 22/01/2019, n.8713
Integra il delitto di falsità ideologica in atto pubblico il rilascio di un certificato attestante il possesso dei requisiti psicofisici richiesti per il conseguimento della patente di guida, in assenza di visita, da parte di un medico autorizzato quale accertatore, atteso che lo stesso, anche ove operi in regime privatistico, riveste la qualità di pubblico ufficiale ed esercita una pubblica funzione in forza dell’espressa previsione normativa di cui agli artt. 119, comma 2, cod. strada e 319, comma 5, del regolamento di cui al d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495.
Cassazione penale sez. V, 45146/2019
Integra il delitto do falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico fidefacente, la condotta del medico che rediga un certificato con false attestazioni, in quanto ciò che caratterizza l’atto pubblico fidefacente, anche in virtù del disposto di cui all’art. 2699 cod. civ., è – oltre all’attestazione di fatti appartenenti all’attività del pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione – la circostanza che esso sia destinato ab initio alla prova e cioè precostituito a garanzia della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato, nell’esercizio di una speciale funzione certificatrice; ne deriva che la diagnosi riportata nel certificato ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione – caduta nella sfera conoscitiva del p.u. – che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica.
Cassazione penale sez. II, 29/05/2014, n.26318
Integra il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico fidefaciente, la condotta del medico ospedaliero che rediga un referto con false attestazioni diagnostiche, in quanto la diagnosi riportata nel referto ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione caduta nella sfera conoscitiva del pubblico ufficiale, che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica.
Cassazione penale sez. V, 10/03/2011, n.16368
Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.), la condotta di colui che, in qualità di medico convenzionato con il S.s.n., attesti falsamente la sussistenza di turbe comportamentali e psichiche tali da richiedere un trattamento sanitario obbligatorio, trattandosi di pubblico ufficiale che concorre a formare la volontà della p.a. in materia sanitaria, esercitando per conto di quest’ultima poteri certificativi.
Cassazione penale sez. VI, 01/12/2010, n.12401
Integra il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico fidefaciente, la condotta del medico ospedaliero che rediga un referto con false attestazioni diagnostiche, in quanto la diagnosi riportata nel referto ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione caduta nella sfera conoscitiva del pubblico ufficiale, che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica.
Cassazione penale sez. V, 26/09/2008, n.41394
La diagnosi d’ingresso che riporta falsamente patologia diversa (ascesso mammario) per consentire che il costo dell’intervento chirurgico (operazione di plastica al seno) venga sostenuto dal S.s.n., concorre alla redazione di documenti falsi. Pertanto, la falsa attestazione in cartella clinica delle motivazioni alla base del ricovero determina la condanna del medico chirurgo per il delitto di falsità ideologica in atti pubblici, di cui all’art. 479 c.p.
Cassazione penale sez. V, 09/03/2005, n.12827
Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 c.p.) la falsa attestazione effettuata dal responsabile di un laboratorio convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, sui prospetti riepilogativi delle analisi eseguite, trasmessi mensilmente alla Unità sanitaria locale (ora ASL), in quanto il medico convenzionato – concorrendo a formare la volontà della p.a. in materia di assistenza sanitaria ed esercitando in sua vece poteri autoritativi e certificativi – è un pubblico ufficiale ed i predetti prospetti riepilogativi – essendo destinati ad attestare il regolare espletamento di accertamenti sanitari e costituendo, nel contempo, titolo in forza del quale sorge, in favore del titolare della convenzione, il diritto al pagamento delle prestazioni documentate – hanno la natura di atti pubblici.
By Claudio Ramelli @Riproduzione riservata