La Cassazione annulla la sentenza di appello che non motiva sulla esistenza del dolo di evasione in capo all’amministratore della società che ha emesso un’unica fattura per operazioni inesistenti.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 34570.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti, si sofferma sul tema della natura di “cartiera” della società emittente il documento fiscale oggetto  di incriminazione penale che, inevitabilmente, si riflette sulla prova della sussistenza dell’indefettibile elemento soggettivo del reato tributario in capo all’amministratore che va provata nel concreto nel corso del processo.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie, secondo l’ipotesi accusatoria, all’imputato tratto  a giudizio nella qualità di legale rappresentante della società, era stato contestato il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti  – previsto e punito dall’art. 8 D.lgs. 74/2000, per aver emesso una fattura per operazione inesistenti a favore di altra società, al fine di favorire l’evasione fiscale della utilizzatrice.

La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa in grado di appello, deducendo, con un unico motivo di gravame, l’erronea applicazione dell’art. 8 D.lgs. 74/2000, denunciando vizio di legge e di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato.

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Sul punto deve rilevarsi che, nell’atto di appello, la difesa, con il secondo motivo, aveva espressamente censurato la mancanza in capo al ricorrente del dolo specifico necessario ai fini della configurabilità della fattispecie, osservando che la finalità perseguita da (OMISSIS) con l’emissione dell’unica fattura contestata non era quella di consentire alla (OMISSIS) l’evasione di imposta, atteso che l’imputato aveva emesso un documento di storno della reale operazione commerciale non appena acquisita notizia dell’insolvenza della società debitrice, così da neutralizzare parzialmente il beneficio fiscale effettivo per la società destinataria.

Era dunque illogico, nella prospettazione difensiva, che una società “cartiera” in tutta la sua esistenza emettesse una sola fattura falsa, per giunta di esiguo importo e nella stessa annualità ne dimezzasse il vantaggio per l’utilizzatrice. […]

Né l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 8 del d. Igs. n. 74 del 2000 può essere ritenuto sussistente in re ipsa, una volta accertata la natura fittizia delle operazioni inesistenti sottese alle fatture emesse, occorrendo in tal senso una verifica che accerti in concreto l’elemento volitivo del soggetto agente, elemento che, come precisato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 17525 del 17/03/2010, Rv. 246991 e Sez. 3, n. 39359 del 24/09/2008, Rv. 241040), consiste nel dolo specifico di favorire l’evasione fiscale di terzi, essendosi precisato che il fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto può anche non essere esclusivo, nel senso che il reato non è escluso se commesso anche con lo scopo di trarre un profitto personale, e tuttavia se altre finalità possono concorrere con quella fiscale, quest’ultima deve pur sempre sussistere, perché, mancando il dolo di evasione, il reato non è configurabile”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA