Reati tributari e sequestro preventivo: il coniuge che richiede la restituzione dei beni in sequestro deve fornire la prova rigorosa della qualità di terzo estraneo al reato e la sua capacità patrimoniale di acquistare i beni oggetto di ablazione.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 32878.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in materia di misure cautelari reali, si sofferma sul tema della tutela dei terzi in buona fede estranei al reato.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha enunciato il principio di diritto secondo cui sul terzo interessato alla restituzione dei beni attinti dal sequestro preventivo, grava l’onere di provare la propria estraneità al reato, dimostrando la non conoscibilità del rapporto di derivazione dei beni dal crimine commesso dall’agente e la mancata percezione di vantaggi e utilità, nonché la necessaria capacità patrimoniale per acquistare i beni in sequestro. 

Dalla disamina dello specifico caso scrutinato relativo agli acquisti fatti dai coniugi in regime di separazione dei beni (immobile, orologi preziosi e gioielli) si ricava che il coniuge interessato alla restituzione dei beni sottoposti al vincolo ablatorio è tenuto a provare l’esclusiva disponibilità degli stessi.

 

Il reato contestato e la fase cautelare reale di merito

Il G.I.P. presso il Tribunale di Modena, nell’ambito di un procedimento penale per il reato di associazione a delinquere volta alla realizzazione di plurime indebite compensazioni, disponeva il sequestro preventivo di un immobile nonché di una serie di oggetti preziosi dei quali si assumeva la  proprietà esclusiva da parte del coniuge dell’imputato.

Il Tribunale del riesame di Modena confermava l’ordinanza con la quale il GIP presso il locale Tribunale aveva rigettato la richiesta di restituzione dei beni di proprietà del coniuge estraneo al reato.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa della terza interessata presentava ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale della Libertà, articolando plurimi motivi di gravame.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Orbene, con tale sentenza, è stato affermato che il terzo è la persona estranea al reato, ovvero la persona che non solo non abbia partecipato alla commissione del reato, ma che da esso non abbia ricavato vantaggi e utilità, non potendosi considerare estraneo al reato il soggetto che da esso abbia ricavato vantaggi e utilità; soltanto colui che versi in tale situazione oggettiva e soggettiva può vedere riconosciuta la intangibilità della sua posizione giuridica soggettiva e l’insensibilità di essa agli effetti del provvedimento di confisca; dunque, al requisito oggettivo integrato dalla non derivazione di un vantaggio dall’altrui attività criminosa, deve aggiungersi la connotazione soggettiva della buona fede del terzo, intesa come non conoscibilità, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, del predetto rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato.

Da ciò consegue che il concetto di buona fede per il diritto penale è diverso da quello di buona fede civilistica a norma dell’art. 1147 cod. civ., dal momento che anche i profili di colposa inosservanza di doverose regole di cautela escludono che la posizione del soggetto acquirente o che vanti un titolo sui beni da confiscare o già confiscati sia giuridicamente da tutelare.

Ciò posto, le Sezioni Unite, con la richiamata sentenza n. 11170 del 2015, hanno chiarito che è onere del terzo che voglia far valere un diritto acquisito sul bene, allegare gli elementi che concorrono ad integrare le condizioni di appartenenza del bene e della sua buona fede, dalle quali dipende l’operatività della situazione impeditiva o limitativa del potere di confisca dello Stato. […]

Quanto ai rapporti tra coniugi, deve richiamarsi inoltre il principio elaborato da questa Corte (v. Sez. 3, n. 6595 del 26/10/2016, dep. 2017, Rv. 270747), secondo cui, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, in caso di acquisti effettuati in regime di separazione dei beni, la misura ablatoria va esclusa quando sia accertato che il reddito del coniuge estraneo al reato, il quale rivendichi determinati beni, sia tale da giustificarne l’acquisto; in caso contrario, l’acquisto effettuato con provvista fornita dall’indagato legittima la presunzione iuris tantum della loro disponibilità anche da parte di quest’ultimo, fatti salvi i beni di natura strettamente personale, sicchè resta a carico del coniuge rivendicante la prova della disponibilità esclusiva degli stessi”.

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