Il Giudice dell’esecuzione penale deve ridurre l’importo sottoposto a confisca del profitto del reato tributario tenendo conto dei pagamenti del debito erariale eseguiti dal contribuente.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 35433.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in materia di confisca nei reati tributari, si sofferma sugli effetti del pagamento parziale del debito erariale sul mantenimento della confisca a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che ha affermato la penale responsabilità del condannato.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha riproposto facendone applicazione al caso di specie, il consolidato principio di diritto secondo cui la misura della confisca (e prima ancora quella cautelare del sequestro preventivo) del profitto del reato tributario, deve necessariamente essere rimodulata in relazione agli importi progressivamente corrisposti dal contribuente in adempimento del piano rateale concordato con l’Ente creditore, venendosi altrimenti a determinare un’inammissibile duplicazione sanzionatoria.

 

I giudizi di merito e di esecuzione

Per quanto concerne il giudizio di merito, la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Ravenna, confermava la condanna dell’imputato per il reato tributario ascrittogli e disponeva la confisca per equivalente della somma di denaro pari all’Iva evasa.

Avverso tale decisione il prevenuto proponeva ricorso per cassazione, rigettato dalla Suprema Corte.

Successivamente la Corte territoriale, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, rigettava l’istanza di annullamento o revoca della confisca per equivalente del profitto del reato tributario, quale statuizione di segno patrimoniale coperta da giudicato penale.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del condannato interponeva ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, articolando due motivi di gravame.

La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio .

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“[…] sul punto la sentenza di questa Sezione n. 30524 del 2019 ha dunque ritenuto legittima la statuizione sulla confisca, richiamando l’affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Rv. 268384, ribadita più recentemente da Sez. 3, n. 28488 del 10/09/2020, Rv. 280014), secondo cui, in tema di reati tributari, la disposizione di cui al comma secondo dell’art. 12 bis del d. Igs. n. 74 del 2000 (introdotta dal d. Igs. n.158 del 2015), secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro, deve essere intesa nel senso che la confisca, così come il sequestro preventivo a essa preordinato, può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro e incerto costituito dal mancato pagamento del debito; si è infatti precisato che solo l’integrale pagamento del debito tributario, in virtù della necessità di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso, può condurre alla non operatività della confisca e, correlativamente, alla caducazione del sequestro disposto a tal fine, essendo insufficiente la mera ammissione a un piano rateale di pagamento. Alla luce di tali premesse, la sentenza n. 30524 del 3 aprile 2019 ha dunque affermato che le questioni circa l’eventuale riduzione dell’importo sequestrato “potranno essere devolute al giudice dell’esecuzione al quale il ricorrente potrà documentare l’eventuale pagamento così da ridurre l’ammontare della confisca. […]

Ora, quest’ultima affermazione della Corte territoriale non si pone in sintonia con quanto stabilito dalla sentenza di legittimità, con la quale è stato precisato che, quanto alla confisca, se non rileva la mera ammissione del debitore al concordato, tuttavia può e deve tenersi conto degli importi versati di volta dal contribuente, in attuazione della definizione concordata con il Fisco, ciò proprio perché con il pagamento del debito viene meno qualsiasi indebito vantaggio da aggredire con il provvedimento ablatorio, di tal che un successivo provvedimento comporterebbe una inammissibile duplicazione della sanzione applicata”.

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