Reato continuato e particolare tenuità del fatto: non si applica la causa di non punibilità al dipendente pubblico che abbia più volte – in un lungo arco temporale – attestato falsamente la presenza in servizio.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 35630.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di falsa attestazione da parte del dipendente della Pubblica amministrazione della presenza in servizio, si sofferma sul tema giuridico  della compatibilità tra il reato continuato e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento,  ha ritenuto di aderire al più recedente e rigoroso orientamento giurisprudenziale secondo il quale la commissione dello stesso reato  in tempi diversi non consente l’applicazione della causa di non punibilità.

 

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie, all’imputata nella qualità di dipendente comunale era stato contestato il delitto previsto e punito dall’art.55 quinquies D.lgs. 165/2001, per aver attestato falsamente, nell’arco temporale novembre 2017-marzo 2018, la sua presenza in ufficio, nonostante se ne fosse più volte allontanata per motivi personali, talvolta timbrando come servizio esterno, talvolta omettendo di timbrare.

Il GUP presso il Tribunale di Livorno  in applicazione dell’art. 131 bis c.p. dichiarava la prevenuta non punibile per il reato ascrittole.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il Pubblico ministero presso la Corte di appello di Firenze proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di non luogo   procedere deducendo che la condotta contestata non consentiva di pervenire ad un giudizio di particolare tenuità del fatto.

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Livorno in diversa persona fisica.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Osserva il Collegio che, dopo un’iniziale attitudine rigorista nell’applicazione della norma introdotta dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2015, si sta consolidando un orientamento favorevole all’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. anche al reato continuato. […] Per tale orientamento, il solo fatto che il reato, per il quale si chiede l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, sia stato posto in continuazione con altri non è di ostacolo, in astratto, all’operatività dell’istituto occorrendo valutare, in concreto, se “il fatto” nella sua globalità, avuto riguardo alla natura degli illeciti unificati, alle modalità esecutive della condotta, all’intensità dell’elemento psicologico, al numero delle disposizioni di legge violate, agli interessi tutelati, sia meritevole di un apprezzamento in termini di speciale tenuità.

Si è anche affermato che non assume rilievo la circostanza che siano state violate, con la medesima azione, più volte, la stessa ovvero più norme ed anche che le violazioni siano avvenute con distinte azioni, ma nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, in quanto in tale caso la volontà criminosa è stata sostanzialmente unica e può non essere incompatibile con il concetto di estemporaneità dell’azione illecita rispetto alla personalità del reo. In particolare, è stato evidenziato che la logica antinomia tra reato continuato e particolare tenuità del fatto è infatti rilevabile solo nel caso in cui le violazioni espressione del medesimo disegno criminoso siano in numero tale da costituire di per sé espressione di una certa serialità nel delinquere ovvero di una progressione criminosa, indicative di una particolare intensità del dolo o della versatilità offensiva tali da porre in evidenza un insanabile contrasto con il giudizio di particolare tenuità dell’offesa in tal modo arrecata (così, Sez. 4, n. 10111 del 2019, cit.). […]

Alcune delle sentenze citate, che ritengono la compatibilità dell’art. 131- bis cod. pen. con il reato continuato, escludono tuttavia l’applicabilità della causa di non punibilità quando si tratti di continuazione diacronica, allorché i reati siano stati commessi in momenti spazio-temporali diversi, nel qual caso la volizione criminosa non appare unitaria e circoscritta (così, Sez. 4, n. 47772 del 2018, cit.; Sez. 5, n. 5358 del 2018, cit)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA