Il datore di lavoro che non rispetta le norme di sicurezza è sempre responsabile per la morte dell’operaio impiegato nel cantiere anche in assenza di un rapporto di subordinazione.
Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza di legittimità numero 35846/2021 che ha sottoposto allo scrutinio di diritto un caso giudiziario scaturito da un grave incidente avvenuto in cantiere a seguito del quale aveva perduto la vita un operaio caduto dall’alto.
La sentenza in commento appare di interesse per coloro che si occupano del diritto penale del lavoro soprattutto nel passaggio della motivazione che affronta il tema della responsabilità del datore di lavoro nei reati colposi di evento (omicidio o lesioni colpose) in relazione al rapporto di lavoro – autonomo o subordinato – che lo lega all’infortunato.
Dalla lettura della decisione in disamina si ricava che il giudizio penale veniva incardinato nei confronti del datore di lavoro – tratto a giudizio per il reato di omicidio colposo, perché, secondo l’ipotesi accusatoria, aveva omesso di adottare i necessari apprestamenti atti a garantire l’incolumità delle persone addette, disponendo tavole sopra le orditure, sottopalchi e idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta, cagionando colposamente il decesso dell’operaio che decedeva precipitando da cospicua altezza, mentre stava lavorando in un cantiere gestito dalla ditta dell’imputata su una tettoia non protetta da assi o sottopalchi.
La Corte di appello di Palermo confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato previsto e punito dall’art. 589 cod. pen..
La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione lamentando, tra l’altro, l’assenza di un rapporto di subordinazione solo dal quale poteva derivare l’obbligo giuridico di impedire l’evento.
La Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi tratti dalla trama motivazionale della sentenza numero 35846/2021 di interesse per la questione giuridica afferente la qualità del rapporto di lavoro ed i conseguenti corollari sulla responsabilità penale:
“ Il primo motivo reitera la questione della natura del rapporto tra imputato e persona offesa, pretendendo di ottenere in questa sede una inammissibile rivalutazione del merito della vicenda, in realtà ampiamente affrontato e risolto dalla sentenza impugnata, conformemente a quanto già accertato dal Tribunale, nel senso che lo (omissis) al momento dell’incidente, stava lavorando alle dirette dipendenze dell’imputata, con rapporto di sostanziale subordinazione, tanto che la (omissis) tentò di regolarizzarne l’assunzione solo poche ore dopo l’infortunio, alcuni giorni prima del decesso del lavoratore, verificatosi in ospedale.
Peraltro, il giudice di appello ha correttamente osservato come, anche nell’ipotesi in cui si fosse trattato di lavoratore autonomo, i termini della penale responsabilità della prevenuta non sarebbero mutati, avuto riguardo alla posizione di garanzia comunque riconducibile al committente anche nel caso di affidamento dei lavori ad una impresa esterna. Al riguardo, è stato giustamente richiamato l’insegnamento per cui, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa – essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494 – sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (cfr. Sez. 4, n. 23171 del 09/02/2016,Rv.266963).
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA