La Cassazione precisa a quali condizioni l’operazione di scissione societaria assume rilevanza penale per la bancarotta distrattiva.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 37425.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta per distrazione, si sofferma sull’operazione di scissione di società quale potenziale condotta decettiva tale da poter configurare il reato fallimentare.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha espresso il principio di diritto secondo il quale integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società successivamente fallita a favore di altro ente al quale siano conferiti beni di rilevante valore, laddove, sulla base di una valutazione in concreto della situazione debitoria della società, risulti l’intento dimostrato  l’intento depauperativo del patrimonio della stessa, in spregio delle garanzie dei creditori.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie agli imputati, tratti a giudizio, rispettivamente, nella qualità di amministratore di fatto e di diritto della fallita, erano stati  contestati i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva e bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose.

La Corte di appello di Bari confermava la sentenza con la quale il GUP presso il Tribunale di Foggia aveva condannato i prevenuti per i reati loro ascritti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I giudicabili con un unico  atto ricorrevano per cassazione contro la decisione della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la deduzione del vizio di motivazione in ordine alla qualificazione dell’operazione di scissione societaria come condotta distrattiva.

La Suprema Corte  ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla durata delle pene accessorie con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bari, rigettando nel resto il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Questa Corte ha già avuto modo in diverse pronunzie di affermare che integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, a favore di altra società alla quale siano conferiti beni di rilevante valore, qualora tale operazione, in sé astrattamente lecita, sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operava la società al momento della scissione, si riveli volutamente depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non essendo le tutele previste dagli artt. 2506 e seg. cod. civ. di per sé idonee ad escludere ogni danno o pericolo per le ragioni creditorie (Sez. 5, n. 27930 del 01/07/2020, Rv. 279636; Sez. 5, n. 20370 del 10/04/2015, Rv. 264078; Sez. 5, n. 13522 del 21/01/2015, Rv. 262964; Sez. 5, n. 6404 del 08/10/2014, Rv. 262723; Sez. 5, n. 42272 del 13/06/2014, Rv. 260393; Sez. 5, n. 15715 del 28/11/2013, Rv. 262762). […]

Questo Collegio ritiene di dover ribadire come sia «fuor di dubbio che l’operazione societaria di scissione sia regolarmente disciplinata dagli artt. 2506 e ss. cod. civ. in termini che consentono anche, come segnatamente disposto dall’art. 2506-bis, comma secondo, l’assegnazione alla società beneficiaria dell’intero patrimonio della società scissa; e che, come osservato in altra occasione da questa Corte (Sez. 5, n. 10201 del 18/01/2013, Marzona, Rv. 254788), l’ordinamento preveda tutele per i creditori della società scissa, da un lato con la possibilità di opposizione degli stessi al progetto di scissione, e dall’altro con la previsione della responsabilità della società beneficiaria, nei limiti del suo patrimonio netto, per gli elementi del passivo non assegnati, ai sensi dell’art. 2506-bis, comma terzo, e comunque per i debiti della società scissa dalla stessa non soddisfatti, secondo l’art. 2506- quater, comma terzo, cod. civ..

Da tanto non deriva tuttavia una conclusione in termini generali, per la quale la scissione non assumerebbe connotazioni di rilevanza penale in materia fallimentare, con particolare riguardo all’ipotesi della bancarotta fraudolenta per distrazione.

Le condotte riferibili a tale ipotesi presentano connotati intrinseci di offensività (Sez. 5, n. 16759 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879) nei confronti della garanzia generica che il patrimonio dell’imprenditore, secondo la previsione dell’art. 2740 cod. civ., offre ai creditori, messa in pericolo dalla destinazione di componenti del patrimonio a finalità diverse da quelle inerenti all’attività imprenditoriale (Sez. 5, n. 36629 del 05/06/2003, Longo, Rv. 227148). Tale dimensione di pericolosità, costantemente riconosciuta come tipica dell’offesa propria dei reati di bancarotta (Sez. 5, n. 12897 del 06/10/1999, Tassan Din, Rv. 214860; Sez. 5, n. 11633 dell’08/02/2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307; Sez. 5, n. 3229 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932), assume, per effetto della previsione di punibilità del fatto a seguito dell’intervento della dichiarazione di fallimento o degli altri provvedimenti alla stessa a tali fini equiparati, il contenuto effettivo del pericolo che, nell’eventualità dell’intervento della procedura concorsuale, il soddisfacimento per quanto possibile delle pretese creditorie, a cui la stessa è funzionale, sia pregiudicato dalla pregressa ed indebita diminuzione patrimoniale (Sez. 5, n. 1354 del 07/05/2014, Daccò).

[…] si osservava che la previsione normativa della praticabilità della scissione e delle garanzie per i creditori escludeva unicamente che il conferimento di beni alla società beneficiaria, nel caso dell’intervenuto fallimento della società scissa, fosse condotta inevitabilmente produttiva di pericolo gli interessi dei creditori della fallita e idonea ad integrare gli estremi del reato di bancarotta per distrazione; evidenziandosi la necessità, ai fini del giudizio sulla ravvisabilità del reato, di una valutazione in concreto, che tenesse conto dell’effettiva situazione debitoria in cui versava la società poi fallita al momento della scissione» (così in motivazione la citata Sez. 5, n. 42272 del 13/06/2014, Rv. 260393).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA