Ai fini della configurazione del reato di frode fiscale per fatture soggettivamente inesistenti è richiesta la consapevolezza in capo all’agente che il soggetto che ha emesso le fatture non ha versato l’Iva per la fornitura indicata nei documenti fiscali.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 40560.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, si sofferma sull’elemento materiale e psicologico del reato tributario.
In particolare, la Suprema Corte, con la pronuncia in commento, dando continuità ad un orientamento già consolidato, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale per la configurazione del delitto di frode fiscale, è sufficiente che nel corso del processo venga acquista la prova che le fatture utilizzate nella dichiarazione dei redditi di impresa sia indicato un soggetto diverso da quello che ha effettivamente reso la prestazione.
Dal punto di vista dell’elemento soggettivo, ai fini della sussistenza del dolo di evasione richiesto dal reato tributario, è necessario accertare in capo al fruitore delle fatture per operazioni inesistenti la consapevolezza della non corrispondenza tra il soggetto che ha provveduto alla fatturazione e quello che ha effettivamente reso la prestazione.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie, all’imputato tratto a giudizio nella veste di legale rappresentante dell’impresa, era stato contestato il delitto di frode fiscale, previsto e punito dall’art.2 d.lgs.74/2000, per essersi avvalso, per la presentazione delle dichiarazioni fiscali, di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto.
La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Bergamo aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento che descrivono gli elementi costitutivi del reato p. e p. dall’art. 2 d.lgs 74/2000:
(i) L’elemento materiale del reato tributario:
“Appare utile innanzitutto osservare che, ai fini della configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o documenti per operazioni inesistenti, a norma dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, è sufficiente che nella fattura, poi utilizzata nella dichiarazione, sia indicato un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura, pur se quest’ultima sia reale.
A fondamento di questa conclusione si osserva, fondamentalmente, che l’esposizione nella dichiarazione di dati fittizi anche solo soggettivamente implica la creazione delle premesse per un rimborso al quale non si ha diritto e l’indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non è circostanza indifferente ai fini dell’Iva, dal momento che la qualità del venditore può incidere sulla misura dell’aliquota e, conseguentemente, sull’entità dell’imposta che l’acquirente può legittimamente detrarre (cfr., in particolare, Sez. 3, n. 1998 del 15/11/2019, dep. 2020, Rv. 278378-01, nonché Sez. 3, n. 29977 del 12/02/2019, Rv. 276289-01). […]
(ii) La componente psicologica della frode fiscale:
“..Secondo un principio più volte affermato in giurisprudenza, il dolo nel delitto di utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, è ravvisabile nella consapevolezza, in chi utilizza il documento in dichiarazione, che colui che ha effettivamente reso la prestazione non ha provveduto alla fatturazione del corrispettivo versato dall’emittente, conseguendo in tal modo un indebito vantaggio fiscale in quanto l’IVA versata dall’utilizzatore della fattura non è stata pagata dall’esecutore della prestazione medesima (così Sez. 3, n. 50362 del 29/10/2019, Rv. 277938-01, e Sez. 3, n. 19012 del 11/05/2015, Rv. 263745-01). Si può aggiungere che la consapevolezza, in chi utilizza il documento in dichiarazione, che colui che ha provveduto alla fatturazione del corrispettivo è soggetto diverso da quello reale implica anche la consapevolezza di dedurre costi inesistenti, in quanto i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti non sono mai deducibili ai fini IVA”.
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