Per individuare il dies a quo del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione, occorre accertare se il paziente, al momento della diagnosi, sia stato reso edotto dal medico del collegamento causale tra la trasfusione e la contrazione della patologia.

Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 32859.2021, resa dalla VI Sezione civile della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in merito ad un caso di trasfusione con sangue infetto, si sofferma  sul tema della conoscenza del paziente del danno conseguente ad emotrasfusione e sulla decorrenza del  termine di prescrizione della domanda di indennizzo.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ripropone dandogli continuità il principio di diritto secondo il quale il termine di prescrizione per la proposizione della domanda di indennizzo decorre dal giorno in cui la malattia risulta percepita – o percepibile in base all’ordinaria diligenza – come danno derivante causalmente dall’emotrasfusione.

Ciò posto, il Supremo Consesso chiarisce che, ai fini della determinazione del dies a quo come sopra individuato, occorre accertare se al momento della diagnosi della malattia, il paziente sia stato reso edotto dal medico del potenziale collegamento esistente tra contagio e precedente emotrasfusione, al fine di verificare il momento a partire dal quale il danneggiato abbia avuto contezza del rapporto causa-effetto esistente tra la trasfusione e il successivo contagio. 

 

La domanda di indennizzo il giudizio di merito

Nel caso di specie, l’attore conveniva in giudizio il Ministero della salute per ottenere il risarcimento del danno subito a causa della contrazione di epatopatia cronica attiva HCV correlata, avvenuta a seguito di trasfusione con sangue infetto effettuata presso l’ospedale pochi giorni dopo la sua nascita.

La Corte di appello di Napoli adita dal Ministero della salute, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda attorea, ritenendo prescritto il diritto azionato.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La parte attrice proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.

Il Ministero della salute resisteva in giudizio con controricorso.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento di interesse per la presente nota alla sentenza numero 32859.2021:

“Va in particolare richiamato il principio di diritto espresso da Cass. n. 13745 del 2018, secondo cui «Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre dal giorno in cui tale malattia venga percepita – o possa essere percepita usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo.

Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita o, comunque, conseguibile, da parte del paziente, pur in difetto di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione […];

………come questa Corte ha già avuto modo di rilevare (v. Cass., ord., 24164/2019, cit.), se è ben “vero che il dies a quo della prescrizione non può essere identificato, unitariamente e per tutti i soggetti che hanno subito il contagio, nel giorno della presentazione della domanda per la corresponsione dell’indennizzo, in quanto esso costituisce solo il momento ultimo di decorrenza inziale del termine di prescrizione, in corrispondenza del quale è ragionevole attendersi che il soggetto contagiato, proprio perché si è attivato a richiedere l’indennizzo, disponga delle necessarie informazioni per ricondurre causalmente il contagio verificatosi all’evento scatenante, d’altro canto è errato equiparare la mera diagnosi (nel nostro caso, di epatite cronica anti-HCV positiva, HCV RNA positiva) alla consapevolezza in capo alla vittima della riferibilità di essa alla trasfusione, in mancanza di altri certi e specifici elementi e senza alcun ulteriore approfondimento riguardo al fatto se, in occasione della predetta diagnosi, la vittima fosse stata in qualche modo messa sull’avviso circa una qualche importanza, se non della rilevanza, della pregressa trasfusione, in relazione alla condizione diagnosticatagli (v. anche Cass., ord., 9/07/2020, n. 14430)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA