La Suprema Corte torna sul tema della responsabilità dell’amministratore di fatto nei reati di bancarotta fraudolenta.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 42658.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, si sofferma sulla responsabilità dell’amministratore di fatto.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, dando continuità alla giurisprudenza di legittimità sedimentata sul punto,  ha enunciato il principio di diritto secondo il quale anche l’amministratore di fatto può essere chiamato a rispondere del delitto di bancarotta, sulla base dell’estensione ai reati fallimentari della norma di cui all’art. 2639 c.c., che equipara al soggetto formalmente investito della funzione di amministratore, colui che eserciti in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica di amministratore.

 

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella veste di amministratore di fatto della società fallita, erano stati contestati i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.

La Corte di appello di Roma, in punto di penale responsabilità confermava la condanna inflitta al prevenuto per i reati fallimentari a lui ascritti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte distrettuale.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Il motivo è, in ogni caso, manifestamente infondato, essendo sufficiente por mente alla costante giurisprudenza di legittimità formatasi nei reati di bancarotta in ambito societario, secondo cui oggetto attivo può essere anche colui che svolga in via di mero fatto le funzioni di amministratore, poiché le fattispecie legali non introducono alcuna distinzione tra ruolo corrispondente ad una carica formale ed analoga funzione esercitata in via di fatto.

Piuttosto, la giurisprudenza, che, da tempo, tende a riconoscere la responsabilità dell’amministratore di fatto, privilegia il dato funzionale dell’attività in concreto svolta, rispetto a quello meramente formale della investitura, essendosi orientata nel senso della estensibilità della disposizione di cui all’art. 2639 c.c. ( la quale stabilisce, per i rati societari, la equiparazione al soggetto formalmente investito della qualifica o della funzione prevista dalla legge civile sia di chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia di chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione), ai reati fallimentari (Sez. 5 n. 36630 del 05/06/2003, Rv.228308; Sez. 5 n. 39535 del 20/06/2012, Rv. 253363)”.

 By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA