In caso di mero differimento dell’operazione chirurgica non è necessario che il medico acquisisca nuovamente il consenso informato del paziente.
Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 39084.2021, resa dalla III Sezione civile della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di colpa medica, si sofferma sul tema del consenso informato la cui mancanza, ricorrendo le condizioni richieste ben individuate dalla giurisprudenza di legittimità, può costituire fonte di risarcimento danni.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale in capo al professionista sanitario non sorge l’obbligo di acquisire il consenso informato nell’ipotesi di mero differimento del trattamento terapeutico rispetto al quale il paziente abbia già prestato il proprio consenso.
Ciò perché, anche laddove il rinvio dell’intervento medico sia dettato da ragioni terapeutiche, queste sono rimesse alla scienza del sanitario e non sarebbe necessario procedere ad una nuova informazione del paziente volta ad ottenerne l’assenso.
Il caso clinico, la domanda di risarcimento del danno e il giudizio di merito
Nel caso di specie il paziente, sottopostosi a due successive operazioni chirurgiche all’ulna, citava in giudizio la ASL e il medico per ottenere il risarcimento del danno derivante dai postumi dell’intervento e dalla mancata guarigione.
La Corte di appello di Milano confermava la decisione di primo grado di rigetto della domanda attorea.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La parte attrice, per il tramite del proprio difensore, proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
È inammissibile perché non specifico: non è chiaro il fatto, non si comprende per quali ragioni l’intervento non si è fatto: potrebbero essere ragioni che non richiedono consenso, risultando da fattori esterni (indisponibilità di medici o di altro, ad esempio).
Ma anche a ritenerlo ammissibile, è infondato in quanto postula che vi sia diritto ad informazione per il differimento di un intervento: è atto, questo, che non implica trattamento sanitario, ma per l’appunto, un suo differimento.
Né può dirsi, come ritiene il ricorrente, che vi sia diritto di dare consenso alla non esecuzione del trattamento, ossia che, pur avendo prestato il paziente consenso per l’intervento debba poi essere nuovamente consultato se si rende necessario differirlo o non eseguirlo: si tratta infatti di una decisione, quest’ultima, la quale, anche ove dipenda da scelte terapeutiche – ma non è dato qui saperlo – è rimessa alla scienza del medico.
Il paziente può assentire o consentire ad un trattamento sanitario ma non già pretendere che ne venga effettuato uno ove ritenuto non necessario dal medico.
Né ha senso un consenso informato al differimento di un intervento già deciso ed assentito. Infine, resta evidente che neanche qui il ricorrente ha chiarito cosa avrebbe deciso se avesse saputo preventivamente del differimento”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA