Via libera dalla Cassazione al singolo condomino che decide di sporgere personalmente querela contro l’amministratore di condominio che si sia indebitamente appropriato delle somme destinate a coprire le spese condominiali.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 45902.2021, resa dalla II Sezione penale, con la quale la Corte di Cassazione si è espressa sulla legittimazione del singolo condomino a presentare querela per il delitto di appropriazione indebita di somme da destinare a spese condominiali nonché sulle condizioni che devono ricorrere affinché possa ritenersi perfezionato il predetto delitto contro il patrimonio.
In particolare, riguardo alla prima questione, la Suprema Corte, con l’intento di dirimere un contrasto giurisprudenziale, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale il singolo condomino è legittimato, in via concorrente o surrogatoria con l’amministratore di condominio, a presentare querela in relazione a reato contro il patrimonio commesso in danno delle parti comuni del condominio, in ragione della qualità del condomino di comproprietario pro-quota.
Con riferimento alla seconda questione, il Supremo Consesso dando continuità ad un orientamento già sedimentato, ha statuito che integra il delitto di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore di condominio che, ricevute dai condomini le somme necessarie al pagamento delle spese condominiali, ometta di destinare parte di tali somme alle finalità convenute, indipendentemente dall’individuazione della destinazione effettivamente impressa al denaro.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie, all’imputato, tratto a giudizio nella qualità di amministratore di condominio, erano stati contestati più episodi di appropriazione indebita aggravata continuata – prevista e punita dall’art. 646 c.p. – per aver distratto le somme ricevute dai condomini per il pagamento delle spese condominiali.
La Corte di appello di Torino confermava la sentenza di primo grado con la quale il locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per il reato contro il patrimonio a lui ascritto.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando tre motivi di gravame.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento che affrontano le due diverse questioni di diritto oggetto della presente commento:
(i) La legittimazione autonoma del condomino a presentare la querela.
“Invero, le Sezioni unite civili, con la sentenza n. 19663/2014 hanno affermato che, anche a seguito della riforma dell’istituto condominiale per effetto della I. 220/2012, era stata esclusa la personalità giuridica del condominio, pur ravvisandosi elementi che andavano nella direzione della progressiva configurabilità in capo allo stesso di una sia pur attenuata personalità giuridica, mentre i singoli avevano comunque diritto ad agire a difesa delle parti nella disponibilità esclusiva o comune, dovendosi distinguere le controversie relative alla titolarità dei beni comuni da quelle relative alla gestione, le prime di spettanza dei singoli condomini, le seconde rientranti nelle prerogative dell’amministratore di condominio.
Più recentemente, le Sezioni unite civili, con la sentenza n. 10934/19, hanno stabilito che, respinta dalla riforma del 2012 la prospettiva di dare al condominio personalità giuridica con conseguenti diritti sui beni comuni, era la natura dei diritti contesi la ragione di fondo della sussistenza della facoltà dei singoli di affiancarsi o surrogarsi all’amministratore nella difesa in giudizio dei diritti vantati su tali beni, ribadendo che la ratio dei poteri processuali dei singoli condomini risiedeva tuttavia nel carattere necessariamente autonomo del condomino di agire a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota e di resistere alle azioni da altri promosse anche allorquando gli altri condomini non intendevano agire o resistere in giudizio. […]
Da qui la riaffermazione del principio di diritto secondo cui: “Il singolo condomino è legittimato, quanto meno in via concorrente o eventualmente surrogatoria con l’amministratore del condominio, alla presentazione di una valida querela, in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune del condominio”.
(ii) Il delitto di appropriazione indebita per la distrazione delle somme versate.
“Il delitto di appropriazione indebita si realizza rispetto alle somme di denaro che siano affidate al detentore con un vincolo di destinazione, con l’accertamento della mancata destinazione delle somme alla finalità convenuta, indipendentemente dall’individuazione dell’atto di disposizione che sia stato effettuato con l’uso di tali somme.
La sentenza impugnata, confermando la correttezza dell’accertamento in fatto condotto dalla sentenza del Tribunale, ha verificato che, a fronte degli incassi di somme da parte dell’amministratore da destinare ai pagamenti delle spese condominiali, era risultato un ammanco di somme che, logicamente, non erano state destinate alle finalità per le quali i condomini le avevano affidate all’amministratore. Ciò era sufficiente per dimostrare la responsabilità dell’imputato, considerata la veste di mandatario dell’imputato e l’assenza di prove contrarie fornite dallo stesso per giustificare la differenza tra le somme che dovevano risultare in cassa o impiegate per i pagamenti, e le somme effettivamente rinvenute.
Va, pertanto, riaffermato il seguente principio di diritto: “Integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro necessarie dai condomini, ometta di effettuare i dovuti pagamenti senza necessità di provare la diversa destinazione impressa alle somme””.
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