La sussistenza del dolo richiesto nella condanna di bancarotta fraudolenta specifica deve essere oggetto di un più rigoroso accertamento laddove non venga contestata anche quella patrimoniale.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 42664.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta documentale, si sofferma sull’obbligo “rafforzato” di motivazione che si impone al giudice di merito quando viene affermata la penale responsabilità dell’imputato per la bancarotta documentale specifica (occultamento o distruzione delle scritture contabili) e non per quella patrimoniale (contestata o meno nel capo di imputazione).

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

La Corte di appello di Roma, confermava, in punto di penale responsabilità, la condanna inflitta all’imputato per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica per  sottrazione delle scritture contabili della fallita.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte distrettuale.

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Infatti, si sostiene con convincente ragionamento, che la sottrazione o occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma (alternativa), in seno all’art. 216, comma 1, lett. b), I. fall., rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili, effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi.

Applicati gli esposti principi al caso di specie, si osserva che la Corte territoriale, a fronte di espresso motivo di appello, ha reputato sufficiente, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, la generica consapevolezza, da parte dell’amministratore della fallita, di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari, nulla specificando in relazione al dolo specifico richiesto, pur trattandosi, secondo la contestazione, di condotta di sottrazione delle scritture, né addivenendo ad una espressa riqualificazione della fattispecie ritenuta. Tanto, a maggior ragione in un caso come quello al vaglio, in cui non viene riconosciuta la responsabilità dell’amministratore per reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ma l’unica contestazione per la quale l’imputato ha riportato condanna attiene alla sottrazione delle scritture contabili, conclusione che impone un espresso esame dell’elemento soggettivo del reato”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA