È ammesso il concorso formale tra i reati di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta per distrazione.
Si segnala ai lettori del sito la recente sentenza numero 46182/2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, che nel decidere il ricorso di legittimità di è soffermata nuovamente sul tema della sussistenza o meno del concorso formale tra il reato tributario di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale è ammesso il concorso formale tra i delitti di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta patrimoniale, in ragione della diversità strutturale delle fattispecie per quanto concerne il soggetto attivo (nel primo caso tutti i contribuenti; nel secondo gli imprenditori falliti); nonché l’elemento psicologico del reato (nel primo il dolo specifico consistente nel fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni relativi a tali imposte; nel secondo il dolo generico dato dalla coscienza e volontà di compiere l’atto distrattivo).
Il reato contestato ed il doppio grado di merito
Nel caso di specie, all’imputato tratto a giudizio in qualità di amministratore della società fallita, oltre alla bancarotta distrattiva realizzata per mezzo di una cessione del ramo di azienda era contestato il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 d.lgs. 74/2000, per aver ceduto un ramo d’azienda, così ostacolando la procedura di riscossione coattiva.
La Corte d’appello di Trieste confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Udine aveva condannato il prevenuto per i reati a lui ascritti.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, deducendo due motivi di impugnazione.
In particolare, con il secondo motivo, qui di interesse, il ricorrente deduceva la violazione del principio del ne bis in idem.
La Suprema Corte, in accoglimento del secondo motivo, rilevando che il Collegio di appello non si fosse espresso sulla violazione del principio ex art. 649 c.p.p., bensì sulla diversa questione del concorso formale tra il reato tributario e quello fallimentare, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motivo della pronuncia in commento:
“La tematica introdotta dal ricorrente riguarda il rapporto tra il reato di cui all’art. 11 in esame e la fattispecie prevista dall’art. 216, comma 1, n. 1, legge fallimentare; tematica che involve il divieto del bis in idem e fondata sulla circostanza che l’imputato era stato già giudicato per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, commesso con lo stesso contratto del 14/10/2013, ed assolto con sentenza del Tribunale di Udine dell’11/6/2019, irrevocabile.
Ebbene, la Corte di appello, trattando la stessa questione, ha richiamato la più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità (tra le ultime, Sez. 5, n. 35591 del 20/6/2017, Rv. 270810), che ammette il concorso formale tra le due fattispecie di reato. In particolare, questa Corte – con indirizzo qui da ribadire – afferma che deve escludersi che il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte rimanga assorbito nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale dalla comparazione strutturale delle fattispecie emerge, infatti, una chiara diversità nella soggettività dell’illecito fallimentare rispetto a quello tributario (dal primo possono infatti essere raggiunti soltanto gli imprenditori falliti, dal secondo invece tutti i contribuenti) e una altrettanto chiara diversità dell’elemento psicologico nell’uno e nell’altro reato (il dolo è infatti generico nella bancarotta fraudolenta per distrazione, specifico nella sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte). Elementi che dimostrano il porsi le due norme in rapporto di specialità reciproca tra loro: speciale è infatti tanto l’oggetto del dolo della norma tributaria rispetto a quella fallimentare, quanto lo spettro dei destinatari di quest’ultima rispetto alla prima (in senso conforme, Sez. 3, n. 3538/2016 del 20 novembre 2015, e Sez. 5, n. 1843 del 10 novembre 2011).
Tanto premesso, rileva tuttavia il Collegio che la questione sottoposta alla Corte di appello non coinvolgeva il possibile ed astratto concorso formale di cui all’indirizzo citato, ma la concreta violazione del ne bis in idem […] Ebbene, su tale specifico e decisivo profilo la motivazione risulta assolta, e se ne impone dunque l’annullamento con rinvio, per nuovo giudizio”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA