I reati presupposto e la rassegna della giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs. 231/2001 aggiornata al mese di gennaio 2022.

Si segnala ai lettori del sito il presente contributo con il quale, senza pretesa di esaustività di trattazione della complessa materia, si intende offrire uno strumento utile all’inquadramento dei principali istituti relativi alla responsabilità dipendente da reato delle persone giuridiche previsti dal D.lgs. 321/2001 e della rassegna di giurisprudenza di legittimità aggiornata al mese di gennaio 2022, ordinata partendo dalle sentenze (massimate) più recenti.

Si segnalano, inoltre, le recenti modifiche normative intervenute sulla disciplina ex d.lgs. 231/2001 che hanno introdotto ulteriori delitti all’interno del catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti

In particolare, con il d.lgs. 14 luglio 2020 n.75 è stato ampliato ulteriormente l’elenco dei reati tributari già inserito dal d.l. 124/2019 all’interno del catalogo dei reati presupposto del d.lgs. 231/01, aggiungendovi i delitti di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e indebita compensazione.

Il medesimo d.lgs. 75/2020 ha inoltre introdotto nel catalogo dei reati presupposto alcuni delitti contro la Pubblica Amministrazione (peculato ex art. 314 comma 1 c.p., peculato mediante profitto dell’errore altrui, abuso d’ufficio); i reati di frode nelle pubbliche forniture e frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale; il delitto di contrabbando.

Ancor più di recente, il d.lgs. 8 novembre 2021 n. 184 (di attuazione della Direttiva (UE) 2019/713), ha introdotto nel catalogo dei reati presupposto del d.lgs. 231/01 i delitti previsti dagli artt. 493 ter e 493 quater del codice penale in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti.

Attualmente, il catalogo dei reati presupposto del d.lgs. 231/01 ricomprende le seguenti fattispecie:

  • Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione Europea per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture (art. 24 D.lgs. n. 231/2001);
  • Delitti informatici e trattamento illecito di dati (art. 24 bis D.lgs. n. 231/2001);
  • Delitti di criminalità organizzata (art. 24 ter D.lgs. n. 231/2001);
  • Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso d’ufficio (art. 25 d.lgs. 231/2001);
  • Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art. 25 bis D.lgs. n. 231/2001);
  • Delitti contro l’industria e il commercio (art. 25 bis 1 D.lgs. n. 231/2001);
  • Reati societari (art. 25 ter D.lgs. n. 231/2001);
  • Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal Codice penale e dalle leggi speciali (art. 25 quater D.lgs. n. 231/2001);
  • Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25 quater 1 D.lgs. n. 231/2001);
  • Delitti contro la personalità individuale (art. 25 quinquies D.lgs. n. 231/2001);
  • Reati di abuso di mercato (art. 25 sexies D.lgs. n. 231/2001);
  • Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (art. 25 septies D.lgs. n. 231/2001);
  • Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché
  • autoriciclaggio (art. 25 octies D.lgs. n. 231/2001);
  • Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 25 octies.1 D.lgs. n. 231/2001);
  • Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25 nonies D.lgs. n. 231/2001);
  • Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 25 decies D.lgs. n. 231/2001);
  • Reati ambientali (art. 25 undecies D.lgs. n. 231/2001);
  • Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25 duodecies D.lgs. n. 231/2001);
  • Razzismo e xenofobia (art. 25 terdecies D.lgs. n. 231/2001);
  • Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (art. 25 quaterdecies D.lgs. n. 231/2001);
  • Reati tributari (Art. 25 quinquiesdecies D.lgs. n. 231/2001);
  • Contrabbando (art. 25 sexiesdecies D.lgs. n. 231/2001).

Rassegna giurisprudenziale:

Cassazione penale sez. VI, 22/06/2021, n.34536

In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, il fatto che l’ente e l’imputato del reato presupposto siano assistiti dal medesimo difensore non determina di per sé alcuna nullità, posto che l’assunzione da parte dello stesso difensore della difesa di più imputati è causa di nullità solo se risulti un effettivo e concreto pregiudizio alla difesa del singolo assistito, ovvero quando le linee difensive dei due soggetti risultino in concreto tra loro inconciliabili. (Fattispecie in cui il legale rappresentante dell’ente, imputato del reato presupposto, in violazione della previsione di cui all’art. 39, d.lgs. 9 giugno 2001, n. 231, aveva nominato per sé e per l’ente lo stesso difensore che, a seguito del subentro di un nuovo legale rappresentante, era stato confermato nella difesa dell’ente).

 

Cassazione penale sez. IV, 20/05/2021, n.30231

Correttamente è ravvisato l’interesse dell’ente, ai fini dell’addebito ex articolo 25-septies del decreto legislativo n. 231 del 2001, nel caso in cui l’infortunio si sia verificato per l’insufficiente formazione del lavoratore. La mancata formazione del dipendente, infatti, legittimamente può essere valorizzata come indicativa di un risparmio per l’ente, che non deve sostenere costi aggiuntivi per i corsi e per le relative giornate di lavoro “perdute”.

 

Cassazione penale sez. I, 05/05/2021, n.31854

Il termine di prescrizione stabilito dall’articolo 22 del Dlgs 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa delle società e degli enti, riguarda tanto l’illecito, che dunque non potrà più essere perseguito decorsi cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, quanto la sanzione definitivamente irrogata, che dovrà essere riscossa, a pena di estinzione, entro il termine di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza pronunciata a carico della persona giuridica; fatti salvi, in entrambe le ipotesi, gli effetti di eventuali cause interruttive rilevanti a norma del codice civile.

Cassazione penale sez. V, 27/04/2021, n.25492

In tema di responsabilità da reato degli enti, in caso di fraudolenta cessione di azienda nel cui interesse o vantaggio diretto sia stato stato commesso uno dei reati di cui al d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, è legittima la nomina del difensore di fiducia da parte del legale rappresentante dell’ente cessionario, non operando il divieto di rappresentanza di cui all’art. 39 del citato d.lgs. n. 231 del 2001, in quanto l’ente cessionario non è responsabile dell’illecito, ma soggetto solidalmente obbligato al pagamento della sanzione pecuniaria.

 

Cassazione penale sez. II, 23/04/2021, n.23300

In tema di responsabilità amministrativa degli enti, ravvisabile in caso di truffa ai danni dello Stato finalizzata a ottenere un cospicuo finanziamento in conto capitale in assenza delle condizioni (articolo 24 del Dlgs 8 giugno 2001 n. 231), il reato presupposto (articolo 640, comma 2, n. 1, del Cp) risulta commesso nell’“interesse” della persona giuridica che detti capitali ottiene e utilizza per la propria attività. Al contrario, deve escludersi l’“interesse” per l’ente, ove si dimostri che il finanziamento illecitamente ottenuto sia stato immediatamente distratto a vantaggio esclusivo dei soci.

 

Cassazione penale sez. VI, 22/04/2021, n.20728

Nel procedimento per l’accertamento della responsabilità amministrativa da reato ex d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, l’ente ha facoltà di farsi assistere da due difensori di fiducia, prevedendo l’art. 35 del d.lgs. cit. l’estensione al soggetto collettivo delle disposizioni processuali relative all’imputato, e non sussistendo motivi di incompatibilità strutturale e funzionale tra le rispettive discipline.

 

Cassazione penale sez. IV, 14/04/2021, n.14696

In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, in caso di sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., le sanzioni interdittive, in quanto sanzioni “principali” e non “accessorie”, devono essere oggetto di espresso accordo tra le parti e non possono essere applicate autonomamente dal giudice. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva applicato cumulativamente le sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, a fronte di accordo avente ad oggetto la sola pena pecuniaria).

 

Cassazione penale sez. IV, 24/03/2021, n.12149

In tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, il criterio di imputazione oggettiva dell’interesse può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta ad un’iniziativa estemporanea, senza la necessità di provare la natura sistematica delle violazioni antinfortunistiche, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente.

 

Cassazione penale sez. IV, 03/03/2021, n.22256

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il criterio di imputazione del “vantaggio” (da apprezzare ex post e rilevante per l’addebito a carico dell’ente, alternativamente al criterio dell’“interesse”) ricorre quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, pur non volendo ovviamente il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato le norme cautelari realizzando un “apprezzabile” risparmio di spesa o un, pur sempre “apprezzabile”, aumento di produttività. A tal riguardo, è estraneo al criterio del vantaggio il connotato della sistematicità delle violazioni, che, piuttosto, attiene ad un piano strettamente probatorio, quale possibile indice della sussistenza e “consistenza”, sul piano economico, del vantaggio, derivante dalla mancata previsione e/o adozione delle dovute misure di prevenzione. Peraltro, per impedire un’automatica applicazione della norma che ne dilati a dismisura l’ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione, anche isolata, assume rilievo la considerazione dell’apprezzabilità (non irrisorietà) economica del vantaggio (consistente nel risparmio di spesa o nella massimizzazione della produzione), in quanto, nell’assenza delle condizioni in grado di far ritenere dimostrato il criterio di imputazione alternativo dell’“interesse”, proprio tale apprezzabilità del profitto realizzato dall’ente concorre a provare l’oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quella della tutela della salute dei lavoratori quale conseguenza delle cautele omesse.

 

Cassazione penale sez. IV, 02/03/2021, n.21522

In tema di responsabilità da reato degli enti, l’attenuante del risarcimento del danno, di cui all’art. 12, comma 2, lett. a), d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, è configurabile solo in caso di risarcimento integrale, atteso che il riferimento contenuto nella norma all’essersi l’ente “efficacemente adoperato” deve ritenersi riferito esclusivamente alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

 

Cassazione penale sez. VI, 16/02/2021, n.45100

La responsabilità ex d.lg. n. 231/01 della società unipersonale deve essere accertata sulla base di una verifica in concreto, legata a criteri funzionali, fondati sulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo “governa”, e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente – di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio. Tale verifica si snoda attraverso l’accertamento della organizzazione della società, dell’attività in concreto posta in essere, della dimensione della impresa, dei rapporti tra socio unico e società, della esistenza di un interesse sociale e del suo effettivo perseguimento.

 

Cassazione penale sez. V, 01/02/2021, n.28309

Il giudice penale, anche in caso di prescrizione del reato ascritto alla persona fisica, può addivenire ad una condanna a carico dell’ente ma deve svolgere un accertamento che, almeno incidentalmente, lo conduca ad affermare anche la responsabilità del soggetto agente.

 

Cassazione penale sez. VI, 19/01/2021, n.15543

 

Ai fini della configurabilità della responsabilità da reato degli enti, è sufficiente la prova dell’avvenuto conseguimento di un vantaggio ex art. 5 d.lg. n. 231 del 2001 da parte dell’ente, anche quando non sia possibile determinare l’effettivo interesse da esso vantato ex ante rispetto alla consumazione dell’illecito, purché il reato non sia stato commesso nell’esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi. (Fattispecie in cui, a fronte della corruzione intercorsa tra il pubblico agente e l’amministratore di una società interessata all’ampliamento di una discarica dalla medesima gestita, veniva riconosciuto il vantaggio, comportante la responsabilità ex d.lg. n.231 del 2001, anche nei confronti di una terza società che interveniva creando la provvista di denaro in favore del privato corruttore, in tal modo beneficiando – mediante contratti stipulati dopo la consumazione del reato – dell’attività di smaltimento dei rifiuti presso la suddetta discarica).

 

Cassazione penale sez. IV, 08/01/2021, n.32899

In tema di responsabilità da reato degli enti, se il reato-presupposto è stato commesso sul territorio italiano, sussiste la giurisdizione nazionale per l’illecito amministrativo della persona giuridica pur avente esclusiva sede all’estero, perché il luogo di commissione dell’illecito è quello in cui si consuma il reato presupposto.

 

Cassazione penale sez. IV, 15/12/2020, n.11688

In tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello proposto dall’ente che non abbia appellato la sentenza di primo grado, in quanto la regola sulla estensione delle impugnazioni di cui all’art. 72, d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, implica l’estensione all’ente non appellante degli effetti favorevoli derivanti dall’eventuale accoglimento dell’appello dell’imputato del reato presupposto, ma non gli riconosce un autonomo diritto al ricorso per cassazione nell’ipotesi di mancato accoglimento dell’appello dell’imputato.

 

Cassazione penale sez. IV, 21/10/2020, n.2848

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica (nella specie, trattavasi del reato di lesioni), correttamente viene argomentato l’addebito a carico dell’ente in ragione dell’accertato mantenimento, nel ciclo produttivo, di un macchinario vecchio e non aggiornato in conformità alla normativa di prevenzione e neppure ripristinato nelle sue originarie condizioni di efficienza, giacché, in tale evenienza, il reato di lesioni colpose conseguente all’uso del macchinario irregolare ben può dirsi commesso nell’«interesse dell’ente» in quanto la condotta omissiva del titolare della posizione di garanzia, da cui deriva causalmente l’evento lesivo, ha consentito alla società un “risparmio di spesa” (mancato acquisto di un macchinario nuovo o mancata regolarizzazione di quello vetusto).

 

Cassazione penale sez. IV, 22/09/2020, n.29584

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, la sistematicità della violazione non rileva quale elemento della fattispecie tipica dell’illecito dell’ente: l’articolo 25-septies del decreto legislativo n. 231 del 200, infatti, non richiede la natura sistematica delle violazioni alla normativa antinfortunistica per la configurabilità della responsabilità dell’ente derivante dai reati colposi ivi contemplati e sarebbe eccentrico rispetto allo spirito della legge ritenere irrilevanti le condotte episodiche e occasionali.

 

Cassazione penale sez. VI, 18/09/2020, n.28210

In tema di responsabilità degli enti in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi dell’art. 8, comma primo, lett. b) d.lgs. n. 231 del 2001, deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso, con verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato.

 

Cassazione penale sez. VI, 11/02/2020, n.11626

In tema di responsabilità da reato degli enti, la persona giuridica risponde dell’illecito amministrativo derivante da un reato-presupposto per il quale sussista la giurisdizione nazionale, commesso dai propri legali rappresentanti o soggetti sottoposti all’altrui direzione o vigilanza, a prescindere dalla nazionalità dell’ente e dal luogo ove esso abbia la sede legale, nonché dall’esistenza o meno, nello Stato di appartenenza, di norme che disciplinino analoga materia, anche con riguardo alla predisposizione ed all’efficace attuazione di modelli organizzativi e di gestione atti ad impedire la commissione di reati fonte di responsabilità amministrativa ai sensi del d.lg. 8 giugno 2001, n. 231.

 

Cassazione penale sez. VI, 15/01/2020, n.12278

In tema di responsabilità da reato degli enti, la richiesta di rinvio a giudizio, in quanto atto di contestazione dell’illecito amministrativo, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi degli artt. 59 e 22, commi 2 e 4 .

 

Cassazione penale sez. VI, 11/12/2019, n.1676

In tema di responsabilità da reato degli enti, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto di uno dei reati di cui all’art. 322-ter c.p. può essere indifferentemente disposto, oltre che nei confronti dell’ente responsabile dell’illecito amministrativo, anche nei confronti delle persone fisiche che lo hanno commesso, con l’unico limite che il vincolo non può eccedere il valore complessivo del suddetto profitto.

 

Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.49775

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all’evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso.

 

Cassazione penale sez. III, 04/10/2019, n.3157

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi in materia ambientale (art. 25-undecies d.lg. n. 231 del 2001, nella specie configurato con riferimento al reato presupposto di cui all’art. 137, comma 5, d.lg. n. 152 del 2006) l’interesse e il vantaggio vanno individuati sia nel risparmio economico per l’ente determinato dalla mancata adozione di impianti o dispositivi idonei a prevenire il superamento dei limiti tabellari, sia nell’eliminazione di tempi morti cui la predisposizione e manutenzione di detti impianti avrebbe dovuto dare luogo, con economizzazione complessiva dell’attività produttiva, considerando a tal ultimo riguardo che il risparmio a favore dell’impresa può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione.

 

Cassazione penale sez. III, 01/10/2019, n.1432

In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi del d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, art. 59 e art. 22, commi 2 e 4.

 

Cassazione penale sez. IV, 24/09/2019, n.43656

 In materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica (articolo 25-septies del decreto legislativo n. 231 del 2001), sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento e produttività o anche solo una riduzione dei tempi di lavorazione.

Cassazione penale sez. IV, 24/09/2019, n.43656

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l’esistenza di un modello organizzativo e di gestione del D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 6; poi, nell’evenienza che il modello esista, che lo stesso sia conforme alle norme; infine, che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto.

 

Cassazione penale sez. II, 10/09/2019, n.41082

In tema di responsabilità da reato degli enti, l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente (nella specie cancellazione della società a seguito di chiusura della procedura fallimentare) determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lg. 8 giugno 2001, n. 231, ricorrendo un caso assimilabile alla morte dell’imputato.

              

Cassazione penale sez. V, 16/07/2019, n.38115

 In tema di responsabilità degli enti ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, il reato contestato alla persona fisica deve corrispondere a quello chiamato a fungere da presupposto per la responsabilità della persona giuridica, ma la separazione delle posizioni processuali di alcuni degli imputati del reato presupposto per effetto della scelta di riti alternativi non incide sulla contestazione formulata nei confronti dell’ente né riduce l’ambito della cognizione giudiziale, dovendo il giudice procedere a una verifica del reato presupposto alla stregua dell’integrale contestazione dell’illecito formulata nei confronti dell’ente, accertando la sussistenza o meno delle altre condotte poste in essere dai coimputati nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

 

Cassazione penale sez. V, 16/07/2019, n.38115                                   

In caso di confisca del profitto dei reati dovrebbe operare la diminuzione della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 12, comma 2, lett. a) d.lg. n. 231 del 2001, prevista per il caso di condotte riparatorie dell’ente, posto che non può parlarsi di condotta riparatoria con riferimento all’ipotesi di esecuzione della misura ablatoria disposta dall’autorità giudiziaria.

 

Cassazione penale sez. III, 10/07/2019, n.1420

 In tema di responsabilità degli enti, non è ammissibile la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., in considerazione della differenza esistente tra la responsabilità penale, che espressamente prevede l’istituto estintivo in relazione a un fatto-reato commesso dalla persona fisica, e quella amministrativa dell’ente che trova nella realizzazione di un reato solamente il proprio presupposto storico, non già l’intera sua concretizzazione, essendo volta a sanzionare la colpa di organizzazione dell’ente per fatti commessi nel suo interesse o a suo vantaggio.

 

Cassazione penale sez. IV, 24/01/2019, n.16598

 In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il “risparmio” in favore dell’impresa, nel quale si concretizzano i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’ente in un caso in cui, sebbene i lavoratori fossero stati correttamente formati e i presidi collettivi ed individuali fossero presenti e conformi alla normativa di riferimento, le lavorazioni in concreto si svolgevano senza prevedere l’applicazione ed il controllo dell’utilizzo degli strumenti in dotazione, al fine di ottenere una riduzione dei tempi di lavoro).

 

Cassazione penale sez. VI, 25/09/2018, n.54640

 In tema di responsabilità degli enti collettivi, quando si deve verificare l’esistenza di un interesse della società in capo al soggetto agente che pone in essere il reato presupposto della responsabilità della società, pur essendo la nozione di “interesse dell’ente” caratterizzata (a differenza della nozione di vantaggio) da una prevalente connotazione soggettiva, non può prescindersi – specie se il reato è stato commesso nel prevalente interesse del singolo o di terzi – da un confronto con un parametro oggettivo, non rimesso esclusivamente ad imperscrutabili intendimenti dell’agente.

 

Cassazione penale sez. II, 19/10/2018, n.52470

 In tema di responsabilità da reato degli enti, l’intervenuta prescrizione del reato presupposto successivamente alla contestazione all’ente dell’illecito non ne determina l’estinzione per il medesimo motivo, giacché il relativo termine, una volta esercitata l’azione, rimane sospeso fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento nei confronti della persona giuridica.

 

Cassazione penale sez. VI, 25/09/2018, n.54640

 Nel procedimento a carico dell’ente ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, laddove sia contestata la mancata adozione e attuazione di modelli organizzativi, i presupposti normativi della responsabilità dell’ente per fatto del soggetto sottoposto all’altrui direzione e vigilanza differiscono da quelli della responsabilità per fatto del soggetto apicale solo allorché sia dimostrata l’adozione di misure cautelari idonee a prevenire i reati dei sottoposti, ancorché non formalizzati in un modello, dovendosi, in tal caso, provare (al fine di affermare la responsabilità dell’ente) che il fatto sia stato propiziato dall’inosservanza del dovere di direzione e vigilanza.

 

Cassazione penale sez. II, 10/07/2018, n.34293

In tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, è ammissibile il sequestro impeditivo di cui al comma 1 dell’articolo 321 del Cpp, non essendovi totale sovrapposizione e, quindi, alcuna incompatibilità di natura logico-giuridica fra il suddetto sequestro e le misure interdittive (vuoi per la temporaneità della misura interdittiva, laddove il sequestro è tendenzialmente definitivo ove, all’esito del giudizio di cognizione, sia disposta la confisca; vuoi perché, comunque, sotto il profilo degli effetti, mentre la misura interdittiva “paralizza” l’uso del bene “criminogeno” solo in modo indiretto, al contrario, il sequestro e la successiva confisca colpiscono direttamente il bene, eliminando, quindi, per sempre, il pericolo che possa essere destinato a commettere altri reati). È pur vero, infatti, che l’articolo 53 del Dlgs 8 giugno 2001 n. 231 prevede testualmente che, nei confronti degli enti, si possa applicare il solo sequestro preventivo (del prezzo o del profitto del reato) a fini di confisca di cui all’articolo 321, comma 2, del Cpp, non essendo espressamente previsto il sequestro preventivo di cui al comma 1 dell’articolo 321 del codice di procedura penale, ma tale sequestro “impeditivo” deve ritenersi ammissibile anche nei confronti dell’ente, in base a una interpretazione costituzionalmente orientata che trova fondamento nell’amplissimo disposto dell’articolo 34 del decreto legislativo n. 231 del 2001, a norma del quale “per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato si osservano […] in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”, e si giustifica con il fatto che, diversamente, si teorizzerebbe per l’ente un regime privilegiato rispetto a quello generale previsto dal codice di rito, privando la collettività di un formidabile e agile strumento di tutela finalizzato a eliminare dalla circolazione beni criminogeni (nella specie, quindi, la Corte, ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di alcuni impianti fotovoltaici disposto ex articolo 321, comma 1, del codice di procedura penale nei confronti di un ente chiamato a rispondere dell’illecito amministrativo di cui all’articolo 24 del decreto legislativo n. 231 del 2001, in relazione all’articolo 640-bis del codice penale).

 

Cassazione penale sez. IV, 23/05/2018, n.38363

In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione riferiti all’interesse e al vantaggio sono giuridicamente distinti giacché, mentre il primo è criterio soggettivo, da valutare ex ante, e consistente nella proiezione finalistica volta a far conseguire all’ente un profitto indipendentemente dall’effettiva realizzazione dello stesso, il secondo è criterio oggettivo, accertabile “ex post” e consistente nel concreto vantaggio derivato all’ente dal reato.

 

Cassazione penale sez. VI, 26/04/2018, n.22843

In tema di sequestro preventivo, i provvedimenti del giudice in ordine ai poteri e all’operato dell’amministratore giudiziario, non attenendo all’applicazione o alla modifica del vincolo cautelare, ma alle modalità esecutive ed attuative della misura, non sono autonomamente impugnabili, essendo consentita la sola opposizione dinanzi al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 666, comma 4, c.p.p. (Fattispecie in cui la Corte ha convertito in opposizione dinanzi al giudice dell’esecuzione il ricorso in cassazione proposto avverso il rigetto della richiesta di liquidazione del compenso professionale avanzata dal componente dell’organismo di vigilanza nominato, ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.lg. n. 231 del 2001, dall’amministratore giudiziario della società i cui beni erano stati sottoposti a sequestro).

 

 Cassazione penale sez. IV, 18/04/2018, n.22468

 In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 231 del 2001, deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato.

 

Cassazione penale sez. II, 28/03/2018, n.23896

Sussiste l’esigenza di differenziare, sulla base di specifici e puntuali accertamenti, il vantaggio economico derivante direttamente dal reato (profitto confiscabile) e il corrispettivo incamerato per una prestazione lecita eseguita in favore della controparte, pur nell’ambito di un affare che trova la sua genesi nell’illecito (profitto non confiscabile) e il vantaggio economico deve essere concretamente determinato al netto dell’effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato, nell’ambito del rapporto sinallagmatico con l’ente.

 

Cassazione penale sez. VI, 25/01/2018, n.33044

In tema di responsabilità da reato degli enti, la persona fisica, indagata del reato presupposto, non è legittimata a proporre riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo disposto esclusivamente nei confronti della persona giuridica, ai sensi del d.lg. 8 giugno 2001, n. 231. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’illecito da reato dell’ente, pur presupponendo l’avvenuta commissione di un reato, mantiene la propria autonomia strutturale, sicchè l’autore del reato non può considerarsi quale coimputato della persona giuridica. Cfr. Corte Cost. n. 218 del 2014).

 

Cassazione penale sez. V, 10/11/2017, n.2308

Nell’ipotesi di sequestro preventivo ex art. 321, comma2, c.p.p., finalizzato alla confisca “facoltativa”, il giudice deve dare conto del “periculum in mora” che giustifica l’apposizione del vincolo, dovendosi escludere qualsiasi automatismo che colleghi la pericolosità alla mera confiscabilità del bene oggetto di sequestro.

 

Cassazione penale sez. III, 09/11/2017, n.6742

 ln materia di responsabilità degli enti dipendente da reato, in caso di sequestro preventivo di azienda per violazione della disciplina dettata dal Dlgs 231/2001, la nomina dell’amministratore giudiziario è presupposto imprescindibile per l’esercizio della attività. Ad affermarlo è la Cassazione respingendo il ricorso presentato da due Srl che si erano opposte al decreto di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di beni aziendali del valore di quasi 3 milioni di euro nell’ambito di un procedimento per reati ambientali. Per la Corte la ratio dell’obbligatorietà della nomina è quella di “evitare che la disposta misura cautelare possa paralizzare l’ordinaria attività aziendale pregiudicandone la continuità e lo sviluppo e la funzione assegnata al custode amministratore giudiziario è quella di vigilare sull’utilizzo e sulla gestione dell’azienda e di riferirne all’autorità giudiziaria”.

 

Cassazione penale sez. III, 09/11/2017, n.6742

In caso di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di beni di una società nei cui confronti pende un procedimento per responsabilità amministrativa nascente da reato, disposto ai sensi del comma 2 dell’articolo 19 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, qualora il provvedimento cautelare abbia a oggetto “società, aziende, ovvero beni, ivi compresi titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche in deposito”, il comma 1-bis dell’articolo 53 dello stesso decreto legislativo prevede che sia il “custode amministratore giudiziario” a consentirne l’utilizzo e la gestione agli organi societari, “esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando poteri di vigilanza e riferendone all’autorità giudiziaria”. La ratio della disposizione è quella di evitare che la disposta misura cautelare possa paralizzare l’ordinaria attività aziendale pregiudicandone la continuità e lo sviluppo e la funzione assegnata al custode amministratore giudiziario, in questa prospettiva, è quella di vigilare sull’utilizzo e sulla gestione dell’azienda e di riferirne all’autorità giudiziaria: da ciò deriva anche che la nomina dell’amministratore è a tal punto presupposto imprescindibile per l’attività aziendale che, nel caso sia stata omessa, la parte interessata ha un “onere di impulso” di adire il giudice che procede, ai sensi dell’articolo 47 del decreto legislativo n. 231 del 2001.

 

Cassazione penale sez. IV, 13/09/2017, n.16713

In tema di responsabilità da reato degli enti derivante da reati colposi di evento, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell’art. 5 del d.lgs. 231 del 2001 all’interesse o al vantaggio, devono essere riferiti alla condotta e non all’evento.

 

Cassazione penale sez. VI, 25/07/2017, n.49056

Le norme sulla responsabilità da reato degli enti si applicano anche alle società unipersonali, in quanto soggetto di diritto distinto dal soggetto che ne detiene le quote.

 

Cassazione penale sez. VI, 22/06/2017, n.41768

 Ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, avente a oggetto la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità, la competenza a conoscere degli illeciti amministrativi dell’ente “appartiene al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono”, di guisa che la competenza del giudice penale in riferimento alla, responsabilità degli enti è una competenza “derivata”, senza alcun adattamento, da quella per il reato presupposto, il quale è imputabile esclusivamente alle persone fisiche. Per l’effetto, poiché nell’ambito della disciplina della competenza rientra anche quella relativa alla connessione, la competenza, nel processo a carico dell’ente, può essere determinata anche per connessione rispetto a un reato addebitato esclusivamente a persone fisiche, quando queste sono imputate anche per ulteriori reati, i quali costituiscono il presupposto per la responsabilità amministrativa dell’ente.

 

Cassazione penale sez. VI, 28/04/2017, n.35219                                                                  

 In tema di responsabilità da reato degli enti, la nomina del difensore di fiducia dell’ente da parte del rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto, in violazione del divieto previsto dall’art. 39, d.lgs. n. 231 del 2001, comporta l’inefficacia di tutte le attività svolte dal rappresentante legale incompatibile all’interno del procedimento che riguarda l’ente.

 

 

 Cassazione penale sez. II, 27/09/2016, n.52316

In tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’articolo 5 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, che ne individua il presupposto nella commissione dei reati “nel suo interesse o a suo vantaggio “, non contiene un’endiadi, perché i predetti termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, ed evocano criteri concorrenti, ma alternativi: il richiamo all’interesse dell’ente valorizza una prospettiva soggettiva della condotta delittuosa posta in essere dalla persona fisica da apprezzare ex ante, per effetto di un indebito arricchimento prefigurato, ma non necessariamente realizzato, in conseguenza dell’illecito; il riferimento al vantaggio valorizza, invece, un dato oggettivo che richiede sempre una verifica ex post quanto all’obbiettivo conseguimento di esso a seguito della commissione dell’illecito presupposto, pur in difetto della sua prospettazione ex ante. Da ciò deriva che i due presupposti si trovano in concorso reale, cosicché, ricorrendo entrambi, l’ente si troverebbe a dover rispondere di una pluralità di illeciti (situazione disciplinata dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 231 del 2001).

 

Cassazione penale sez. IV, 19/05/2016, n.31210

 In tema di responsabilità da reato dell’ente in conseguenza della commissione dei reati di omicidio colposo o di lesioni gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies d.lg. 8 giugno 2001 n. 231), ricorre il requisito dell’interesse dell’ente quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente agito allo scopo di far conseguire un’utilità alla persona giuridica; ciò accade, ad esempio, quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l’esito, non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi d’impresa: pur non volendo il verificarsi dell’infortunio in danno del lavoratore, l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di soddisfare un interesse dell’ente (ad esempio, far ottenere alla società un risparmio sui costi in materia di prevenzione). Ricorre, invece, il requisito del vantaggio per l’ente quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, anche in questo caso ovviamente non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d’impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.

 

Cassazione penale sez. IV, 20/04/2016, n.24697

 In tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività. (In motivazione, la Corte ha affermato che la responsabilità dell’ente, non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi). (Conf. n.31003 del 2015 e n.31210 del 2016 N.M.).

 Cassazione penale sez. VI, 19/04/2016, n.20098

 Ai sensi dell’art. 22, comma 4, d.lg. n. 231/2001, la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica intervenuta entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe il corso della prescrizione sospendendolo fino alla pronuncia che definisce il giudizio.

 

Cassazione penale sez. VI, 09/02/2016, n.12653

In tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’art. 5 d.lg. 8 giugno 2001 n. 231 prevede che il fatto, in grado di consentire l’addebito a carico dell’ente, sia commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni apicali ovvero da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti in posizione apicale. I due criteri di imputazione sono alternativi o concomitanti: quello costituito dall’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito (sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn).

 

Cassazione penale sez. VI, 12/02/2016, n.11442

 In tema di responsabilità amministrativa dell’ente derivante da persone che esercitano funzioni apicali, il sistema normativo introdotto dal d.lg. n. 231 del 2001 – che coniuga i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, configurando un “tertium genus” di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza – grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare l’esistenza dell’illecito dell’ente, mentre a quest’ultimo incombe l’onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (Sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri).

 

Cassazione penale sez. VI, 14/07/2015, n.33226

In tema di responsabilità da reato degli enti, il profitto del reato si identifica solo con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto e non anche con i vantaggi indiretti derivanti dall’illecito. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente avente ad oggetto somme di denaro considerate profitto derivante dal reato di corruzione e quantificate facendo riferimento non già al vantaggio consistito nella realizzazione di un impianto di energia alternativa illecitamente autorizzato per effetto dell’accordo corruttivo, ma alle somme liquidate alla società a seguito della erogazione di energia elettrica in base alla convenzione successivamente stipulata con l’ente gestore. (Conf. sent. n. 33227 del 2015 non massimata).

 

 Cassazione penale sez. un., 24/04/2014, n.38343

 Il sistema normativo introdotto dal d.lg. n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un tertium genus di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha chiarito, in tema di responsabilità dell’ente derivante da persone che esercitano funzioni apicali, che grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare l’esistenza dell’illecito dell’ente, mentre a quest’ultimo incombe l’onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi).

 

Cassazione penale, sez. un., 24/04/2014, n. 38343.

 In tema di responsabilità amministrativa degli enti, laddove si verta in ipotesi di commissione del reato presupposto di lesioni colpose gravi o gravissime aggravate dalla violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro (art. 590, comma 3, c.p.), le sanzioni interdittive previste dal comma 3 dell’art. 25 septies d.lg.8 giugno 2001 n. 231 devono essere applicate obbligatoriamente.

 

Cassazione penale sez. VI, 16/05/2012, n.30085

La normativa sulla responsabilità da reato degli enti prevista dal d.lg. 8 giugno 2001, n. 231 non si applica alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli soggetti collettivi.

 

Cassazione penale sez. II, 26/10/2010, n.234

In materia societaria, una corretta lettura della disciplina concernente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica porta a ritenere che possano essere esonerati dall’applicazione del d.lgs. 231/2001 soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici. Ne consegue che la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria ma non sufficiente per l’esonero dalla disciplina in questione dovendo necessariamente essere presente anche la condizione dell’assenza di svolgimento di attività economica da parte dell’ente medesimo.

 

Cassazione penale sez. II, 09/07/2010, n.28699

La previsione dell’art. 1, comma 3, d.lg. 8 giugno 2001 n. 231, che esclude dalla disciplina della responsabilità amministrativa degli enti quelli che “svolgono funzioni di rilievo costituzionale” mira a preservare dalle misure cautelari e dalle sanzioni applicabili ai sensi della richiamata disciplina gli enti rispetto ai quali tale applicazione sortirebbe l’effetto di sospendere funzioni indefettibili negli equilibri costituzionali. Ciò che deve escludersi con riguardo a mere attività di impresa, pur operanti nel settore sanitario (nella specie, trattavasi di un ospedale interregionale che operava in forma di società per azioni “mista”, partecipato al 51% da capitale pubblico), non potendosi confondere il valore, di spessore costituzionale, della tutela della salute con il rilievo costituzionale dell’ente o della relativa funzione. Del resto diversamente opinando, si arriverebbe alla conclusione secondo cui, per l’esonero dalla responsabilità ex d.lg. n. 231 del 2001, basterebbe la mera rilevanza costituzionale di uno dei “valori” più o meno coinvolti nella funzione dell’ente: conclusione che porterebbe, in modo aberrante, a escludere dalla portata applicativa della disciplina “de qua” un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore sanitario, ma anche in quello dell’informazione, della sicurezza antinfortunistica e dell’igiene del lavoro, della tutela ambientale e del patrimonio storico e artistico ecc., per il solo fatto che si tratta di enti che si occupano di “valori” di rango costituzionale, pur non svolgendo “funzioni” costituzionali.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA