Le fattispecie di reato previste e punite dalla Legge Fallimentare corredate con la rassegna di giurisprudenza di legittimità aggiornata al mese di gennaio 2022.

Si segnala ai lettori del sito il seguente contributo con il quale si intende offrire all’utente uno strumento utile all’inquadramento delle singole fattispecie di reato previste dalla Legge Fallimentare (R.D.n.267/1942), con indicazione degli elementi costitutivi dalla singola fattispecie di reato, dei termini di prescrizione, dell’apparato sanzionatorio, degli aspetti procedurali ed infine della rassegna di giurisprudenza di legittimità aggiornata al mese di gennaio 2022, ordinata partendo dalle sentenze (massimate) più recenti.

Art. 216 l.f. – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

La fattispecie: La norma penale è posta a tutela degli interessi dei creditori del fallito e sanziona diverse tipologie di condotte poste in essere dal fallito in epoca antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento:

  1. Comma 1 n. 1: bancarotta patrimoniale
  2. Comma 1 n. 2: bancarotta documentale
  3. Comma 3: bancarotta preferenziale

Soggetti attivi del reato sono l’imprenditore individuale dichiarato fallito; i soci falliti illimitatamente responsabili di s.n.c. e s.a.s. relativamente al loro patrimonio. Rispondono delle medesime pene, per le medesime condotte, gli amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori di società dichiarate fallite (c.d. bancarotta impropria, art. 223, comma 1) e l’institore dell’imprenditore individuale dichiarato fallito (art. 227).

Momento di consumazione: trattandosi di reato di pericolo, il delitto si consuma nel momento in cui viene posta in essere una delle condotte tipizzate.

Sanzione: reclusione da 3 a 10 anni in caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale; reclusione da 1 a 5 anni in caso di bancarotta fraudolenta preferenziale.

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale collegiale.

Prescrizione: 10 anni per le ipotesi del comma 1, 15 anni se aggravate; 6 anni per la bancarotta preferenziale, 7 anni e 6 mesi se aggravata.

 

Bancarotta fraudolenta patrimoniale:

Elemento materiale: la figura criminosa della bancarotta fraudolenta patrimoniale può consiste in varie condotte:

(i) distrazione: sottrazione di un bene alla sua funzione di garanzia patrimoniale a favore dei creditori, con mutamento della relativa destinazione.

(ii) occultamento: nascondimento materiale dei beni.

(iii) dissimulazione: nascondimento dei beni effettuato con mezzi giuridici.

(iv) distruzione: eliminazione fisica del bene, rilevante nella misura in cui annulla il relativo valore economico.

(v) dissipazione: dispersione di beni per scopi voluttuari estranei all’impresa.

(vi) esposizione o riconoscimento di passività inesistenti: denuncia di passività fittizie o riconoscimento mediante acquiescenza di crediti inesistenti fatti valere da terzi.

Elemento soggettivo: dolo generico; dolo specifico nell’ipotesi di esposizione o riconoscimento di passività inesistenti, consistente nel fine di recare pregiudizio ai creditori.

 

Bancarotta fraudolenta documentale:

Elemento materiale: la bancarotta fraudolenta documentale si declina in due condotte alternative:

(i) specifica: sottrazione (occultamento delle scritture contabili, volto a sottrarle agli organi fallimentari), distruzione (eliminazione fisica delle scritture o dei relativi supporti), falsificazione (materiale o ideologica) delle scritture contabili.

(ii) tenuta delle scritture in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari.

Elemento soggettivo: dolo generico consistente nella coscienza e volontà di rendere impossibile o estremamente difficile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari; dolo specifico nell’ipotesi di sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture contabili, consistente nel fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

 

Bancarotta fraudolenta preferenziale:

Elemento materiale: la norma sanziona due condotte alternative:

(i) effettuazione di pagamenti preferenziali

(ii) simulazione di titoli di prelazione.

Elemento soggettivo: dolo specifico, consistente nel fine di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi.

 

La rassegna delle più rilevanti pronunce di legittimità sulla bancarotta fraudolenta patrimoniale:

Cassazione penale sez. V, 21/06/2021, n.32930

Per inquadrare a titolo di bancarotta distrattiva ovvero di bancarotta preferenziale il comportamento degli amministratori o dei soci che abbiano prelevato in proprio favore somme durante il dissesto della società fallita assume decisivo rilievo l’apprezzamento della ragione creditoria soddisfatta. In particolare: a) il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti “in conto capitale” operati dai soci in favore della società poi fallita, integra la bancarotta fraudolenta per distrazione, poiché tali versamenti non danno luogo ad un credito liquido ed esigibile nel corso della vita della società e, nei loro riguardi, opera il criterio di postergazione previsto dall’articolo 2467 del codice civile; b) il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di “mutuo” o “prestito“, integra, invece, la bancarotta preferenziale, in quanto, in tal caso, i finanziamenti, non avendo natura di conferimenti di “capitale di rischio”, rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale; c) il prelievo di somme da parte dell’amministratore a titolo di pagamento di “prestazioni lavorative” svolte in favore della società poi fallita, integra la bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non la bancarotta preferenziale, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore, qualora, anche per l’assenza di delibera assembleare che stabilisca la misura dei suoi compensi, i prelievi di somme in pagamento dei crediti verso la società in dissesto non sono definiti nella loro congruità e non sono fondati su dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata ed oggettiva valutazione (nella specie, era stata ravvisata la bancarotta per distrazione rispetto a un versamento qualificato come “prestito” in precedenza corrisposto dall’imputata in favore della società; la Corte ha annullato con rinvio, invitando il giudice di merito a stabilire, interpretando la volontà delle parti, se, in concreto, il versamento avesse tratto effettivamente origine da un mutuo, ovvero se invece fosse stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, sì poi da applicare i principi di cui sopra).

 

Cassazione penale sez. V, 25/05/2021, n.32732

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore di una società a responsabilità limitata che disponga in favore suo o di altri amministratori il pagamento di somme loro spettanti a titolo di compenso ove tali compensi non siano stati deliberati dall’assemblea dei soci poichè, in tal caso, il credito è da considerarsi non effettivo.

Pur in presenza dell’impugnazione del solo imputato, la riqualificazione giuridica in un reato più grave dei medesimi fatti contestati può essere effettuata anche dal giudice di appello, alle condizioni che sia sufficientemente prevedibile la ridefinizione dell’accusa inizialmente formulata, che sia offerta alle parti la possibilità di contraddire sul punto e che rimanga ferma la pena irrogata (Fattispecie in cui la Corte di appello aveva riqualificato il fatto costituito dal pagamento di emolumenti all’amministratore nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e non già, come ritenuto dal giudice di primo grado e secondo l’originaria contestazione, nel meno grave reato di bancarotta preferenziale).

 

Cassazione penale sez. V, 12/05/2021, n.21712

Il reato di cui all’art. 216, comma 1, n. 1), l. fall., riguarda l’occultamento o la distrazione del bene. In tal senso va dunque ribadito che è esclusa la configurabilità di una distrazione in difetto di un effettivo distacco del bene dal patrimonio del fallito. Distacco che non necessariamente deve concretizzarsi in atti formali o risolversi nella giuridica estromissione del bene dal patrimonio, essendo sufficiente la sua destinazione ad uno scopo diverso da quello doveroso, ma che deve comunque risultare effettivo. Quanto alla condotta di occultamento, la stessa ricomprende qualsiasi condotta che comporti anche solo la temporanea indisponibilità di un bene attraverso il suo materiale nascondimento in grado di frapporre un ostacolo alla sua acquisizione da parte degli organi fallimentari, attentando così all’integrità della garanzia patrimoniale dei creditori, fermo restando che la mera omessa segnalazione della sua esistenza cui, ai sensi dell’art. 87, comma 3, l. fall. il fallito è tenuto, integra il diverso reato di cui all’art. 220 stessa legge.

 

Cassazione penale sez. V, 05/05/2021, n.20646

In tema di sequestro conservativo, ai fini della dichiarazione di inefficacia delle distrazioni compiute dal colpevole del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per individuare l’anteriorità o posteriorità degli atti dispositivi rispetto al reato, ai sensi degli artt. 192 e 194 c.p., deve aversi riguardo al momento della realizzazione della condotta e non a quello della sentenza dichiarativa del fallimento.

 

Cassazione penale sez. V, 30/04/2021, n.24587

In tema di pene accessorie fallimentari, in conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte Cost. n. 222/2018, la durata deve essere determinata sulla scorta del criterio finalistico della specialprevenzione negativa, valorizzando i criteri fattuali sanciti dall’art. 133 c.p. che si rivelino, nella fattispecie concreta, maggiormente pertinenti all’esercizio della discrezionalità riconosciuta dall’art. 132 c.p., con una valutazione calibrata sulla specificità delle pene accessorie fallimentari, avendo riguardo, sotto il profilo della gravità del reato, a: 1) le modalità dei fatti (ad es., commissione di fatti di bancarotta patrimoniale, mediante complesse operazioni infragruppo, o fittizi svuotamenti societari, o articolate operazioni di frodi fiscali); 2) la gravità del danno o del pericolo cagionato (entità del depauperamento, numero dei creditori coinvolti, ecc.); 3) intensità del dolo, anch’essa desumibile dalle modalità dei fatti, e dalla insidiosità delle condotte; e, sotto il profilo della capacità a delinquere del colpevole, soprattutto con riferimento alla funzione di estromissione dalle attività economiche che hanno consentito la commissione di reati di bancarotta, al criterio dei precedenti penali e giudiziari, che, nell’ottica di una individualizzazione del trattamento sanzionatorio accessorio, diretto ad interdire comportamenti economici pericolosi, deve essere valutato in quanto espressivo di una capacità a delinquere ‘specifica’, attinente allo svolgimento di attività economiche ed imprenditoriali, e, dunque, alla funzione interdittiva coessenziale alle pene accessorie fallimentari.

 

Cassazione penale sez. V, 30/04/2021, n.27050

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dall’imputato avverso il provvedimento di confisca di uno o più beni della fallita, non potendo egli vantare alcun diritto alla restituzione. (In motivazione la Corte ha precisato che legittimato ad impugnare la misura ablatoria è il curatore fallimentare, in quanto portatore dell’interesse dei creditori alla rimozione di statuizioni incidenti sulla consistenza patrimoniale dell’attivo).

 

Cassazione penale sez. V, 30/04/2021, n.24588

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che proceda al rimborso di finanziamenti da lui erogati in qualità di socio in violazione della regola della postergazione di cui all’articolo 2467 del codice civile.

 

Cassazione penale sez. V, 23/04/2021, n.20879

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, anche il bilancio può costituire documento utile ai fini della ricostruzione del patrimonio sociale, purché redatto in conformità alle prescrizioni imposte dalla legge e sia, dunque, assistito dal crisma dell’attendibilità.

 

Cassazione penale sez. V, 31/03/2021, n.26501

In tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-fallimentare, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’ “intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza dell’intervenuta dichiarazione di fallimento.

 

Cassazione penale sez. V, 24/03/2021, n.19355

Nel giudizio di cassazione non determina violazione del divieto di reformatio in peius la diversa qualificazione giuridica di una circostanza attenuante già ritenuta in fatto sussistente dal giudice a quo. (Fattispecie relativa al reato di bancarotta fraudolenta in cui la Corte ha riqualificato l’elemento fattuale dell’avvenuto integrale e tempestivo risarcimento del danno come circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 6, c.p. in luogo delle attenuanti generiche erroneamente ritenute dal giudice di merito).

 

Cassazione penale sez. V, 17/03/2021, n.20867

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, i sindaci di una società cooperativa sottoposta a liquidazione coatta e quindi dichiarata in stato di insolvenza rispondono di concorso nel reato di cui all’art. 216, comma 1, legge fallimentare, per avere omesso di attivarsi ed esercitare i propri poteri di impulso e controllo all’emersione di segnali di allarme loro percepiti tali da significare l’esistenza di condotte di natura distrattiva da parte degli amministratori, dovendo poi il giudice di merito verificare, mediante un giudizio controfattuale, se, qualora fossero state poste in essere le attività di impulso e controllo omesse, sarebbe stato evitato l’evento costituito dal reato altrui.

 

Cassazione penale sez. V, 08/02/2021, n.18677

Concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputato che, quale consulente di una società, era stato l’ideatore di complesse operazioni di fusione per incorporazione finalizzate alla dismissione del patrimonio della fallita, predisponendo il contenuto degli atti negoziali e gestendo la definizione dei relativi rapporti economici).

 

Cassazione penale sez. V, 13/01/2021, n.7999

In tema di bancarotta fraudolenta, la circostanza attenuante della speciale tenuità del danno di cui all’art. 219, comma 3, l. fall., va valutata all’atto della dichiarazione di fallimento, che rappresenta il momento consumativo del reato, costituendo il recupero del bene a seguito del prospettato esercizio dell’azione revocatoria un mero post factum, irrilevante anche ai fini della configurabilità dell’attenuante comune della riparazione del danno di cui all’art. 62, comma 1, n. 6, c.p.

 

Cassazione penale sez. V, 16/11/2020, n.3191

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come compensi per la carica ricoperta, qualora tali compensi, solo genericamente indicati nello statuto e non giustificati da dati ed elementi di confronto che ne consentano una oggettiva valutazione, siano stati determinati nel loro ammontare con una delibera dell’assemblea dei soci adottata “pro forma”, al solo fine di giustificare l’indebito prelievo.

 

Cassazione penale sez. VI, 05/11/2020, n.14402

È configurabile il concorso formale eterogeneo tra il delitto di peculato e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, trattandosi di illeciti penali che si differenziano per struttura e offensività.

 

Cassazione penale sez. V, 03/11/2020, n.141

È configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione nella condotta di assunzione, in una situazione di grave e non fronteggiabile sofferenza debitoria, di ulteriori obbligazioni prive di apprezzabile collegamento con l’attività imprenditoriale. (Fattispecie relativa alla attribuzione ad un terzo estraneo, e nel suo esclusivo interesse, di una autovettura acquisita mediante finanziamento in condizioni di grave crisi di liquidità).

 

Cassazione penale sez. V, 03/11/2020, n.13382

Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è irrilevante, sotto il profilo dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato, l’assenza di un danno per i creditori. (Fattispecie relativa alla dichiarazione di insolvenza di un istituto di credito, in cui le posizioni dei creditori o correntisti erano state assorbite dall’intervento a tutela del fondo di garanzia dei depositanti delle banche di credito cooperativo).

 

Cassazione penale sez. III, 20/10/2020, n.6164

Concorre, in qualità di concorso dell’extraneus, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il consulente che – consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto – fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso.

 

Cassazione penale sez. fer., 13/08/2020, n.27132

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che si appropri di somme della società a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore di quest’ultima, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore. (Fattispecie in cui l’amministratore aveva prelevato somme ingenti e sproporzionate rispetto allo stato patrimoniale della società, pur avendo piena consapevolezza dello stato di dissesto della società).

 

Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930

In caso di contestazione alternativa, la decisione che prescelga una delle qualificazioni giuridiche del medesimo fatto proposte, definisce un solo capo della sentenza e non dà luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato esclusa, né ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione, la formulazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame. (Fattispecie relativa alla contestazione in via alternativa del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose causative del dissesto).

 

Cassazione penale sez. V, 03/03/2020, n.13820

In tema di bancarotta fraudolenta, il recupero, da parte della curatela, dei beni non consegnati dal fallito non spiega alcun rilievo sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato di bancarotta, il quale – perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore – viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento, mentre il recupero della “res” rappresenta solo un “posterius” – equiparabile alla restituzione della refurtiva dopo la consumazione del furto – avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta alla sottrazione, con la conseguenza che è tutelata anche la mera possibilità di danno per i creditori. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale del fallito che non aveva messo immediatamente a disposizione della curatela tre autocarri, ma li aveva consegnati solo dopo che il curatore ne aveva individuato l’esistenza con una visura al PRA).

 

Cassazione penale sez. V, 27/02/2020, n.13284

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, qualora il fatto si riferisca a rapporti fra società appartenenti al medesimo gruppo, il reato deve ritenersi insussistente solo se i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi e siano tali da rendere il fatto incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della società. Peraltro, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi per la società apparentemente danneggiata dall’operazione temporaneamente svantaggiosa per essa.

 

Cassazione penale sez. V, 25/02/2020, n.12946

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la distrazione o l’occultamento di diritti derivanti da un rapporto contrattuale, rientrando tali diritti nel patrimonio dell’imprenditore fallito. (Fattispecie relativa all’occultamento alla curatela di un contratto preliminare stipulato da una ditta di costruzioni, poi fallita, relativo all’acquisto di alcuni immobili facenti parte di un complesso in costruzione risolutivamente condizionato alla conclusione dei lavori entro un certo termine).

 

Cassazione penale sez. V, 13/02/2020, n.15403

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società fallita a seguito di contratto di “leasing”, anche se risolto dopo la dichiarazione di fallimento, in quanto la perdita del valore del bene, suscettibile di riscatto, e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso il concedente determina un pregiudizio per la massa fallimentare.

 

Cassazione penale sez. V, 11/02/2020, n.11752

Non integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la condotta dell’amministratore di una società fallita che storni dall’attivo poste contabili relative a crediti vantati nei confronti di altre società del gruppo e le trasferisca nel conto “sopravvenienze passive” in quanto tale attività, in assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinunzia ad esercitare i diritti sottostanti al credito, non si traduce in atto di disposizione patrimoniale, reale o simulato, da cui consegua la diminuzione, effettiva o apparente, della garanzia patrimoniale della fallita, rimanendo i crediti in questione parte integrante del patrimonio.

 

Cassazione penale sez. V, 04/02/2020, n.8445

In tema di bancarotta patrimoniale per distrazione, non è configurabile l’attenuante della riparazione del danno, di cui all’art. 62, comma 1, n. 6, c.p., qualora la restituzione di beni oggetto della condotta distrattiva sia avvenuto a seguito del prospettato esercizio dell’azione revocatoria da parte del curatore fallimentare e non per iniziativa dell’imputato.

 

Cassazione penale sez. V, 17/01/2020, n.17228

In materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione, tuttavia il giudice non può ignorare l’affermazione dell’imputato di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che non possa valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non ne consenta l’esatta individuazione).

 

Cassazione penale sez. V, 16/01/2020, n.19066

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. Ergo i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi, anche laddove la condotta sia stata realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza: a nulla rileva, conseguentemente, il mero calcolo aritmetico che ponga in raffronto gli esiti di una gestione successiva e la consistenza del passivo.

 

Cassazione penale sez. V, 15/01/2020, n.13777

In tema di revisione, l’inconciliabilità dei fatti storici che consente di attivare il mezzo straordinario di impugnazione per contrasto di giudicati, ex art. 630, comma 1, lett. a), c.p.p., può riferirsi anche all’elemento psicologico del reato, quando la prova di quest’ultimo sia fondata su elementi di fatto la cui sussistenza, ritenuta nella sentenza di condanna, sia stata poi esclusa da una successiva pronuncia. (Fattispecie in cui l’imputato era stato condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale, quale componente del consiglio di amministrazione di una holding di un gruppo imprenditoriale, e assolto per mancanza di dolo quale componente del collegio sindacale di una delle società operative del gruppo, in cui la Corte ha escluso ricorressero i presupposti per la revisione in quanto il giudizio di consapevolezza dell’imputato dello stato di dissesto della capogruppo poggiava su circostanze di fatto non smentite, nel loro concreto accadimento, nel giudizio assolutorio).

 

Cassazione penale sez. V, 09/12/2019, n.17226

La circostanza attenuante del ravvedimento operoso, di natura soggettiva, richiede che la condotta resipiscente, posta in essere dopo la consumazione del reato, ma prima del giudizio, per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, sia spontanea e determinata da motivi interni, senza pressioni o costrizioni e non influenzata da fattori quali l’arresto e lo stato di detenzione. (Fattispecie relativa a plurimi fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di appello che non aveva riconosciuto l’attenuante in esame nella condotta dell’imputato, amministratore unico della società fallita, che, contestualmente alla dichiarazione di fallimento, in una primissima fase di indagini aveva inoltrato alla polizia giudiziaria un memoriale il cui contenuto, oltre a svelare le trame societarie criminose, aveva consentito l’individuazione dei complici, abituali interlocutori della società sotto falso nome).

 

Cassazione penale sez. V, 09/12/2019, n.11297

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il pregiudizio ai creditori deve sussistere al momento della dichiarazione giudiziale di fallimento o del decreto di ammissione al concordato preventivo e non già al momento della commissione dell’atto antidoveroso. Pertanto, non integra fatto punibile come bancarotta per distrazione la condotta, ancorché connotata da frode, la cui portata pregiudizievole risulti annullata per effetto di un atto o di una attività di segno inverso capace di reintegrare il patrimonio dell’impresa fallita prima della soglia cronologica costituita dall’apertura della relativa procedura concorsuale.

 

Cassazione penale sez. V, 05/12/2019, n.19365

Per aversi violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza occorre un mutamento del fatto quale trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge creando un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione tale da pregiudicare i diritti di difesa. Deve dunque escludersi la violazione del summenzionato principio laddove l’imputato si sia trovato, nell’evolversi dell’iter processuale, nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (annullata con rinvio per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza la sentenza d’appello che aveva condannato l’imputato, in qualità di presidente del c.d.a. di una s.r.l. e poi di liquidatore, per alcune condotte di bancarotta fraudolenta per distrazione inizialmente qualificate come bancarotta preferenziale).

 

Cassazione penale sez. V, 28/11/2019, n.12456

Costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, comma 1, n. 1, l. fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo e mai riscosso che comporti la sostanziale privazione, per la società fallita, dei suoi beni strumentali.

 

Cassazione penale sez. V, 26/11/2019, n.52057

In tema di bancarotta fraudolenta, la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento.

 

Cassazione penale sez. V, 04/11/2019, n.49438

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216, comma 1, l. fall., la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto delle condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo non solo dei beni materiali ma anche di entità immateriali, fra cui rientrano le ragioni di credito che concorrono alla formazione dell’attivo patrimoniale.

 

Cassazione penale sez. V, 27/09/2019, n.47581

Qualsiasi manomissione o distrazione del bene detenuto in leasing dall’imprenditore fallito impedisce un accrescimento della massa attiva fallimentare, determinando una lesione all’interesse della garanzia patrimoniale dei creditori (art 2740 c.c.) e dunque un fatto di bancarotta patrimoniale.

 

Cassazione penale sez. V, 14/06/2019, n.45130

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, incluso soggettivo si configura nella forma del dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la protezione dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, incluso abbastanza la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

 

Cassazione penale sez. II, 21/06/2019, n.37503

Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale consistente nell’illecito ed ingiustificato trasferimento di beni aziendali della società fallita a vantaggio di altre imprese gestite dal medesimo amministratore può concorrere con il delitto di autoriciclaggio purché nella vicenda sia rinvenibile un quid pluris di condotta riferibile in via esclusiva al reato di autoriciclaggio (in particolare, tale profilo di reato è rinvenibile quando non vi sia mero trasferimento di beni da un’azienda all’altra, ma la nuova azienda sia operativa e gestendo il patrimonio ricevuto illecitamente lo immetta nel circuito economico).

 

Cassazione penale sez. V, 10/06/2019, n.47216

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione di trasferimento di somme da una società ad un’altra, non è sufficiente allegare la mera partecipazione ad un ‘gruppo di società’, dovendo invece l’interessato dimostrare in maniera specifica il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 c.c., per la società apparentemente danneggiata, giacché la destinazione di risorse da una società all’altra, sia pur collegata, integra comunque la violazione del vincolo patrimoniale nei confronti dello scopo strettamente sociale.

 

Cassazione penale sez. V, 30/05/2019, n.38434

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, possono costituire oggetto di distrazione non solo i beni in proprietà del fallito, ma anche tutte le componenti attive del suo patrimonio, ivi inclusi i diritti reali e personali di godimento, con la conseguenza che rientra nella fattispecie incriminatrice la condotta con la quale l’”accipiens” distragga i beni consegnatigli a seguito della conclusione di un contratto estimatorio.

 

Cassazione penale sez. V, 29/05/2019, n.39043

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non può escludersi la natura distrattiva di un’operazione infragruppo, effettuata in assenza di contropartite, invocando la provenienza dal patrimonio personale dell’imprenditore della liquidità destinata ad una società appartenente allo stesso gruppo di quella fallita, quando questa si trovava già in difficoltà finanziaria, in quanto il denaro, una volta immesso nel patrimonio della società, le appartiene ed è destinato alla garanzia dei suoi creditori.

 

Cassazione penale sez. V, 06/05/2019, n.34116

In tema di bancarotta fraudolenta, ai fini della contestazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità non è sufficiente, in assenza di una specifica indicazione da cui si comprenda che l’aggravante è stata contestata, né la mera indicazione delle somme oggetto di distrazione, ancorché di importo elevato, né la generica menzione dell’art. 219 l. fall., quando non sia precisato il riferimento al comma primo di tale articolo.

 

Cassazione penale sez. V, 08/04/2019, n.33188

La circostanza attenuante dell’attivo ravvedimento di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, seconda parte, cod. pen. – che contempla l’ipotesi dell’essersi, prima del giudizio e al di fuori del caso preveduto dall’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato – si riferisce a conseguenze del reato che non consistano in un danno patrimoniale o non patrimoniale, economicamente risarcibile, ai sensi dell’art. 185 cod. pen., e, pertanto, non è applicabile ai reati che, come la bancarotta per distrazione, offendano il patrimonio.

 

Cassazione penale sez. V, 01/04/2019, n.19981

In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo all’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, di cui all’art. 219, comma 3, legge fall. 16 marzo 1942, n. 267, deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la sentenza della corte di appello che non aveva riconosciuto l’attenuante facendo solo riferimento all’ammontare del passivo fallimentare).

 

Cassazione penale sez. V, 11/03/2019, n.28031

Integra la distrazione rilevante ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la condotta dell’amministratore di una società fiduciaria, successivamente fallita, che costituisca in pegno titoli o valori (nella specie, polizze assicurative) ricevute in gestione dai fiducianti, poiché il pegno, in caso di mancato pagamento della somma data in prestito nella quantità, nei tempi e nei modi pattuiti, può essere escusso dal creditore, con perdita del patrimonio societario che costituisce la garanzia per i creditori.

 

Cassazione penale sez. V, 11/03/2019, n.15280

In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha osservato che la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 l. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non documentati né precisati nel loro dettagliato ammontare).

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34111

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.

 

Cassazione penale sez. V, 18/02/2019, n.12186

Il dovere di vigilanza e di controllo imposto ai sindaci delle società per azioni ex articolo·2403 del codice civile non è circoscritto all’operato degli amministratori, ma si estende a tutta l’attività sociale, con funzione di tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali, e ricomprende, pertanto, anche l’obbligo di segnalare tutte le situazioni che mettano repentaglio la prosecuzione dell’attività di impresa e l’assicurazione della garanzia dei creditori in relazione alle obbligazioni contratte con l’ente; e tale controllo va esercitato non attraverso una mera verifica contabile limitata alla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende anche il riscontro tra la realtà effettiva e la sua rappresentazione contabile. Peraltro affinché possa sostenersi la responsabilità, a titolo di concorso, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale dei sindaci, non è sufficiente il mero richiamo alla loro posizione di garanzia, siccome sopra ricostruita, né è possibile fare discendere tale responsabilità tout court dal mancato esercizio dei doveri di controllo. È infatti necessaria l’esistenza di puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, dimostrativi di un’omissione dei poteri-doveri di controllo e di vigilanza esorbitante dalla dimensione meramente colposa ed espressiva, piuttosto, di una volontaria partecipazione alle condotte distrattive degli amministratori, pur nella forma del dolo eventuale, vale a dire per la consapevole accettazione del rischio che l’omesso controllo avrebbe potuto consentire la commissione di illiceità da parte degli amministratori.

 

Cassazione penale, sez. V , 01/02/2019 , n. 8431

Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.

 

Cassazione penale sez. V, 15/11/2018, n.57153

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 216, comma 1, legge fall. la mancata riscossione di un credito, poiché oggetto delle condotte di depauperamento è il patrimonio in senso lato, comprensivo delle ragioni di credito che devono concorrere alla formazione dell’attivo patrimoniale.

 

Cassazione penale , sez. V , 23/10/2018 , n. 57125

In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la nozione di “traffici delittuosi”, di cui all’art. 1 lett. a), d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 , ricomprende non solo attività delittuose riferite alle ipotesi di commercio illecito di determinati beni materiali (ad esempio armi, stupefacenti, banconote contraffatte ecc.), ma anche condotte “latu sensu” negoziali dalle quali sia derivato un provento illecito, o ancora condotte che non sono delittuose in relazione all’oggetto della negoziazione ma lo diventano per l’intrinseca illiceità della causa negoziale che ha determinato la condotta stessa. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il giudizio di pericolosità del ricorrente espresso dai giudici di merito, in relazione ad una serie di operazioni contabili e negoziali fraudolente commesse all’interno delle società riconducibili all’imputato, finalizzate alla consumazione di reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta).

 

Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

 

Cassazione penale, sez. V , 10/07/2018 , n. 42591

Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell’ art. 147 legge fall.

 

Cassazione penale, sez. V, 05/07/2018 , n. 49499

Un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’ intraneus , dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita).

 

Cassazione penale, sez. V , 19/06/2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.

 

Cassazione penale, sez. V, 15/06/2018 , n. 49489

Integra gli elementi costitutivi della bancarotta fraudolenta per distrazione la stipula, in epoca precedente la dichiarazione di fallimento, di un contratto di locazione di beni aziendali dell’impresa fallita senza che i relativi canoni siano versati nelle casse aziendali.

 

Cassazione penale, sez. V, 05/06/2018 , n. 30105

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).

 

Cassazione penale , sez. V , 30/05/2018 , n. 53399

Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante truffe), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi ad esso estranei.

 

Cassazione penal , sez. V , 14/05/2018 , n. 34464

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; né assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della già consumata distrazione.

 

Cassazione penale, sez. V, 13/09/2017 , n. 44901

Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non già il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen.), la condotta di occultamento di un bene sottoposto a sequestro giudiziario da parte di soggetto fallito.

 

Cassazione penale, sez. V, 19/07/2017 , n. 49507

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta di occultamento, distrazione o sottrazione di beni del patrimonio sociale non può essere costituita da un mero dato contabile, contenuto in una rettifica del valore del bene iscritto in bilancio, in assenza di prova del dato fisico della mancanza dei beni.

 

Cassazione penale, sez. V, 23/06/2017 , n. 38396

La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

 

Cassazione penal , sez. V , 30/05/2017 , n. 34836

La condotta di omesso versamento di contributi previdenziali, non incidendo direttamente sulla consistenza patrimoniale dell’impresa, non configura il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, che si realizza in presenza di operazioni incoerenti con le esigenze dell’impresa, tali da ridurne il patrimonio.

 

La rassegna delle più rilevanti pronunce di legittimità sulla bancarotta fraudolenta documentale:

Cassazione penale sez. V, 22/09/2021, n.37459

L’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione, diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, in relazione alla quale l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie.

 

Cassazione penale sez. III, 11/05/2021, n.34881

Non sussiste specialità, ex art. 15 c.p., tra la bancarotta fraudolenta documentale, l. fall., art. 216, comma 1, n. 2, e l’omessa dichiarazione d.lg. n. 74 del 2000, ex art. 5, stante la diversità delle suddette fattispecie incriminatrici, richiedendo quella tributaria la sola omissione della presentazione della dichiarazione (chiunque… non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali); diversamente, l’azione fraudolenta sottesa dalla l. fall., art. 216, n. 2, si concreta in un evento da cui discende la lesione degli interessi dei creditori, rapportato all’intero corredo documentale, risultando irrilevante l’obbligo normativo della relativa tenuta, ben potendosi apprezzare la lesione anche dalla sottrazione di scritture meramente facoltative. Inoltre, nell’ipotesi fallimentare la volontà del soggetto agente si concreta nella specifica volontà di procurare a sé o ad altro ingiusto profitto o, alternativamente di recare pregiudizio ai creditori, finalità non presente nella fattispecie fiscale.

 

Cassazione penale sez. V, 08/02/2021, n.18677

Concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputato che, quale consulente di una società, era stato l’ideatore di complesse operazioni di fusione per incorporazione finalizzate alla dismissione del patrimonio della fallita, predisponendo il contenuto degli atti negoziali e gestendo la definizione dei relativi rapporti economici).

 

Cassazione penale sez. V, 05/02/2021, n.11420

In tema di reati fallimentari, l’articolo 216, comma 1, numero 2, della legge Fallimentare configura due diverse, alternative ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. La prima consiste nella sottrazione o distruzione (cui è parificata l’omessa tenuta) dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. La seconda è quella di tenuta della contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto sui libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e richiede il dolo generico. Trattandosi di ipotesi alternative, qualora venga contestata la fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari (anche eventualmente nella forma della loro omessa tenuta), non può essere addebitata all’agente anche la fraudolenta tenuta delle medesime, giacché tale ultima ipotesi presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli stessi organi fallimentari.

 

Cassazione penale sez. V, 25/01/2021, n.13059

In tema di bancarotta documentale, qualora sia assente o insufficiente l’accertamento in ordine allo scopo eventualmente propostosi dall’agente ed in ordine alla oggettiva finalizzazione di tale carenza, la mera mancanza dei libri e delle scritture contabili deve essere ricondotta alla ipotesi criminosa della bancarotta semplice.

 

Cassazione penale sez. V, 19/01/2021, n.8902

È ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione.

 

Cassazione penale sez. V, 30/11/2020, n.36870

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa.

 

Cassazione penale sez. III, 20/10/2020, n.6164

Concorre, in qualità di concorso dell’extraneus, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il consulente che – consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto – fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso.

 

Cassazione penale sez. V, 08/10/2020, n.33114

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma 1, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta l’individuazione della prova del dolo specifico sufficiente ad integrare la condotta di occultamento nell’approvazione, da parte del liquidatore della società, di due bilanci successivi senza avere la disponibilità delle scritture contabili).

 

Cassazione penale sez. V, 24/09/2020, n.32413

In tema di reati fallimentari, è sufficiente ad integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell’amministratore formale la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell’amministratore di fatto. (Fattispecie relativa ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di fallimento per effetto di operazioni dolose di una società “cartiera”, in cui la prova del dolo dell’amministratore di diritto è stata desunta dalla dichiarata conoscenza della indisponibilità di un magazzino a fronte di un elevato fatturato). 

 

Cassazione penale sez. V, 06/07/2020, n.22486

La bancarotta documentale ed il reato tributario di occultamento o distruzione di documenti contabili concretizzano una ipotesi di concorso formale di reati e, ove processualmente trattati congiuntamente, non configurano alcuna possibile preclusione sostanziale in termini di violazione del divieto di bis in idem. Viceversa, laddove tali fattispecie, pur aventi lo stesso oggetto materiale, siano state trattate e giudicate separatamente, e sia per una di esse già intervenuta una sentenza definitiva, l’azione penale per l’altro e residuo reato non potrà essere esercitata e, ove ciò sia avvenuto, la medesima azione dovrà essere dichiarata improcedibile, mentre ove sia già intervenuta una condanna la stessa dovrà essere annullata in sede esecutiva.

 

Cassazione penale sez. V, 21/02/2020, n.21028

Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale anche quando la documentazione possa essere ricostruita “aliunde”, poiché la necessità di acquisire i dati documentali presso terzi costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da rendere, se non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari. (Fattispecie relativa alla fraudolenta esposizione di liquidità in conto cassa, a fronte di una acclarata situazione di dissesto, rilevata attraverso l’esame della documentazione bancaria).

 

Cassazione penale sez. V, 21/02/2020, n.14689

Soggetto attivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, anche nel caso di nomina di un amministratore giudiziario a seguito di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione delle quote e dell’azienda di una società, è l’amministratore di questa, in quanto il sequestro non comporta la modificazione del contratto di società o la sostituzione degli organi della persona giuridica, rivestendo l’amministratore giudiziario, ai sensi dell’art. 35, comma 5, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, il ruolo di mero custode dei beni sequestrati e non di legale rappresentante o nuovo amministratore della società oggetto di sequestro.

 

Cassazione penale sez. V, 11/02/2020, n.11752

Artifici contabili posti in essere dagli amministratori della società fallita intesi a stornare crediti vantati dalla medesima per iscriverli quali sopravvenienze passive non possono mai integrare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non venendo in alcun modo in essere in tale ipotesi una diminuzione, effettiva o fittizia, del patrimonio sociale.

 

Cassazione penale sez. V, 13/01/2020, n.5081

In tema di bancarotta documentale, la condotta di falsificazione delle scritture contabili prevista dalla prima parte dell’art. 216, comma 1 n.2, l. fall. può avere natura tanto materiale che ideologica, consistendo comunque nella manipolazione di una realtà contabile già definitivamente formata; diversamente, la bancarotta documentale “generica” prevista dalla seconda parte della norma si realizza sempre con una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come bancarotta documentale “generica” una condotta consistita nell’annotazione in contabilità di importi inferiori rispetto a quelli fatturati ed incassati, con conseguente occultamento dell’effettivo volume di affari).

 

Cassazione penale sez. V, 07/11/2019, n.18320

Integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali. (Fattispecie relativa all’occultamento ed omessa consegna della documentazione contabile da parte di un soggetto che aveva assunto la gestione di fatto della società dopo aver dismesso la carica formale di amministratore).

 

Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.77

In tema di reati fallimentari, l’articolo 216, comma, 1, numero 2, l. fall. configura due diverse ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. La prima consiste nella sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture ed è caratterizzata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto, profitto o di recare pregiudizio ai creditori. La seconda – cosiddetta “generale” – si configura quando la contabilità sia tenuta in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, ciò sia nel caso in cui detta impossibilità sia assoluta, sia quando essa semplicemente ostacoli (con difficoltà superabili solo con particolare diligenza) gli accertamenti da parte degli organi fallimentari. Avuto riguardo al versante soggettivo, questa seconda forma di bancarotta documentale è reato a dolo generico, che consiste nella consapevolezza, in capo all’agente, che, attraverso la volontaria tenuta della contabilità in maniera incompleta o confusa, possa risultare impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio o dell’andamento degli affari; è esclusa, di contro, l’esigenza che il dolo sia integrato dall’intenzione di impedire detta ricostruzione, in quanto la locuzione in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari connota la condotta – della quale costituisce una caratteristica – e non la volontà dell’agente, sicché è da respingere l’idea che essa richieda il dolo specifico.

Cassazione penale sez. V, 04/07/2019, n.37878

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, l.fall. Tale ragionamento può essere esteso alla bancarotta documentale semplice, dal momento che la norma punitiva utilizza le stesse nozioni cui è ancorata l’interpretazione citata.

 

Cassazione penale sez. V, 27/05/2019, n.34146

È configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella falsificazione del libro soci di una società a responsabilità limitata allorché tale condotta incida sulla ricostruzione del patrimonio e degli affari, volta a garantire gli interessi dei creditori. (Nella specie la Corte ha individuato il dolo specifico del reato in questione sia nello scopo di procurare a sé l’ingiusto profitto di andare esente dalla responsabilità illimitata di cui all’ art. 2462, comma 2, c.c., sottraendosi agli adempimenti di cui agli artt. 2464 e 2470 c.c., sia in quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo l’identificazione del socio unico).

 

Cassazione penale sez. V, 08/04/2019, n.32001

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ex articolo 216 comma 1 n. 2 della Legge fallimentare, prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico; e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il dolo generico. Pertanto, in caso di contestazione della prima ipotesi, ovvero sottrazione, distruzione od omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, è necessaria la dimostrazione del dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori. A ricordarlo è la Cassazione per la quale, nel caso di specie, il generico riferimento alla impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento di affari è un elemento estraneo alla fattispecie, che invece rientra nel raggio d’azione del dolo generico della seconda ipotesi.

 

Cassazione penale sez. V, 01/04/2019, n.19981

In particolare, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatore e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. In ogni caso occorre aver riguardo non già all’entità del passivo ed alla differenza fra attivo e passivo, bensì alla effettiva diminuzione patrimoniale cagionata ai creditori dai fatti di bancarotta dei quali l’imputato deve rispondere.

 

Cassazione penale sez. V, 05/03/2019, n.26379

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che, a fronte della contestazione di un’ipotesi di sottrazione o distruzione della contabilità, aveva affermato la responsabilità dell’imputato per la diversa ipotesi di concorso nell’omessa regolare tenuta delle scritture contabili, dando peraltro atto nella motivazione dell’assenza della prova di una “sia pur parziale tenuta delle scritture contabili”).

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34111

Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza.

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34112

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per poter fondare la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetta “testa di legno”), alla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano dalla accettazione della carica deve essere aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta, bensì effettiva e concreta, della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di farne emergere la strumentalità verso fini di pregiudizio in danno dei creditori: ciò che è imposto dal rispetto del principio costituzionale di colpevolezza. Infatti, se non è revocabile in dubbio che la carica di amministratore di diritto di una società conferisca alla persona che la ricopre doveri di vigilanza e controllo (sintetizzabili nella posizione di garanzia ex articolo 2392 del codice civile), la cui violazione comporta responsabilità penale a titolo di dolo generico, è pur vero che l’addebito di consapevole mancanza di condotta impeditiva del fatto illecito può muoversi soltanto quando la condotta omissiva sia stata accompagnata dalla rappresentazione della situazione anti-doverosa, onde legittimare la prefigurazione dei consequenziali eventi tipici del reato, o, nella prospettazione del dolo eventuale, l’accettazione del rischio del loro accadimento. Riconoscendo, invece, tout court la responsabilità dell’amministratore di diritto, per i fatti di dolosa manipolazione delle scritture o di volontaria, scorretta tenuta del compendio contabile commessi dall’amministratore di fatto si correrebbe il rischio di attentare al principio di personalità della responsabilità penale, ovvero traslare il dolo della bancarotta fraudolenta in un addebito a sfondo meramente colposo.

 

Cassazione penale sez. V, 22/02/2019, n.26613

In tema di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216, comma 1, n. 2, l. fall., il dolo generico deve essere desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l’elemento materiale del reato ed è comune alla diversa e meno grave fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall’art. 217, comma 2, l. fall.; né può essere dedotto dalla circostanza che l’imprenditore si sia reso irreperibile dopo il fallimento, costituendo detta condotta un “posterius” rispetto al fatto-reato. (Nella fattispecie, in cui l’imputata era stata assolta da una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la Corte ha evidenziato la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito residuo, la cui prova non poteva giovarsi della presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale).

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2019, n.10647

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico (nella specie, la Corte ha ritenuto necessario un nuovo esame per l’imputato che, avendo sottratto i libri e le altre scritture contabili dalla propria impresa individuale, era stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale senza però che venisse accertata la sussistenza del dolo specifico).

 

Cassazione penale sez. V, 08/02/2019, n.18271

Va annullata, perché inficiata dal vizio di mancata motivazione, la sentenza di merito che aveva condannato per il reato di bancarotta semplice documentale l’amministratore unico di una società fallita, escludendo la ricorrenza della causa di forza maggiore legata alla circostanza che la contestata omissione della tenuta delle scritture contabili si era verificata nel periodo in cui l’imputato era assoggettato a pretese estorsive di matrice mafiosa e aveva perso la disponibilità di accedere ai locali aziendali, senza tener conto del contenuto di una pronuncia con cui lo stesso, all’esito di un procedimento relativo a un fatto coevo e parimenti connesso alla gestione dell’impresa dove si configurava un reato tributario, era stato assolto per difetto dell’elemento soggettivo in ragione dello status di vittima di estorsione.

 

Cassazione penale sez. V, 03/12/2018, n.7888

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, l. fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. (In motivazione, la Corte ha osservato che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto).

 

Cassazione penale sez. V, 19/10/2018, n.53210

La bancarotta semplice documentale è punibile anche a titolo di colpa, a ciò non ostando il tenore dell’art. 42 cod. pen., che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di ‘previsione espressa’ non equivale a quella di ‘previsione esplicita’ e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita è desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 16/10/2018, n.54516

In tema di reati fallimentari, l’art. 220, comma 1, ultima parte, legge fall., sanzionando la violazione degli obblighi imposti dagli artt. 16, n. 3 e 49 legge fall., prevede due autonomi reati, dei quali solo il primo, integrato dall’omesso deposito delle scritture contabili, è assorbito dal reato di bancarotta fraudolenta documentale, mentre l’ulteriore reato di inosservanza dell’obbligo di comparizione personale del fallito davanti agli organi della procedura concorre con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, trattandosi di condotte distinte e lesive di interessi diversi, in quanto l’art. 49 legge fall. tutela l’interesse all’acquisizione di conoscenze di carattere generale e non meramente documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 11/10/2018, n.18912

In genere, per aversi bancarotta fraudolenta documentale non può mai intendersi sufficiente la mera colpa; per le ipotesi di tenuta delle scritture con modalità tali da non permettere la ricostruzione del movimento degli affari dell’impresa può essere sufficiente il dolo generico, non anche per i casi di sottrazione o distruzione (come pure di falsificazione).

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2900

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, l. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2), l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale , sez. V , 01/10/2018 , n. 53193

In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.

 

Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 1925

In materia fallimentare, la ricostruzione della documentazione contabile, attraverso il ricorso a una contabilità parallela in nero, creata per occultare condotte distrattive e di evasione di imposta, non esclude la bancarotta fraudolenta documentale. La necessità di acquisire i dati patrimoniali e finanziari dalla contabilità in nero è, infatti, la prova che la tenuta dei libri e delle altre scritture era tale da non rendere possibile un’affidabile ricostruzione del patrimonio o del movimento dì affari della società. A precisarlo è la Cassazione che ha respinto il ricorso dell’amministratore unico di una Srl dichiarata fallita e dl una sua collaboratrice per aver sottratto dalle casse sociali due milioni e 600mila euro e falsificato libri e scritture, creando una contabilità parallela e occulta. Per la Corte, in particolare, i semplici appunti, sia manoscritti che informatici, provenienti dall’imputato, specie se destinati a restare clandestini, non possono essere considerati scritture informali di supporto, ma solo documenti clandestini utilizzabili solo da chi, all’interno del gruppo, era a conoscenza dei ricavi in nero.

 

Cassazione penal , sez. V , 26/09/2018 , n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

 

Cassazione penale, sez. V , 05/07/2018 , n. 49499

Il comportamento postumo del terzo extraneus non configura il concorso con il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus; la condotta deve essere anteriore o concomitante. Ad affermarlo è la Cassazione che ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna emessa dai giudici di merito nei confronti di un commercialista a titolo di terzo extraneus nel delitto di bancarotta patrimoniale e documentale commesso dall’amministratore di due Srl. La condotta contestata, ovvero l’adoperarsi per ritardare la dichiarazione di fallimento, era però successiva a quella della manager, sicché per il professionista non può esservi partecipazione nel reato. Per i giudici di legittimità, infatti, l’individuazione del momento della consumazione del reato “non può portare alle estreme e fuorvianti conseguenze di considerare quale condotta di concorso in un atto distrattivo dell’intraneus un comportamento posto in essere dall’extraneus in modo autonomo, senza preventivo concerto e in un’epoca successiva alla condotta dell’intraneus nel frattempo già esaurita”.

 

Cassazione penale, sez. V , 19/06/2018 , n. 42568        

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’ art. 216, comma primo, n. 2, L. fall .

 

Cassazione penale, sez. V , 19/06/2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, nell’ipotesi di incorporazione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo la società incorporante, è possibile configurare i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico degli amministratori e dei concorrenti esterni della società incorporata anche in relazione a condotte illecite riguardanti quest’ultima e commesse prima della fusione, in quanto i rapporti giuridici facenti capo all’incorporata non si estinguono, ma si trasferiscono alla società incorporante.

 

Cassazione penale, sez. V , 15/03/2018 , n. 21920

La chiusura del fallimento conseguente all’esito positivo del concordato previsto dagli artt. 124 e seguenti della legge fallimentare non comporta l’estinzione dei reati fallimentari contestati (nella specie la bancarotta documentale fraudolenta) posto che, invece, l’indicata chiusura non rimuove la dichiarazione di insolvenza della società contenuta nella pronuncia del fallimento, che può essere annullata solo impugnando la stessa. (In motivazione, la Corte ha precisato che solo l’annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento determinerebbe l’insussistenza dei reati fallimentari per il mancato avveramento della condizione obiettiva di punibilità, costituita dalla predetta pronuncia).

 

Cassazione penale , sez. V , 13/02/2018 , n. 16744

In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall ., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.

 

Cassazione penal , sez. V , 13/11/2017 , n. 11049

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 2, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’ art. 10 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

 

Cassazione penale, sez. V , 28/06/2017 , n. 43966

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico.

Cassazione penale, sez. V , 20/06/2017 , n. 35591

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

 

La rassegna delle più rilevanti pronunce di legittimità sulla bancarotta fraudolenta preferenziale:

Cassazione penale sez. V, 21/06/2021, n.32930

In tema di reati fallimentari, mentre il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; viceversa, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale. L’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, infatti, in generale, può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni), versamento, quest’ultimo, che non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residua claimant.

 

Cassazione penale sez. V, 25/05/2021, n.32732

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore di una società a responsabilità limitata che disponga in favore suo o di altri amministratori il pagamento di somme loro spettanti a titolo di compenso ove tali compensi non siano stati deliberati dall’assemblea dei soci poichè, in tal caso, il credito è da considerarsi non effettivo.

Pur in presenza dell’impugnazione del solo imputato, la riqualificazione giuridica in un reato più grave dei medesimi fatti contestati può essere effettuata anche dal giudice di appello, alle condizioni che sia sufficientemente prevedibile la ridefinizione dell’accusa inizialmente formulata, che sia offerta alle parti la possibilità di contraddire sul punto e che rimanga ferma la pena irrogata (Fattispecie in cui la Corte di appello aveva riqualificato il fatto costituito dal pagamento di emolumenti all’amministratore nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e non già, come ritenuto dal giudice di primo grado e secondo l’originaria contestazione, nel meno grave reato di bancarotta preferenziale).

 

Cassazione penale sez. V, 04/05/2021, n.29874

Per la sussistenza del delitto di bancarotta preferenziale è necessario che i pagamenti cui si imputa la qualifica di preferenziali siano avvenuti allo scopo di favorire coloro che li hanno percepiti escludendo che gli stessi fossero invece diretti a consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale occorrente al reperimento della liquidità necessaria al pagamento degli altri creditori o comunque fossero stati eseguiti nella ragionevole convinzione di poter evitare il fallimento, sulla base delle condizioni in cui versava la società.

 

Cassazione penale sez. V, 12/02/2021, n.13062

Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale.

 

Cassazione penale sez. V, 20/11/2020, n.852

Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione), integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale.

 

Cassazione penale sez. fer., 13/08/2020, n.27132

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che si appropri di somme della società a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore di quest’ultima, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore. (Fattispecie in cui l’amministratore aveva prelevato somme ingenti e sproporzionate rispetto allo stato patrimoniale della società, pur avendo piena consapevolezza dello stato di dissesto della società).

 

Cassazione penale sez. V, 12/02/2020, n.14010

Configura il delitto di bancarotta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta del socio amministratore di una società di persone che prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti dal medesimo vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di elementi che ne consentano un’adeguata valutazione, atteso che il rapporto di immedesimazione organica che si instaura tra amministratore e società, segnatamente di persone (oltre che di capitali), non è assimilabile né ad un contratto d’opera né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che giustifichino di per sé il credito per il lavoro prestato, dovendo invece l’eventuale sussistenza, autonoma e parallela, di un tale rapporto essere verificata in concreto attraverso l’accertamento dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti all’immedesimazione organica.

 

Cassazione penale sez. V, 04/07/2019, n.42749

Commette il delitto di bancarotta fraudolenta l’amministratore di una società che emette obbligazioni a nome della società, senza lasciare traccia di esse nelle scritture contabili e nei bilanci sociali, ed incassi personalmente le somme versate, utilizzandole parzialmente anche per ripagare alcuni degli obbligazionisti medesimi. (In motivazione, la Corte ha, altresì, escluso che possa configurarsi la fattispecie di bancarotta preferenziale nella restituzione del capitale ad alcuni obbligazionisti, in quanto, non essendo le somme provento delle obbligazioni mai confluite nel patrimonio sociale, non è ipotizzabile alcuna violazione della “par condicio creditorum”).

 

Cassazione penale sez. V, 20/02/2019, n.25773

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che proceda al rimborso di finanziamenti da lui erogati in qualità di socio in violazione della regola della postergazione di cui all’art. 2467 c.c.

 

Cassazione penale , sez. V , 01/02/2019 , n. 8431

Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.

 

Cassazione penale, sez. V , 05/06/2018 , n. 54465

In tema di bancarotta preferenziale, l’elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, consistente nella volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalità non è ravvisabile allorchè il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi più che ragionevolmente perseguibile. (Fattispecie relativa ad erogazioni di denaro effettuate in favore di una società a cui erano stati affidati lavori edili in subappalto, in modo da ottenere dalla committente il pagamento dei lavori in corso d’opera e garantire così la sopravvivenza finanziaria della società amministrata dall’imputato).

 

Cassazione penale, sez. V , 16/04/2018 , n. 32637       

Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta preferenziale è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo, della cui esistenza l’imprenditore è onerato di fornire la prova, in difetto della quale ricorre un’ipotesi di distrazione dei beni e non di diseguale trattamento dei creditori.

 

Cassazione penale, sez. V , 12/04/2018 , n. 32378

Risponde del reato di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione il liquidatore che disponga in proprio favore il pagamento del compenso proporzionato alla quantità e alla qualità dell’attività prestata, ma in assenza di una corrispondente delibera societaria. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di bancarotta fraudolenta ricorre, invece, nel caso in cui l’amministratore si auto attribuisca un compenso sproporzionato all’attività svolta).

 

Cassazione penale, sez. V , 05/04/2018 , n. 34457

In materia di bancarotta tra società infragruppo, i pagamenti in favore della controllante non configurano il reato di bancarotta preferenziale e possono eventualmente essere ricondotti all’operatività del contratto cosiddetto di “cash pooling” – che consiste nell’accentrare in capo ad un unico soggetto giuridico l’amministrazione delle disponibilità finanziarie di un gruppo societario, operando tramite la gestione di un conto corrente unico sul quale vengono riversati i saldi dei conti correnti periferici di ciascuna consociata – solo qualora ricorra la formalizzazione di tale contratto di conto corrente intersocietario, con puntuale regolamentazione dei rapporti giuridici ed economici interni al gruppo. (Nella fattispecie, la Corte ha respinto i ricorsi degli imputati volti a ricondurre i pagamenti preferenziali nell’ambito del contratto di “cash pooling”, rilevando che dai documenti della società fallita non risultava alcun formale contratto di tal genere, ma solo una prassi del gruppo societario tesa alla gestione delle risorse finanziare del gruppo nella maniera più utile per affrontare situazioni di criticità economica comuni).

 

Cassazione penale, sez. V , 27/03/2018 , n. 27141

In tema di concorso nel reato di bancarotta preferenziale, il dolo dell’”extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell’”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento di uno dei creditori rispetto agli altri, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.

 

Cassazione penale, sez. V , 15/01/2018 , n. 3797

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria la violazione della “par condicio creditorum” che consiste nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori, sicché deve essere provata l’esistenza di altri crediti insoddisfatti per effetto del pagamento eseguito al creditore in via preferenziale, ma tale prova non può essere desunta sulla base del principio civilistico di “non contestazione”.

 

Cassazione penal, sez. V , 07/12/2017 , n. 15279

È fondata la doglianza che attiene alla mancanza di motivazione relativamente alla richiesta di qualificare l’elargizione della somma di denaro, corrispondente all’indennità di preavviso, in favore del direttore generale, come condotta di bancarotta preferenziale, per essere stato quest’ultimo inquadrato come lavoratore subordinato; atteso che, per affermata giurisprudenza della Corte di cassazione, risponde di bancarotta preferenziale, e non di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’amministratore che ottenga in pagamento di suoi crediti verso la società in dissesto, relativi a compensi e rimborsi spese, una somma congrua rispetto al lavoro prestato.

 

Cassazione penale, sez. V, 19/07/2017 , n. 49509

Commette il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale il socio amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti.

 

Cassazione penale sez. V, 23/02/2017, n.16111

Risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l’amministratore che, senza autorizzazione degli organi sociali, si ripaghi dei suoi crediti verso la società in dissesto relativi a compensi per il lavoro prestato, prelevando dalla cassa sociale una somma congrua rispetto a tale lavoro. Integra, invece, il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore di una società che effettui prelevamenti dalle casse sociali, provvedendo a determinare e a liquidare in proprio favore tali somme come compenso per l’attività svolta, senza nemmeno indicarne il titolo giustificativo (delibera assembleare o norma statutaria) e per di più in epoca di grave dissesto per la società (in applicazione di questo principio la Suprema corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice ha ritenuto integrato il reato di bancarotta per distrazione in una vicenda in cui il compenso agli amministratori era stato sì regolarmente deliberato dagli organi sociali, ma non era stato in alcun modo dimostrato che le somme percepite fossero congrue rispetto al lavoro svolto e, soprattutto, era stato provato che gli emolumenti erano stati liquidati in un periodo caratterizzato da un vertiginoso calo del fatturato e da un andamento sconfortante degli investimenti).

 

Art. 217 l.f. – Bancarotta semplice

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;

4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

 

La fattispecie: la norma sanziona le condotte di natura colposa offensive dell’integrità patrimoniale dell’impresa poste in essere dall’imprenditore dichiarato fallito.

Anche in questa ipotesi è possibile distinguere fra l’ipotesi di bancarotta semplice patrimoniale (comma 1) e documentale (comma 2). Anche tale fattispecie è prevista nella sua forma c.d. impropria dell’art. 224.

Soggetti attivi del reato sono l’imprenditore commerciale dichiarato fallito; i soci illimitatamente responsabili di s.n.c o s.a.s. dichiarate fallite, relativamente al loro patrimonio. Rispondono delle medesime pene, per le medesime condotte, gli amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori di società dichiarate fallite (c.d. bancarotta impropria art. 224, comma 1) e l’institore dell’imprenditore individuale dichiarato fallito (art. 227).

Elemento soggettivo: dolo o colpa.

Momento di consumazione: trattandosi di reato di pericolo, il delitto si consuma nel momento in cui viene posta in essere una delle condotte tipizzate.

Sanzione: reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale monocratico.

 Prescrizione: 6 anni.

Bancarotta semplice patrimoniale:

Elemento materiale: il reato di bancarotta semplice patrimoniale prevede varie fattispecie alternative:

(i) effettuazione di spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla condizione economica del fallito (condotta corrispondente a quella di dissipazione prevista dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale).

(ii) consumazione di una notevole parte del patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti (condotta assimilabile corrispondente a quella di dissipazione prevista dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale).

(iii) compimento di operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento.

(iv) causazione dell’aggravamento del dissesto per mancata richiesta di fallimento o per altra grave colpa.

(v) inadempimento di obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

Elemento soggettivo: dolo o colpa; secondo parte della dottrina è sufficiente la colpa solo con riferimento alle condotte di cui ai nn. 1,2,4.

Bancarotta semplice documentale:

Elemento materiale: la fattispecie di bancarotta semplice documentale è integrabile, alternativamente dalle condotte di omessa, irregolare o incompleta tenuta dei libri e delle scritture contabili prescritti dalla legge, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa.

Elemento soggettivo: dolo o colpa.

 

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di bancarotta semplice patrimoniale e documentale:

Cassazione penale sez. V, 22/09/2021, n.37459

L’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione, diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, in relazione alla quale l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie.

 

Cassazione penale sez. V, 25/01/2021, n.13059

In tema di bancarotta documentale, qualora sia assente o insufficiente l’accertamento in ordine allo scopo eventualmente propostosi dall’agente ed in ordine alla oggettiva finalizzazione di tale carenza, la mera mancanza dei libri e delle scritture contabili deve essere ricondotta alla ipotesi criminosa della bancarotta semplice.

 

Cassazione penale sez. V, 14/01/2021, n.12050

 

La disposizione di cui all’art. 217 l.fall., che punisce l’omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili, ricomprende in sé – come norma di più ampia portata la cui sanzione, più grave, esaurisce l’intero disvalore oggettivo e soggettivo delle condotte di riferimento – anche quella di cui agli artt. 220 e 16, n. 3 della medesima legge, in quanto, una volta accertata la mancata tenuta delle scritture, risulta inesigibile l’obbligo, da queste ultime norme penalmente sanzionato, di consegna delle stesse al curatore fallimentare.

 

Cassazione penale sez. V, 09/12/2020, n.11390

In tema di bancarotta semplice documentale, è estraneo al fatto tipico descritto dall’art. 217, comma 2, l. fall. il requisito dell’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, che costituisce, invece, l’evento della ipotesi di bancarotta fraudolenta per irregolare tenuta delle scritture contabili di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, l. fall.

 

Cassazione penale sez. V, 16/11/2020, n.3190

Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili di cui agli artt. 16, n. 3 e 220 l. fall. concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all’art. 217, comma 2, l. fall., quando la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione o mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta delle stesse in modo irregolare o incompleto ovvero tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2020, n.34292

Non ricorre l’ipotesi di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma primo, n. 2, legge fall., integrata da operazioni di manifesta imprudenza, ma la più grave ipotesi di bancarotta fraudolenta, nel caso di operazioni che abbiano comportato, in pressoché totale assenza di vantaggi, un notevole impegno economico-finanziario della società, dichiarata poco dopo fallita, atteso che le operazioni imprudenti, realizzate pur sempre nell’interesse dell’impresa, sono quelle in tutto o in parte aleatorie o frutto di scelte avventate, tali da rendere palese a prima vista che il rischio affrontato non è proporzionato alle possibilità di successo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva ravvisato il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in una operazione di “leveraged buy-out”, realizzata mediante il prelievo di rilevanti risorse da una società, già in stato di dissesto, per fornire all’acquirente le provviste finanziarie necessarie al pagamento delle quote ad un prezzo sovrastimato).

 

Cassazione penale sez. V, 21/09/2020, n.28848

In tema di bancarotta semplice, i sindaci di una società dichiarata fallita rispondono del reato di cui agli artt. 217, comma 1, n. 4, e 224 l. fall., per aver omesso di attivarsi per rimediare all’inerzia dell’amministratore che non abbia chiesto il fallimento in proprio della società, così aggravandone il dissesto, solo quando la situazione di insolvenza sia rilevabile dagli atti posti a loro disposizione, dovendo il giudice di merito verificare, mediante un giudizio controfattuale, se, qualora fossero state poste in essere le attività di impulso e controllo omesse, si sarebbe comunque realizzato l’aggravamento del dissesto.

 

Cassazione penale sez. V, 21/09/2020, n.27566

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice r.d. n. 267 del 1942, ex art. 217, comma 2, può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2) r.d. cit., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale sez. V, 19/12/2019, n.11311

In tema di bancarotta semplice, la convocazione dell’assemblea dei soci, ex art. 2482-bis, c.c., in presenza di una diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo per perdite, rientra tra gli “obblighi imposti dalla legge” la cui inosservanza può dar luogo a responsabilità penale dell’amministratore, ai sensi dell’art. 224, comma 1, n. 2, l. fall., quando costituisca causa o concausa del dissesto ovvero del suo aggravamento.

 

Cassazione penale sez. V, 13/12/2019, n.2727

Il giudice d’appello, che proceda a riqualificare “in bonam partem” la fattispecie addebitata all’imputato in altra che, a differenza della prima, consenta l’accesso alla causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., non è tenuto a motivare in ordine alle ragioni per cui non accede al proscioglimento per particolare tenuità del fatto, quando non vi sia stata una specifica richiesta in tal senso, neppure come opzione condizionata alla derubricazione nella fattispecie punita meno severamente. (Fattispecie in cui la Corte di appello aveva riformato la sentenza di primo grado riqualificando in bancarotta semplice il fatto originariamente contestato come bancarotta fraudolenta).

 

Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.51242

Le spese eccessive personali o per la famiglia compiute da un amministratore di una società di capitali possono integrare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e non quello di bancarotta semplice, in quanto la fattispecie di cui all’art. 217, comma 1, n. 1, l. fall. è da ritenersi applicabile al solo imprenditore individuale.

 

Cassazione penale sez. V, 19/09/2019, n.3221

Commette il delitto di bancarotta semplice il socio accomandatario e legale rappresentante di una società in accomandita semplice che, venuta meno la pluralità dei soci, non ricostituita nel termine di sei mesi, non tiene le scritture contabili o le tiene in modo irregolare, in quanto, nella situazione descritta, l’organizzazione sociale rimane in vita fino a quando non siano estinti i rapporti societari di debito e di credito verso i terzi, sopravvivendo di conseguenza ogni obbligo, compreso quello di curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili. 

 

Cassazione penale sez. V, 05/07/2019, n.44097

In tema di reati fallimentari, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta, anche relative a diverse fattispecie di cui agli artt. 216 e 217 l. fall., nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219, comma 2, n. 1, l. fall., disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 c.p.

Cassazione penale sez. V, 30/05/2019, n.27634

In tema di bancarotta semplice, l’aggravamento del dissesto punito dagli artt. 217, comma 1, n. 4 e 224 l. fall. deve consistere nel deterioramento, provocato per colpa grave o per la mancata richiesta di fallimento, della complessiva situazione economico-finanziaria dell’impresa fallita, non essendo sufficiente ad integrarlo l’aumento di alcune poste passive. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la decisione di condanna che aveva concentrato l’attenzione sul debito tributario e sui costi operativi accresciutisi per effetto della mancata richiesta di fallimento, senza considerare la progressiva riduzione delle perdite, il modesto utile e il sensibile risparmio dei costi per interessi bancari, risultanti dai bilanci depositati negli anni oggetto della contestazione).

 

Cassazione penale sez. V, 26/03/2019, n.21747

In tema di bancarotta semplice ex l. fall., art. 217, comma 1, n. 4), la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell’amministratore – anche di fatto – della società è punibile se dovuta a colpa grave, la quale può essere desunta non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, bensì in concreto da una provata e consapevole omissione.

 

Cassazione penale sez. V, 22/02/2019, n.26613

È configurabile il reato di bancarotta semplice e non quello di bancarotta fraudolenta in capo all’amministratore della società se le omissioni nelle scritture contabili riguardano periodi limitati e potrebbero essere solo il risultato di trascuratezza e non della volontà di rendere non ricostruibile il patrimonio e il movimento di affari. Inoltre, senza la prova della coscienza del danno ai creditori e delle conseguenze della condotta non può ipotizzarsi la fattispecie più grave della bancarotta fraudolenta. Ad affermarlo è la Cassazione accogliendo il ricorso dell’amministratrice e legale rappresentante di una Srl, condannata in appello per bancarotta fraudolenta documentale, per non aver consentito di ricostruire il patrimonio e il movimento di affari, compilando li libro assemblee senza rispettare l’ordine cronologico, aggiornando il libro bilancio solo parzialmente e il libro giornale in maniera confusa.

 

Cassazione penale sez. V, 22/01/2019, n.20514

In tema di bancarotta semplice documentale, l’obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra il reato, viene meno solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, indipendentemente dal fatto che manchino passività insolute, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela dell’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell’impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie.

 

Cassazione penale sez. V, 19/10/2018, n.53210

La bancarotta semplice documentale è punibile anche a titolo di colpa, a ciò non ostando il tenore dell’art. 42 cod. pen., che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di ‘previsione espressa’ non equivale a quella di ‘previsione esplicita’ e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita è desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2900

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, l. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2), l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale, sez.  , 01/10/2018 , n. 53193

In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illeicità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.

 

Cassazione penale sez. V 28/05/2018 n. 39009  

In tema di bancarotta semplice documentale, l’art. 217 l. fall . si applica anche al liquidatore della società che abbia omesso la tenuta dei libri e delle scritture contabili obbligatorie, oppure abbia provveduto in maniera irregolare o incompleta alla tenuta delle predette.

 

Cassazione penale sez. V  12/03/2018 n. 18108  

Nel reato di bancarotta semplice, la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell’amministratore (anche di fatto) della società è punibile se dovuta a colpa grave che può essere desunta, non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, ma. in concreto, da una provata e consapevole omissione.

 

Cassazione penale sez. V,  03/05/2017 n. 33878  

In tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili, previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta semplice.

 

Cassazione penale sez. V  03/05/2017 n. 33878  

Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ex art. 521 cod. proc. pen., la condanna per bancarotta documentale semplice dell’imputato di bancarotta documentale fraudolenta, non sussistendo tra il fatto originariamente contestato e quello ritenuto in sentenza un rapporto di radicale eterogeneità o incompatibilità né un “vulnus” al diritto di difesa, trattandosi di reato di minore gravità.

 

Cassazione penale sez. V 26/04/2017 n. 37910  

Sussiste il reato di bancarotta semplice documentale anche quando la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili non si protragga per l’intero triennio precedente alla dichiarazione di fallimento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato a carico dell’amministratore della società fallita che non aveva ricoperto la carica per l’intero triennio antecedente alla sentenza di fallimento).

 

Cassazione penale sez. V,  28/02/2017 n. 14846  

Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, previsto dall’art. 220 l. fall., concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2), l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all’art. 217, comma 2, l. fall., tutte le volte in cui la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

 

Cassazione penale sez. V, 25/11/2016 n. 5461  

L’oggetto del reato di bancarotta semplice documentale è rappresentato da qualsiasi scrittura la cui tenuta è obbligatoria, dovendosi ricomprendere tra queste anche quelle richiamate dal comma secondo dell’art. 2214 c.c., e cioè tutte le scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistente il reato in relazione ai “mastrini” delle spese di cassa – che rappresentano l’andamento della cassa contanti e sono elementi necessari alla sua comprensione – irritualmente tenuti nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento).

 

Art. 218 l.f. – Ricorso abusivo al credito

Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.

 

La fattispecie: la norma sanziona la condotta fraudolenta dei soggetti di cui al comma 1, i quali pongono in essere condotte dissimulatorie del dissesto economico o dello stato di insolvenza al fine di ricorrere al credito. L’art. 225 estende la punibilità anche agli amministratori e ai direttori generali di società dichiarate fallite, per le medesime condotte.

Elemento soggettivo: dolo generico.

Momento di consumazione: momento della dichiarazione di fallimento del soggetto attivo. 

Sanzione: reclusione da 6 mesi a 3 anni

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale monocratico.

Prescrizione: 6 anni.

 

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di ricorso abusivo al credito:

Cassazione penale sez. V, 14/07/2020, n.25224

Il reato di ricorso abusivo al credito richiede, per la sua configurabilità, che il soggetto al quale viene addebitato sia successivamente dichiarato fallito e, pertanto, il termine di prescrizione decorre dalla data della dichiarazione di fallimento.

 

Cassazione penale sez. V, 24/06/2019, n.36985

Tra le norme incriminatrici di cui agli artt. 218 l.fall. e 640 c.p. sussiste un rapporto di specialità che, ai sensi dell’art. 15 c.p., consente di individuare nella prima la disposizione prevalente. Difatti, il delitto di ricorso abusivo al credito ha un’oggettività giuridica più ampia di quello di truffa, atteso che il disvalore di questo delitto viene assorbito in quello del reato fallimentare che è volto a tutelare non solo il patrimonio del nuovo creditore ma anche quello dei creditori preesistenti e comunque ad evitare, nell’interesse pubblico dell’economia nazionale, che soggetti destinati al fallimento facciano ricorso al credito; proprio per tale ragione, il delitto di cui all’art. 218 si caratterizza per più elementi specializzanti rispetto alla truffa, ossia per la particolare qualità che deve rivestire il soggetto attivo e la necessità che alla condotta segua la sentenza dichiarativa di fallimento. Peraltro, anche prima che l’art. 32, comma 1, l. 28 dicembre 2005 n. 262 modificasse l’art. 218 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 non era possibile il concorso formale tra il delitto di ricorso abusivo al credito e quello di truffa, atteso che il citato art. 218 conteneva una clausola di riserva che rendeva applicabile il delitto fallimentare solo in via sussidiaria, nel caso in cui il fatto non costituisse un delitto più grave. Poiché il ricorso abusivo al credito era punito nel massimo con la pena di anni due di reclusione, mentre il massimo edittale della truffa era pari ad anni tre di reclusione, nel caso in cui il fatto fosse ricaduto sotto la previsione di entrambe le norme incriminatrici, doveva ritenersi configurabile il solo delitto di truffa.

 

Cassazione penale sez. V, 14/09/2017, n.50081

La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo (ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito), conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.

 

Cassazione penale, sez. V , 30/06/2016 , n. 46689

Il ricorso abusivo al credito di cui all’art. 218 l. fall. è reato di mera condotta e richiede che il credito sia stato ottenuto mediante dissimulazione ai danni dell’ignaro creditore, che può quindi assumere il ruolo di persona offesa, e si distingue dal reato di bancarotta impropria mediante operazioni dolose di cui all’art. 223, comma secondo, n. 2 l. fall. (operazioni consistite nell’ottenimento di crediti per mascherare lo stato di insolvenza dell’impresa) nel quale non è necessaria la dissimulazione, e l’operazione – avente rilevanza causale o concausale del dissesto o del suo aggravamento – può anche essere concordata con il creditore a conoscenza delle condizioni dell’impresa.

 

Cassazione penale, sez. V , 23/09/2014 , n. 44857

Il reato di ricorso abusivo al credito richiede che il soggetto al quale viene addebitato sia successivamente dichiarato fallito. Ne consegue che il termine di prescrizione decorre dalla data della dichiarazione di fallimento.

 

Cassazione penale, sez. V , 23/09/2014 , n. 44857

Il fallimento è presupposto necessario per configurare il reato di abusivo ricorso al credito, ovvero il reato che punisce chi continua a chiedere prestiti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza. Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto il fallimento di un imprenditore condizione necessaria per far scattare il reato, spostando così in avanti il termine della prescrizione, nonostante l’art. 218 l. fall. non faccia riferimento a tale necessità, dando invece un maggior peso al titolo del r.d. n. 267/1942 (capo I, titolo VI) “Reati commessi dal fallito”, dal quale si desume l’intenzione del legislatore di richiedere tale presupposto.

 

Art. 220 l.f. – Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito

È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all’art. 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l’esistenza di altri beni da comprendere nell’inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49.

Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.

 

La fattispecie: la norma censura le false dichiarazioni del fallito circa i propri creditori, dichiarando l’esistenza di creditori inesistenti o omettendone la dichiarazione nell’apposito elenco ovvero omettendo di dichiarare l’esistenza di altri beni nell’inventario. È sanzionata altresì l’inosservanza dell’obbligo di depositare bilanci e scritture contabili e fiscali obbligatorie e dell’elenco dei creditori entro 3 giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 16, comma 1 n. 3.

Elemento soggettivo: dolo generico nell’ipotesi di cui al comma 1; colpa nel caso di cui al comma 2.

Momento di consumazione: momento della dichiarazione di creditori inesistenti o dell’omessa indicazione di beni nell’apposito elenco nominativo.

Sanzione: reclusione da 6 mesi a 18 mesi; reclusione fino ad 1 anno nel caso di fatto colposo.

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale monocratico.

Prescrizione: 6 anni.

 

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito:

Cassazione penale sez. V, 12/05/2021, n.21712

Il reato di cui all’art. 216, comma 1, n. 1), l. fall., riguarda l’occultamento o la distrazione del bene. In tal senso va dunque ribadito che è esclusa la configurabilità di una distrazione in difetto di un effettivo distacco del bene dal patrimonio del fallito. Distacco che non necessariamente deve concretizzarsi in atti formali o risolversi nella giuridica estromissione del bene dal patrimonio, essendo sufficiente la sua destinazione ad uno scopo diverso da quello doveroso, ma che deve comunque risultare effettivo. Quanto alla condotta di occultamento, la stessa ricomprende qualsiasi condotta che comporti anche solo la temporanea indisponibilità di un bene attraverso il suo materiale nascondimento in grado di frapporre un ostacolo alla sua acquisizione da parte degli organi fallimentari, attentando così all’integrità della garanzia patrimoniale dei creditori, fermo restando che la mera omessa segnalazione della sua esistenza cui, ai sensi dell’art. 87, comma 3, l. fall. il fallito è tenuto, integra il diverso reato di cui all’art. 220 stessa legge.

 

Cassazione penale sez. V, 16/11/2020, n.3190

Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili di cui agli artt. 16, n. 3 e 220 l. fall. concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all’art. 217, comma 2, l. fall., quando la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione o mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta delle stesse in modo irregolare o incompleto ovvero tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

 

Cassazione penale sez. V, 14/02/2020, n.12929

Il delitto di omesso deposito di bilanci e scritture contabili e fiscali obbligatorie, previsto dagli artt. 220 e 16, comma 1, n. 3 l. fall., ha natura di reato omissivo proprio istantaneo, con effetti eventualmente permanenti, che si consuma all’atto dell’inadempimento dell’obbligo di deposito nei tempi previsti dalla legge.

Cassazione penale sez. V, 01/07/2019, n.37190

In tema di reati fallimentari, la fattispecie di cui agli artt. 49 e 220 l. fall. è un reato proprio che può essere commesso solo da chi, già dichiarato fallito, non si presenti a fornire informazioni o chiarimenti a seguito di una previa convocazione degli organi fallimentari. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato nel caso di mancata comparizione del soggetto poi dichiarato fallito alle udienze prefallimentari).

Cassazione penale sez. V, 15/05/2019, n.32867

In tema di reati fallimentari, la comunicazione dovuta al curatore da parte dell’imprenditore fallito o dell’amministratore del cambiamento di residenza o di domicilio non può essere surrogata dall’elezione di domicilio effettuata presso il difensore e dal contatto allacciato da quest’ultimo, invece del fallito, con gli organi della procedura, in quanto la finalità dell’art. 49 l. fall. è quella di assicurare la reperibilità personale del fallito perché questi possa rendere informazioni o chiarimenti funzionali alla gestione della procedura. (In motivazione, la Corte ha sottolineato il carattere eccezionale della previsione dell’art. 49, comma 3, l. fall. che consente al giudice, soltanto in caso di legittimo impedimento o per altro giustificato motivo, di autorizzare la comparizione del fallito per mezzo di un mandatario).

 

Cassazione penale sez. V, 16/10/2018, n.54516

In tema di reati fallimentari, l’art. 220, comma 1, ultima parte, legge fall., sanzionando la violazione degli obblighi imposti dagli artt. 16, n. 3 e 49 legge fall., prevede due autonomi reati, dei quali solo il primo, integrato dall’omesso deposito delle scritture contabili, è assorbito dal reato di bancarotta fraudolenta documentale, mentre l’ulteriore reato di inosservanza dell’obbligo di comparizione personale del fallito davanti agli organi della procedura concorre con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, trattandosi di condotte distinte e lesive di interessi diversi, in quanto l’art. 49 legge fall. tutela l’interesse all’acquisizione di conoscenze di carattere generale e non meramente documentale.

Cassazione penale sez. V, 13/02/2018, n.16744

In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.

 

Cassazione penale sez. V, 28/02/2017, n.14846

Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito del bilancio sociale alla data del fallimento, previsto dagli artt. 220 e 16 n. 3 l. fall., concorre con il reato di bancarotta semplice documentale, consistito nell’avere omesso di tenere il libro giornale e il libro degli inventari, trattandosi di fatti di reato aventi oggetto materiale diverso. Il secondo assorbe il primo quando si tratti di inosservanza dell’obbligo di deposito di scritture contabili che non siano state tenute.

 

Cassazione penale, sez. V , 13/01/2015 , n. 25154

In tema di reati fallimentari, è sufficientemente motivato il decreto di comparizione del fallito qualora la convocazione sia preordinata a richiedere chiarimenti in dipendenza del mancato deposito delle scritture contabili, con la conseguenza che qualora il fallito non vi ottemperi sussiste il reato di cui all’art. 220 l.fall. in relazione all’art. 49, comma secondo, l. fall.

 

Cassazione penale, sez. V , 17/02/2011 , n. 13550

La previsione di cui all’art. 217 l.fall., che punisce l’omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili, ricomprende in sé – come norma di più ampia portata la cui sanzione, più grave, esaurisce l’intero disvalore oggettivo e soggettivo delle condotte di riferimento – anche la previsione di cui agli art. 220 e 16, n. 3 della medesima legge, e ciò in quanto, una volta accertata la mancata tenuta delle scritture, risulta inesigibile l’obbligo, da queste ultime norme penalmente sanzionato, di consegna delle stesse al curatore fallimentare.

 

Art. 223 l.f. – Fatti di bancarotta fraudolenta

Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.

Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:

1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;

2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.

Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.

 

La fattispecie: la norma estende la punibilità per i fatti di cui all’art. 216 altresì ad i soggetti indicati al comma primo, nonché per le condotte indicate al comma 2 (c.d. bancarotta societaria).

Soggetti attivi sono gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società dichiarate fallite. 

Elemento soggettivo: dolo generico.

Momento di consumazione:

Art. 223 comma 1: trattandosi di reato di pericolo, il delitto si consuma nel momento in cui viene posta in essere una delle condotte tipizzate.

Art. 223 comma 2 n. 1: trattandosi di reato di danno con evento,  il delitto si consuma con la verificazione del dissesto della società.

Art 223 comma 2 n. 2: trattandosi di reato di danno, il delitto si consuma con la verificazione del fallimento della società.

Sanzione: pene previste dall’art. 216: reclusione da 3 a 10 anni in caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale; reclusione da 1 a 5 anni in caso di bancarotta fraudolenta preferenziale nell’ipotesi di cui al comma 1; reclusione da 3 a 10 anni nell’ipotesi di cui al comma 2.

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale collegiale.

Prescrizione: 10 anni per le ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, 15 anni se aggravate; 6 anni per la bancarotta preferenziale, 7 anni e 6 mesi se aggravata.

 

Art. 223 comma 1:

Elemento materiale: realizzazione delle condotte tipizzate dall’art. 216 (eccetto che per la condotta di fraudolenta tenuta delle scritture contabili, realizzabile solo dagli amministratori, e per i fatti di bancarotta preferenziale, realizzabili solo dagli amministratori e dai liquidatori).

Elemento soggettivo: dolo generico; dolo specifico nelle ipotesi di: esposizione o riconoscimento di passività inesistenti (fine di recare pregiudizio ai creditori); sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture contabili (fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori); fatti di bancarotta preferenziale (fine di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi).

Art 223 comma 2 n. 1:

Elemento materiale: realizzazione dei reati societari di cui al codice civile: false comunicazioni sociali; false comunicazioni sociali nelle società quotate; indebita restituzione dei conferimenti; illegale ripartizione degli utili e delle riserve; illecite operazioni sulle azioni o sulle quote sociali o della società controllante; operazioni in pregiudizio dei creditori; formazione fittizia del capitale; indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori; infedeltà patrimoniale.

La realizzazione di uno dei reati societari tipizzati deve cagionare il dissesto della società.

Elemento soggettivo: dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di cagionare il dissesto della società commettendo uno dei tipizzati reati societari.

Art. 223 comma 2 n. 2:

Elemento materiale: causazione del fallimento della società con dolo o per effetto di operazioni dolose.

Elemento soggettivo: dolo generico consistente nella coscienza e volontà di cagionare il fallimento della società.

Dolo diretto nel caso di causazione del fallimento della società con dolo; dolo eventuale nell’ipotesi di causazione del fallimento della società per effetto di operazioni dolose.

 

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di bancarotta fraudolenta impropria:

Cassazione penale sez. V, 19/10/2021, n.42218

Integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale la cessione di un ramo d’azienda “a prezzo vile” e senza accollo dei debiti da parte della cessionaria, anche se partecipata quasi per l’intero dalla cedente, in quanto l’operazione non realizza un automatico incremento del valore della partecipazione societaria in termini corrispondenti a quello del complesso aziendale ceduto, trattandosi di “asset” eterogenei, il cui valore dipende dalla situazione debitoria e dall’andamento della società partecipata.

 

Cassazione penale sez. V, 24/02/2021, n.24216

La circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità è applicabile, con interpretazione estensiva e sistemica, anche ai fatti di bancarotta impropria, considerato il rinvio operato dalla suddetta norma a tutte le fattispecie di bancarotta “propria” ed il richiamo integrale dell’art. 223, comma 2, legge fall. alle pene previste dall’art. 216 legge fall.

 

Cassazione penale sez. V, 08/01/2021, n.6350

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall. e quello di indebita compensazione di credito d’imposta, previsto dall’art.10-quater, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, non sussistendo tra le fattispecie un rapporto strutturale di specialità unilaterale ai sensi dell’art. 15 c.p.

 

Cassazione penale sez. , 17/12/2020, n.13383

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria prevista dal r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 223, comma 2, n. 2, non interrompono il nesso di causalità tra l’operazione dolosa e l’evento, costituito dal fallimento della società, né la preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all’art. 41 c.p., né il fatto che l’operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l’aggravamento di un dissesto già in atto, poiché la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella di dissesto, la quale ha natura economica ed implica un fenomeno in sé reversibile; sussiste il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale anche in presenza di un’iniziativa economica in sé legittima, che si riferisca ad una impresa in stato pre-fallimentare, producendo riflessi negativi per i creditori (fattispecie relativa al fallimento cagionato attraverso operazioni dolose, incentrate su un contratto d’affitto d’azienda tra due società; a detta della Corte, i giudici del merito avrebbe dovuto procedere ad una rigorosa verifica della conformità della richiamata operazione di affitto d’azienda agli interessi economici della società fallita e dell’incidenza di tale operazione sulla possibilità per l’anzidetta compagine sociale di continuare a svolgere la sua attività).

 

Cassazione penale sez. V, 04/12/2020, n.2517

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria da reato societario ex art. 2634 c.c. è necessario che gli atti di frode ai creditori siano espressione del potere di amministrazione, sia pure esercitato in una situazione di conflitto con l’interesse della società e con le finalità descritte dalla norma, mentre, invece, deve ritenersi sussistente il diverso reato di cui all’art. 223, comma 1, l. fall. quando siano realizzati atti di disposizione dei beni societari caratterizzati, secondo una valutazione “ex ante”, da manifesta ed intrinseca fraudolenza, in assenza di qualsiasi interesse per la società amministrata.

 

Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930

In caso di contestazione alternativa, la decisione che prescelga una delle qualificazioni giuridiche del medesimo fatto proposte, definisce un solo capo della sentenza e non dà luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato esclusa, né ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione, la formulazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame. (Fattispecie relativa alla contestazione in via alternativa del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose causative del dissesto).

 

Cassazione penale sez. V, 27/02/2020, n.13284

I principi cristallizzati nell’art. 2634 c.c. debbono trovare applicazione non solo nell’ambito della bancarotta da reato societario, ma altresì con riguardo a quella impropria patrimoniale al fine di determinare il carattere distrattivo o dissipativo di un’operazione infragruppo. In tal senso, nel valutare come distrattiva un’operazione di diminuzione patrimoniale senza apparente corrispettivo per una delle società collegate, occorre tenere conto del rapporto di gruppo, perché il reato resta escluso se i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente sfavorevoli, sì da rendere l’operazione stessa incapace di incidere negativamente sulle ragioni dei creditori della società fallita. II vantaggio compensativo derivante alla società fallita dall’operazione infragruppo per la stessa sfavorevole nell’immediato non può peraltro coincidere con la mera partecipazione al gruppo, né può identificarsi con la generica utilità ritratta da quest’ultimo o con quello ricavato dalla società controllante. In altri termini, il difetto di tipicità della condotta non può in alcun modo derivare dal mero sacrificio imposto al patrimonio di una componente del gruppo al fine di assicurare la continuità di quest’ultimo o di altre sue componenti, a meno che non si dimostri – e il relativo onere grava per cui grava su chi invochi l’applicazione dell’art. 2634 comma 3 c.c. – che tale risultato si sia tradotto o sia fondatamente destinato a tradursi concretamente (e non solo in termini astratti) in un vantaggio, ancorché indiretto, in  grado quantomeno di corrispondere il suddetto sacrificio. 

 

Cassazione penale sez. V, 12/12/2019, n.10995

Il fallimento per effetto di operazioni dolose implica la commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero di atti intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della impresa e che postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo – distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione – bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato.

 

Cassazione penale sez. II, 04/07/2019, n.44198

In caso di fallimento, la distrazione di beni sociali, se vale ad integrare — sul piano oggettivo — il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale (semplice o c.d. impropria, di cui rispettivamente agli artt. 216, comma 1, n. 1 e 223, comma 1 l. fall.), non realizza al contempo la condotta di autoriciclaggio di cui all’art. 648-ter.1 c.p., in assenza di condotte concretamente idonee ad ostacolare l’origine delittuosa dei medesimi beni.

 

Cassazione penale sez. V, 05/04/2019, n.30735

Integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose previsto dall’art. 223, secondo comma, n. 2), legge fall., l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario e con quello previdenziale in ragione della diversità sia dei beni tutelati sia della struttura dei reati.

 

Cassazione penale sez. V, 15/02/2019, n.22488

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall., possono consistere anche nella compensazione dell’ingente esposizione debitoria della società nei confronti del fisco con crediti inesistenti, in quanto siffatta operazione, comportando l’azzeramento meramente formale dei debiti, consente alla società di operare e contribuisce, in modo prevedibile, ad aggravare il dissesto della stessa determinando il maturarsi di ulteriori debiti con il fisco.

 

Cassazione penale sez. V, 19/09/2018, n.49506

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2 l. fall., diverse da quelle integranti una condotta distrattiva, possono consistere anche nell’aver omesso, in presenza di una riduzione del capitale sociale al di sotto della soglia di minimo legale, di convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo, o la trasformazione della società secondo quanto imposto dall’art. 2447 c.c.

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2018, n.24752

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali.

 

Cassazione penal , sez. I , 09/03/2018 , n. 14783

Nel caso di fallimento di società di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione ovvero di un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria è configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della società come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attività illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attività.

 

Cassazione penale , sez. V , 29/01/2018 , n. 18089

In materia di reati fallimentari, non sussiste la possibilità di ritenere assorbito il reato di insolvenza fraudolenta e quello di bancarotta impropria se i fatti che sono alla base delle imputazioni sono diversi. Non può sostenersi, infatti, che vi sia identità delle condotte se manca la corrispondenza storico naturalistica. Ad affermarlo è la Cassazione che respinge il ricorso dell’imputato contro la sentenza della corte d’appello che aveva negato la possibilità di assorbire il reato di insolvenza fraudolenta in quello di bancarotta impropria. Per la Corte però nella fattispecie non c’è ne bis in idem, in quanto manca l’identità tra le due condotte che scatta quando c’è una “corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo di luogo e di persona”.

 

Cassazione penale, sez. V , 29/01/2018 , n. 18089

Il delitto di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2, n. 2, l.fall . può concorrere con quello di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. qualora la condotta di acquisizione di obbligazioni con il proposito di non adempierle si collochi storicamente solo come antefatto di una serie di più complesse operazioni fraudolente finalizzate a causare (od aggravare) il dissesto della società fallita.

 

Cassazione penale sez. fer., 10/08/2017, n.52433       

L’art. 223, comma 2, n. 2, legge fallimentare comprende due ipotesi autonome che, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre da quello soggettivo vanno tenute distinte perché, nella causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio dello stesso, pertanto la prima fattispecie è a dolo specifico mentre la seconda è a dolo generico.

 

Cassazione penale, sez. V , 07/12/2017 , n. 11956

In tema di bancarotta fraudolenta impropria, integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, previsto dall’ art. 223, comma 2, n. 2, l. fall ., il meccanismo di frode fiscale realizzato attraverso la formazione e l’utilizzazione, mediante annotazione nella contabilità, di fatture per operazioni inesistenti, quando le sanzioni conseguenti all’accertamento ed alla contestazione dell’illecito fiscale abbiano determinato la situazione di dissesto della società.

 

Cassazione penale , sez. V , 14/09/2017 , n. 50081

La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo (ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito), conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.

 

Cassazione penale , sez. V , 24/03/2017 , n. 17819

La condotta consistente nella vendita sottocosto di un cespite conferito nel capitale sociale, con acquisizione di liquidità per la società e contestuale vantaggio (anche solo indiretto) dell’amministratore di questa, può integrare infedeltà patrimoniale, ex art. 2634 c.c., ma perché tale condotta venga qualificata come bancarotta fraudolenta impropria, ex art. 223, comma 2, n. 1) l. fall., deve aver cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società.

Cassazione penale , sez. V , 14/10/2016 , n. 533

Non è configurabile il concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, l. fall., che deve considerarsi assorbito nel primo quando l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta.

 

Cassazione penale , sez. V , 04/10/2016 , n. 47683

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, l. fall. (In motivazione, la Corte ha precisato che, invece, eventuali omissioni nei bilanci, sussistendone i presupposti, possono integrare solo la fattispecie di bancarotta impropria da reato societario).

 

Bancarotta post-fallimentare

Bancarotta fraudolenta patrimoniale post fallimentare

Art. 216 Legge Fallimentare

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

Nella bancarotta post fallimentare la sentenza dichiarativa del fallimento rappresenta il presupposto della condotta.

Nella bancarotta patrimoniale post fallimentare, il bene giuridico tutelato non è più la funzione di garanzia del patrimonio dell’imprenditore, bensì l’integrità dell’attivo fallimentare, nel quale confluisce l’intero patrimonio del fallito.

Oggetto della bancarotta post fallimentare sono esclusivamente i beni pervenuti al fallito dopo la dichiarazione di fallimento e in pendenza della procedura fallimentare (i quali entrano a far parte ipso iure dell’attivo fallimentare).

 

Art. 46 Legge fall – Beni non compresi nel fallimento

Non sono compresi nel fallimento:

1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;

2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;

3) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall’articolo 170 del codice civile;

[ 4) i frutti dei beni costituiti in dote e i crediti dotati, salvo quanto è disposto dall’art. 188 del codice civile;]

5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

I limiti previsti nel primo comma, n. 2), sono fissati con decreto motivato del giudice delegato che deve tener conto della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia.

 

Ai sensi dell’art. 46 Legge fallimentare il reato di bancarotta post – fallimentare sussiste esclusivamente in riferimento ai guadagni conseguiti dal fallito che eccedano i limiti di cui alla norma, a prescindere dalla relativa previa determinazione da parte del giudice delegato – in assenza della quale, procede incidentalmente il giudice penale.

 

Bancarotta fraudolenta documentale post – fallimentare

Art. 216 Legge Fallimentare

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

La fattispecie di bancarotta documentale post fallimentare si configura esclusivamente con riferimento alla condotta di sottrazione o falsificazione dei libri e delle scritture contabili (non anche quelle di tenuta dei documenti contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, poiché dopo la dichiarazione di fallimento l’amministratore fallito non tiene più la contabilità.

 

Bancarotta fraudolenta preferenziale post – fallimentare

Art. 216 Legge Fallimentare

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

Integra bancarotta preferenziale post fallimentare qualunque pagamento o simulazione dei titoli di prelazione effettuati dal fallito durante la procedura fallimentare, a vantaggio di un creditore concorsuale.

 

Rassegna della giurisprudenza di legittimità in tema di bancarotta post -fallimentare:

Cassazione penale sez. V, 31/03/2021, n.26501

In tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-fallimentare, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’ “intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza dell’intervenuta dichiarazione di fallimento.

 

Cassazione penale sez. V, 24/01/2020, n.15650

Il trattenimento da parte del fallito dei proventi della attività lavorativa esercitata successivamente alla dichiarazione di fallimento integra il delitto di bancarotta post-fallimentare solo per la parte di guadagno effettivo – calcolato detraendo i costi sostenuti dai ricavi conseguiti nella gestione della nuova attività – che ecceda i redditi necessari per il mantenimento suo e della propria famiglia di cui all’art. 46, comma 1, n. 2, l. fall., nei limiti determinati dal giudice delegato o, in mancanza, accertati incidentalmente dal giudice penale.

 

Cassazione penale sez. V, 19/06/2017, n.44398

La condotta di distrazione disciplinata all’art. 216 della legge fallimentare ha natura residuale e ricomprende tutte le condotte tese a sviare i beni dell’impresa fallita dalla loro funzione che è la garanzia dei crediti vantati dal ceto creditorio (nella specie, gli imputati avevano utilizzato i beni del fallimento sottoposti a curatela fallimentare senza alcuna autorizzazione).

 

Cassazione penale sez. V, 24/02/2016, n.16128

In tema di bancarotta post-fallimentare, l’elemento soggettivo del reato può anche prescindere dalla dimostrazione dell’avvenuto deposito della sentenza dichiarativa di fallimento, laddove sia comunque ravvisabile il dolo generico della bancarotta ordinaria.

 

Cassazione penale sez. V, 07/07/2015, n.50289

Il decreto di ammissione al concordato preventivo è da equipararsi alla sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto anch’esso presuppone l’accertamento dello stato di insolvenza della società. Da ciò deriva, dunque, che l’uscita non autorizzata di somme dalle disponibilità di una società ammessa al concordato preventivo, è da ritenersi sostanzialmente assimilabile alle condotte che oggettivamente integrano la fattispecie di bancarotta fraudolenta post fallimentare. Si deve pertanto fare riferimento alla dato del decreto di ammissione al concordato preventivo per valutare le eventuali restituzioni effettuate al fine di escludere la rilevanza penale delle condotte distrattive.

 

Cassazione penale sez. V, 16/01/2015, n.15951

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-fallimentare impropria, la condotta distrattiva, non potendo essere compiuta interamente dall’amministratore, ad eccezione dei casi in cui la disponibilità dei beni dell’impresa fallita è conservata dallo stesso, si manifesta, di regola, nella forma del concorso di persone nel reato, poiché è necessario il contributo dei soggetti che, in quanto titolari di funzioni nella procedura concorsuale, sono in grado di adottare gli atti dispositivi dei beni del fallimento o di consentire il compimento della azioni distruttive. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva affermato il concorso nel reato dell’amministratore della società fallita, del curatore fallimentare e del giudice delegato, in relazione ad una transazione, autorizzata da quest’ultimo, con la quale, realizzandosi effetti pregiudizievoli per i creditori, erano state alienate l’azienda e gli immobili dell’impresa a due società gestite dallo stesso amministratore della fallita).

 

Cassazione penale sez. V, 09/12/2014, n.17084

In tema di bancarotta fraudolenta documentale post-fallimentare per falsificazione, oggetto della falsificazione può essere sia il documento da annotare nella scrittura contabile dell’impresa sia l’atto formato posteriormente e finalizzato a giustificare una falsa annotazione già compiuta ed a rafforzarne la portata illecita, quale ostacolo alla ricostruzione del patrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al reato in esame la formazione di un contratto ideologicamente falso di vendita finalizzato a supportare una falsa fattura già precedentemente annotata in contabilità e relativa alla vendita di quello stesso bene).

 

Cassazione penale sez. V, 19/03/2013, n.24493

Il trattenimento da parte del fallito dei proventi della sua attività lavorativa integra il reato di bancarotta postfallimentare esclusivamente per la parte di guadagno che ecceda i limiti di cui all’art. 46 l. fall. anche a prescindere dal fatto che questi non siano stati previamente determinati dal giudice delegato al fallimento, nel qual caso a tale determinazione deve procedere incidentalmente il giudice penale.

 

Cassazione penale sez. V, 21/01/2011, n.18565

Il momento consumativo del delitto di bancarotta fraudolenta postfallimentare non è segnato dalla declaratoria del fallimento ma coincide con quello in cui vengono poste in essere le condotte integranti il fatto tipico, dalla cui consumazione iniziano dunque a decorrere i termini di prescrizione del reato.

 

Cassazione penale sez. V, 09/03/2010, n.16606

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale post fallimentare la condotta di colui che dopo essere stato dichiarato fallito intraprenda una nuova attività dalla quale tragga ricavi consistenti e, comunque, eccedenti i redditi necessari per il mantenimento proprio e della propria famiglia, omettendo di conferirli a favore della procedura concorsuale in corso in violazione dell’art. 46 l. fall.

 

Cassazione penale sez. V, 17/03/2004, n.38244

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta postfallimentare, spetta al prudente apprezzamento del giudice penale fissare la quota dei proventi necessari al mantenimento del fallito o della sua famiglia, che non deve essere conferita al fallimento. I parametri cui il giudice a tal fine deve fare riferimento non sono le esigenze meramente alimentari, bensì quelle correlate ai presupposti che costituiscano incentivo all’impegno del fallito in attività produttive e reddituali che lo sottraggano dal ricorrere al sussidio alimentare.

 

Cassazione penale sez. V, 01/12/2000, n.12531

L’unica ipotesi non configurabile di bancarotta fraudolenta postfallimentare è quella di “aver tenuto i libri e le scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari” poiché “tenere le scritture contabili” in maniera regolare è un comportamento che deve avvenire necessariamente durante l’esercizio dell’impresa.

 

Art. 232 l.f. – Domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso con il fallito

È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 51 a euro 516, chiunque, fuori dei casi di concorso in bancarotta, anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato.

Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:

1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito;

2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell’imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica.

La pena, nei casi previsti ai numeri 1 e 2, è aumentata se l’acquirente è un imprenditore che esercita un’attività commerciale.

 

La fattispecie: la norma, al fine di rafforzare ulteriormente le tutele dei creditori, garantisce un regolare svolgimento della procedura concorsuale, sanzionando, al primo comma, le condotte di simulazione fraudolenta del credito. Ai commi secondo e terzo, invece, sono sanzionate le condotte di ricettazione fallimentare e prefallimentare, reato che si perfeziona solo in caso di assenza di un preventivo accordo fra l’extraneus e il fallito.

Elemento soggettivo: dolo generico.

Momento di consumazione: il delitto si consuma al momento della presentazione della domanda di ammissione al passivo nell’ipotesi di cui al comma 1; al momento della realizzazione di una delle condotte di cui al comma 3 nn. 1, 2.

Sanzione: reclusione da 1 a 5 anni e multa da € 51 ad € 516 nell’ipotesi di cui al comma 1; pena ridotta della metà nel caso di cui al comma 2; reclusione da 1 a 5 anni nelle ipotesi di cui al comma 3 nn. 1, 2; aumento della pena nel caso di cui all’ultimo comma.

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale monocratico.

Prescrizione: 6 anni.

 

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso con il fallito:

Cassazione penale sez. V, 22/07/2020, n.25836

Sussiste concorso apparente di norme tra il reato di presentazione di una domanda di ammissione al passivo di un credito fraudolentemente simulato (art. 232, comma 1, l. fall.) e quello di truffa di cui all’art. 640 c.p. (Fattispecie in cui la simulazione del credito ammesso al passivo, liquidato dagli organi dell’amministrazione straordinaria, era stata realizzata mediante una serie di fittizie cessioni originate da un avente causa irreperibile o deceduto).

 

 Cassazione penale sez. V, 27/03/2018, n.27165

Ai fini della consumazione del delitto di cui all’art. 232, comma 1, legge fall., è necessaria la presentazione di una domanda di ammissione al passivo fallimentare che abbia i requisiti di ammissibilità previsti dall’art. 93, legge fall. e che sia altresì corredata dalla documentazione giustificativa del credito vantato, idonea a perfezionare l’inganno, mentre rimane penalmente irrilevante la mera presentazione di una domanda di insinuazione contenente una semplice “dichiarazione”, sprovvista di qualsivoglia documentazione del credito preteso.

 

Cassazione penale sez. V, 18/07/2017, n.43101

La circostanza aggravante di cui all’art. 232, comma 4, legge fall., relativa alla c.d. ricettazione prefallimentare, è applicabile anche all’imprenditore che eserciti un’attività commerciale in forma collettiva o societaria e, ai fini della sua integrazione, rileva non ciascuna singola condotta naturalistica di ricezione delle merci o dei beni dell’imprenditore in dissesto, bensì il disegno complessivo entro cui tali condotte si inseriscono, in funzione di un collegamento ideativo-esecutivo finalizzato a realizzare un’unitaria operazione distrattiva.

 

Art. 233 l.f. – Mercato di voto

Il creditore che stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.

La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate.

La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell’interesse del fallito.

 

La fattispecie: la norma sanziona le condotte atte a falsare o turbare le operazioni di voto dei creditori ponendosi a tutela dei creditori dell’impresa, nell’ambito della procedura del concordato preventivo, contro il rischio che la volontà della maggioranza all’interno del comitato dei creditori possa essere “corrotta” da fattori estranei alla proposta del debitore.

Elemento soggettivo: dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di realizzare il fatto tipico (stipulazione di vantaggi a proprio favore per dare il voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori).

Momento di consumazione: momento della stipulazione di vantaggi in cambio di voti.

Sanzione: reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa non inferiore ad € 103. 

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: tribunale monocratico. 

Prescrizione: 6 anni.

 

Art. 234 l.f. – Esercizio abusivo di attività commerciale

Chiunque esercita un’impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a euro 103.

 

La fattispecie: la norma sanziona l’esercizio di attività commerciale in violazione del provvedimento giudiziario di inabilitazione quale pena accessoria alla pena principale conseguente a condanna penale. 

Elemento soggettivo: dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di esercitare un’impresa commerciale nonostante lo stato di inabilitazione.

Momento di consumazione: momento di inizio dell’esercizio dell’impresa commerciale 

Sanzione: reclusione fino a 2 anni e multa non inferiore ad € 103.  

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale collegiale: 

Prescrizione: 6 anni.

 

Art. 236 l.f. – Concordato preventivo e accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria e amministrazione controllata 

È punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il consenso degli intermediari finanziari alla sottoscrizione della convenzione di moratoria o di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti.

Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano:

1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società;

2) la disposizione dell’art. 227 agli institori dell’imprenditore;

3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 e al commissario del concordato preventivo o dell’amministrazione controllata;

4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.

Nel caso di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa o di convenzione di moratoria, nonché nel caso di omologazione di accordi di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis quarto comma, terzo e quarto periodo, si applicano le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4) .

 

La fattispecie: la norma punisce la condotta dell’imprenditore individuale il quale abbia fatto apparire nella propria situazione patrimoniale delle poste attive inesistenti al fine di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo, di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il consenso di tali intermediari alla sottoscrizione della convenzione di moratoria, ovvero abbia simulato crediti vantati da terzi nei suoi confronti al fine di alterare la corretta formazione della maggioranza.

Elemento soggettivo: dolo specifico, consistente nel fine di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il loro consenso alla sottoscrizione della convenzione di moratoria.

Momento di consumazione: momento in cui l’agente si attribuisce attività inesistenti ovvero simula crediti inesistenti.

Sanzione: reclusione da 1 a 5 anni

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale monocratico.

Prescrizione: 6 anni.

 

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di concordato preventivo e accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria:

Cassazione penale sez. V, 10/07/2018, n.42591

Soggetto attivo dalle condotte criminose indicate nel primo comma dell’art. 236 legge fallimentare è solo l’imprenditore individuale e non anche i titolari di funzioni organiche nelle imprese sociali, quali amministratori e soci illimitatamente irresponsabili di una società in nome collettivo (In motivazione la Corte ha precisato che l’ampliamento in via interpretativa dell’ambito applicativo della norma a soggetti non indicati dalla stessa configurerebbe violazione del divieto di analogia “in malam partem”).

 

Cassazione penale sez. V, 15/06/2018, n.39517

Le innovazioni normative degli aspetti civilistici dell’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale, di cui all’articolo 186-bis della legge fallimentare, a seguito delle modifiche introdotte nel 2012, non sono modificazioni della norma extra-penale integratrice del precetto sulla simulazione dei crediti, condotte distruttive, di cui all’articolo 236 della legge fallimentare, che si applica anche in riferimento al concordato preventivo con continuità dell’attività di impresa. Ad affermarlo è la Cassazione per la quale il reato previsto in materia di concordato preventivo e accordo di ristrutturazione del debito vale anche nel caso di concordato con continuità aziendale. Respinta, dunque, la tesi della difesa che invocava un diverso regime penale per l’ipotesi di concordato in continuità. Per la Corte esiste sì una distinzione, ma è valida solo sul piano civilistico per assicurare la prosecuzione dell’attività imprenditoriale.

 

Cassazione penale , sez. V , 19/10/2016 , n. 51277

L’elenco dei soggetti attivi dei delitti di bancarotta fraudolenta di cui all’art. 236 l. fall. è tassativo: non è punibile il liquidatore giudiziale nominato nel concordato preventivo con cessione di beni per non essere espressamente menzionato dalla norma, ma resta la previsione di responsabilità per gli altri soggetti elencati non solo per i fatti antecedenti all’ammissione al concordato, ma anche per quelli successivi.

 

Cassazione penale , sez. V , 28/05/2014 , n. 26444

In tema di reati fallimentari, le condotte distrattive poste in essere prima dell’ammissione al concordato preventivo rientrano, anche nel caso in cui la società non sia poi dichiarata fallita, nell’ambito previsionale dell’art. 236, comma 2, l. fall. il quale, in virtù dell’espresso richiamo all’art. 223 l. fall., punisce i fatti di bancarotta previsti dall’art. 236 l. fall., commessi da amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società fallite.

 

Art. 236 bis l.f. – Falso in attestazioni e relazioni

È punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il consenso degli intermediari finanziari alla sottoscrizione della convenzione di moratoria o di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti.

Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano:

1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società;

2) la disposizione dell’art. 227 agli institori dell’imprenditore;

3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 e al commissario del concordato preventivo o dell’amministrazione controllata;

4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.

Nel caso di accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria, si applicano le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4).

La fattispecie: la norma sanziona le falsità ideologiche commesse dal privato professionista nella formazione degli atti di cui agli articoli indicati nella disposizione ed in particolare, con riferimento a condotte di esposizione di informazioni false o omissione di informazioni rilevanti.

Elemento soggettivo: dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di esporre informazioni false ovvero di omettere di riferire informazioni rilevanti nelle relazioni ed attestazioni.

Momento di consumazione: momento in cui il soggetto agente pone in essere la condotta tipizzata (esposizione del falso, omissione di informazioni rilevanti).

Sanzione: reclusione da 2 a 5 anni e multa da € 50.000 ad € 100.000. 

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale monocratico.

Prescrizione: 6 anni.

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di falso in attestazioni o relazioni:

Cassazione penale sez. V, 15/06/2018, n.39517

Non viola il divieto di estensione analogica in malam partem la configurabilità del reato di cui all’art. 236 l. fall. anche nell’ipotesi di concordato preventivo con continuità aziendale, previsto dall’art. 186-bis l. fall. (introdotto dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134), poiché tale ultima disposizione normativa non ha disciplinato una nuova figura di concordato ma si è limitata a tipizzare una procedura già concretamente esistente nella prassi.

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2018, n.16759

In tema di falsità ideologica compiuta da persona esercente un servizio di pubblica necessità nell’attestazione della veridicità dei dati presentati per l’ammissione al concordato preventivo, la punibilità ai sensi dell’art. 481 c.p. della condotta da questi compiuta in un periodo antecedente all’introduzione dell’art. 236-bis l. fall. non viola il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole. In questo senso, l’introduzione della specifica fattispecie incriminatrice in materia fallimentare non implica l’irrilevanza penale della precedente condotta di falso ideologico.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA