Le esigenze del commercialista di ricevere i pagamenti dai clienti e di retribuire i propri collaboratori non rientrano tra quelle minime di vita che possono limitare l’esecuzione del sequestro preventivo sul conto corrente del professionista.
Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 795/2022, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in sede cautelare reale in materia di reati tributari, si è soffermata sul sensibile tema della esistenza o meno di limiti alla esecuzione del sequestro funzionale alla confisca per equivalente sul patrimonio della persona sottoposta ad indagine che subisce gli effetti della misura.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, dopo aver enunciato il principio di diritto secondo il quale possono essere previsti limiti al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per valore al fine di salvaguardare le esigenze di vita minime del lavoratore autonomo (imprenditore o professionista e relative famiglie), ha precisato che la misura del limite del cd. “minimo vitale” determinabile da parte del giudice di merito, deve formare oggetto di specifica allegazione da parte della difesa dell’interessato ed è soggetta ad una valutazione da operare di volta in volta sulla base della complessiva situazione patrimoniale e reddituale della persona che subisce gli effetti del sequestro preventivo.
A tal fine, precisano i Giudici di legittimità, non rilevano né l’esigenza di ricevere i pagamenti dai clienti (che possono confluire in altri conti correnti appositamente aperti dall’indagato/imputato), né quella di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori perché estranea alle esigenze minime di vita.
Il reato in provvisoria contestazione e la fase cautelare reale di merito
Il Tribunale del riesame di Pescara, decidendo in sede di appello cautelare, rigettava la richiesta di revoca parziale del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei conti correnti bancari intestati all’indagato, al quale era provvisoriamente contestato il concorso nella commissione di reati tributari commessi nella sua qualità di commercialista.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
“L’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 545 cod. proc. pen. ai crediti da lavoro autonomo, tuttavia, non implica l’assenza di qualunque limite al sequestro funzionale alla confisca per equivalente.
Invero, risulta ragionevole ritenere che il sistema normativo assicuri al soggetto nei cui confronti è stato disposto il vincolo cautelare reale penale un limite connesso alla necessità di fronteggiare le esigenze minime di vita.
Precisamente, la presenza di un limite all’ammissibilità del sequestro a fini di confisca per equivalente è desumibile sia dai principi fondamentali di proporzionalità e solidarietà sociale, secondo quanto già evidenziato in giurisprudenza (il riferimento è a Sez. 4, n. 3981 del 21/01/2021, Rv. 280481-01), sia da ragioni di coerenza con puntuali indicazioni normative, le quali costituiscono il precipitato di tali principi anche al di fuori del settore del diritto e del processo civile. […]
L’individuazione del limite all’ammissibilità del sequestro a fini di confisca per equivalente, inoltre, richiede l’adempimento di un puntuale e coerente onere di allegazione da parte dell’interessato.
Invero, solo l’interessato può evidenziare se, e in che misura, sussiste l’esigenza di un limite al sequestro al fine di assicurargli il c.d. “minimo vitale”.
L’individuazione di un limite di questo tipo al sequestro, infatti, non è oggettivamente determinabile, ma richiede un’analisi della complessiva situazione patrimoniale e reddituale della persona i cui beni sono stati sottoposti a vincolo. E in questo senso si è già espressa la giurisprudenza (così Sez. 4, n. 3981 del 21/01/2021, Rv. 280481-01, in motivazione, § 7.1, laddove osserva che il giudice deve procedere a «motivata verifica, sulla base delle allegazioni sottoposte al suo vaglio, della proporzionalità del sequestro preventivo di somme di denaro nella disponibilità dell’indagato con riguardo alla loro provenienza in funzione del quantum necessario a soddisfare le esigenze minime di vita»). […]
In applicazione dei principi sopra precisati ai §§ 3, 3.1, 3.2 e 3.3, e degli elementi esposti dal ricorrente anche in sede di appello, l’impugnazione risulta infondata in parte perché adduce esigenze diverse da quelle attinenti alla salvaguardia del c.d. “minimo vitale”, e in parte perché non è stata corredata da idonee allegazioni in sede di merito.
Innanzitutto, l’esigenza di ricevere i pagamenti dei clienti, in sé, può essere soddisfatta mediante l’apertura di altro conto corrente.
La necessità di corrispondere lo stipendio ai tre collaboratori, poi, come osservato nell’ordinanza impugnata, è estranea alle esigenze minime di vita del ricorrente e della sua famiglia.
Né, del resto, il ricorrente può far valere il diritto alla retribuzione a favore dei suoi dipendenti, perché egli non è il titolare di tale situazione giuridica”.
By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA