La Suprema Corte torna sul tema della responsabilità dell’équipe medica per la derelizione delle garze chirurgiche all’interno del sito chirurgico.
Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 824/2022, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di colpa medica, si sofferma sulla responsabilità d’équipe allorquando per errore venga abbandonata una garza chirurgica nel corpo del paziente suturato dopo l’intervento.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, valorizza gli indici fattuali che consentono di ricondurre eziologicamente la lesione cagionata al paziente, dovuta alla derelizione di una garza ad una determinata operazione chirurgica, piuttosto che ad altro analogo intervento eseguito in precedenza come sostenuto dalla difesa.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie agli imputati, tratti a giudizio nelle rispettive qualità di medico chirurgo, strumentista ed infermiera, era stato contestato il delitto di lesioni personali colpose per aver cagionato alla paziente, sottoposta ad intervento di parto cesareo, un ascesso in fossa iliaca destra da corpo estraneo con fistola cronica, con negligenza, imprudenza e imperizia, nonché in violazione delle raccomandazioni in materia di prevenzione della ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico.
Segnatamente, secondo quanto è dato ricavare dalla lettura del provvedimento l’ipotesi accusatoria era stata così articolata:
(i) i medici chirurghi avrebbero omesso di eseguire una corretta e diligente toilette addomino-pelvica al fine di controllare la presenza di eventuali garze prima della chiusura della cavità operatoria;
(ii) lo strumentista e l’infermiera di sala avrebbero errato nel conteggio delle garze, lasciandone una nella cavità addominale.
La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza resa dal locale Tribunale, assolveva uno dei prevenuti perché il fatto non costituisce reato e confermava la condanna pronunciata nei confronti degli altri imputati.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
I giudicabili, per il tramite dei rispettivi difensori, proponevano ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado.
La Suprema Corte, ritendo il ricorso ammissibile di scrutinio, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione, rigettando i ricorsi agli effetti civili.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento esplicativi delle ragioni che hanno validato la motivazione della sentenza impugnata:
“Con particolare riferimento alla specifica doglianza eccepita dai ricorrenti, infatti, è sufficiente osservare come, in termini del tutto logici e congrui, la Corte di appello abbia considerato e ritenuto infondata la censura dedotta, rilevando che la derelizione della garza chirurgica nella cavità addominale della partoriente (OMISSIS) «si è verificata proprio in occasione del taglio cesareo compiuto il 13/9/2012, stanti le convergenti risultanze istruttorie che militano in tal senso e che ora sinteticamente s’illustrano: la paziente ha accusato e inutilmente comunicato ai sanitari forti dolori e gonfiore addominale subito dopo l’intervento chirurgico; tali acuti e insoliti dolori continuarono a manifestarsi anche dopo la dimissione ospedaliera avvenuta il 16/9/2012, al punto che la (OMISSIS), dopo una serie di esami ecografici che segnalavano l’anomala presenza di versamenti addominali e materiale purulento combattuto con terapia antibiotica, fu costretta a sottoporsi a TAC a pagamento; questa evidenziò la presenza di un corpo estraneo, con fili metallici affastellati, sopra la tuba uterina destra; sicché, nuovamente operata 1’1/2/2013 a seguito di ricovero avvenuto il 30/1/2013, (OMISSIS) vide estrarre dal suo corpo la garza incriminata».
In esito al primo taglio cesareo, subito il 9 maggio 2007, la (OMISSIS) non aveva accusato alcun fastidio né dolore, e i vari esami ecografici eseguiti durante la successiva gravidanza del 2012 non avevano evidenziato la presenza di nessuna situazione anomala.
Pertanto, «non è logicamente e ragionevolmente sostenibile quanto ipotizzato negli atti di appello interposti dai difensori di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in merito alla possibilità che quella garza fosse rimasta inerte nella cavità pelviche della donna sin dal 9/5/2007 senza dare dolori né scatenare reazioni nell’organismo».
Rispetto alla decisività della superiore argomentazione, e alla conseguente configurazione della responsabilità a carico dei ricorrenti, non appare esservi dubbio di sorta, allora, in ordine al fatto che le censure sollevate in ordine all’erroneità della ricostruzione dei fatti ed alla mancata considerazione di alcuni decisivi elementi di valutazione si appalesano, nella sostanza, come volte ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto in sede di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità della motivazione resa, appare del tutto infondato”.
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