La mancata riscossione dei pagamenti per inadempimento contrattuale dei clienti rientra nel rischio di impresa e non esclude il dolo del reato di omesso versamento dell’Iva.

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 3281.2022, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omesso versamento dell’Iva, si sofferma sul tema centrale di ogni processo nel quale viene contestato il reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 74/2000: la rilevanza della crisi di liquidità dell’impresa e la sua incidenza quale causa di forza maggiore capace di elidere l’elemento soggettivo del reato.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, dando sostanziale continuità al rigoroso orientamento più che consolidato, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale il mancato incasso per inadempimento contrattuale dei clienti non vale ad escludere il dolo del delitto di omesso versamento dell’Iva.

Invero, secondo la Corte di Cassazione, il contribuente che emetta fattura prima di ricevere il pagamento delle prestazioni svolte, si espone consapevolmente al rischio della mancata riscossione dei corrispettivi, circostanza che non può qualificarsi come causa di forza maggiore, rientrando nel normale rischio di impresa,  peraltro fronteggiabile, da un punto di vista fiscale, da parte del soggetto fiscalmente esposto al pagamento dell’ imposta indirette,  mediante procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi.

 

Il reato contestato e la fase cautelare reale di merito

Il Tribunale del riesame di Rimini, adito dall’indagato, al quale era provvisoriamente contestato il delitto di omesso versamento dell’Iva ex art. 10 ter d.lgs. 74/2000, confermava il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal GIP in sede nei confronti del giudicabile.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale della libertà denunciando, tra l’altro, la insussistenza della indefettibile componente psicologica del delitto in provvisoria contestazione.

La Suprema Corte ha dichiarato  inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Il tribunale ha evidenziato come l’inadempimento tributario di cui alla incolpazione provvisoria attiene all’Iva inerente fatture riconducibili a plurime annualità, senza che per i relativi crediti siano state attivate proficue azioni giudiziarie, aggiungendo che l’unica iniziativa giudiziaria diretta a recuperare crediti non riscossi ha avuto riguardo a quelli vantati nei confronti del committente principale ma sarebbe stata attivata in epoca ben successiva al sorgere del credito in favore della società del ricorrente.  […]

Tanto in linea, del resto, con il principio per cui in tema di reati tributari, l’omesso versamento dell’IVA dipeso dal mancato incasso per inadempimento contrattuale dei propri clienti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall’art. 10-ter del d.lgs. 10 -narzo 2000, n. 74, atteso che l’obbligo del predetto versamento prescinde dall’effettiva riscossione delle relative somme e che il mancato adempinento del debitore è riconducibile all’ordinario rischio di impresa, evitabile anche con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi (Sez. 3 – , n. 6506 del 24/09/2019 (dep. 19/02/2020) Rv. 278909 – 011, ed inoltre in tema di reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’art. 10-ter d.lgs. 20 marzo 2000, n. 74, l’emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo delle prestazioni effettuate, espone il contribuente, per sua scelta, all’obbligo di versare comunque la relativa imposta, poiché l’obbligo di indicazione nella dichiarazione e di versamento della relativa imposta non deriva dall’effettiva riscossione di tale corrispettivo (Sez. 3 – ,n.. 41070 del 27/06/2019 Rv. 277939 – 01”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA