Omicidio colposo per la guardia medica che non presta i primi soccorsi ad un paziente colpito da infarto

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 9704.2022, depositata il 22.03.2022, resa dalla quarta sezione penale della Suprema corte che, pronunciatasi in ordine ad una imputazione di omicidio colposo ascritto  contestato ad un sanitario, ha validato il giudizio di penale responsabilità espresso dai giudici di merito che avevano ritenuto colpevole del reato omissivo di evento la guardia medica che pur avendo ipotizzato l’esistenza di una grave patologia cardiaca in atto nel paziente che si era  a lui presentato accusando un malessere, non ha approntato – come avrebbe dovuto – gli immediati presidi terapeutici ed organizzativi per il trasferimento in adeguata struttura ospedaliera ritenuti probabilmente salvifici rispetto al verificarsi dell’esito infausto.

 

L’imputazione ed il doppio grado di merito.

Dalla lettura della sentenza in disamina si ricava che all’imputato, sanitario in servizio presso il presidio di guardia medica, era stato contestato il delitto di omicidio colposo per avere cagionato la morte di un uomo, il quale, durante una escursione in montagna, accusando sintomi vistosamente riconducibili ad infarto del miocardio, si presentava al medico di turno in cerca di urgente aiuto.

Secondo la ricostruzione del tragico evento operata dal dai giudici di merito,  l’imputato per colpa generica ed in violazione delle leges artis, dopo avere ricevuto il paziente nei locali della guardia medica, lo indirizzava presso l’Ospedale più vicino, comunque  distante 18 km., sostenendo di non essere in possesso di strumentazione idonea a soccorrerlo.

Nell’occasione mancava di prestare una qualunque forma di soccorso immediato (rilevazione dei parametri vitali, somministrazione di aspirina, pratica di accesso venoso, applicazione di cerotto alla nitroglicerina) e ometteva di chiamare i numeri di emergenza per l’immediato trasporto in ospedale del paziente, mediante ambulanza attrezzata.

La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Lecco con cui l’imputato è stato ritenuto responsabile del delitto di omicidio colposo e condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di impugnazione, impingenti, per quanto di  interesse per il presente commento, anche il tema della colpa del soggetto attivo del reato, al quale, secondo la tesi difensiva, non poteva essere addebitata alcuna negligenza per la mancata instaurazione della relazione terapeutica con il paziente che si era autonomamente determinato a recarsi presso il più vicino nosocomio.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riporta il passaggio estratto dalla trama argomentativa della sentenza in commento che individua gli elementi della colpa professionale, nel caso di specie ritenuti sussistenti a carico del giudicabile:

“……Deve quindi intendersi dimostrato, alla luce di quanto argomentato nelle sentenze di merito, che il sanitario, medico di turno presso la guardia medica, abbia accolto nei locali della struttura il [omissis], abbia avuto modo di rendersi conto delle condizioni di malessere allarmanti del paziente e abbia deciso di astenersi dal prestargli soccorso.

La circostanza che il [omissis] si sia reso conto della natura del malessere del paziente viene dedotta anche dall’annotazione riportata dal sanitario sul registro della guardia medica, dove, osservano i giudici, si legge che egli aveva avuto il sospetto dell’attacco cardiaco in corso (il registro della guardia medica riportava la seguente dicitura: “In base alla presumibile età, all’aspetto corpulento e ai sintomi che presentava ho espresso l’opinione che potesse avere un attacco cardiaco.

La persona è fuggita chiamando il suo amico che aveva posteggiato poco distante la macchina e senza lasciare neanche che lo visitassi o potessi registrarlo è partito a tutta velocità sulla macchina che lo attendeva”).

Da quanto precede discende l’assunzione della posizione di garanzia che viene riconosciuta in sentenza al sanitario, con ogni conseguenza da essa derivante in termini di obbligo di agire a tutela della vita e dell’incolumità del paziente.

I profili di colpa individuati a carico del ricorrente sono stati desunti in modo congruo dalle risultanze in atti, puntualmente illustrate nelle sentenze di merito.

I consulenti tecnici, al cui elaborato i giudici di merito si sono riferiti, hanno evidenziato una serie di comportamenti doverosi che avrebbero dovuto essere posti in essere dal sanitario e che risultano omessi: il medico di guardia avrebbe dovuto stabilizzare il paziente, collocandolo a riposo e rilevando i parametri vitali, somministrare aspirina e applicare un cerotto alla nitroglicerina (presenti nella dotazione della guardia medica); soprattutto, egli avrebbe dovuto chiamare immediatamente un’ambulanza per il trasporto urgente nell’ospedale di Lecco, attrezzato per il trattamento della patologia in atto.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA