Annullata la sentenza di condanna per frode fiscale che aveva disposto la confisca del patrimonio del condannato senza aver prima escusso quello della società
Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 10754.2022, depositata il 25.03.2022 resa dalla Sezione terza penale della Suprema corte che, pronunciatasi sul tema giuridico della confisca del profitto del reato tributario, ha annullato una sentenza di applicazione pena concordata (c.d. patteggiamento) nella parte in cui aveva disposto la definitiva ablazione del patrimonio personale dell’indagato senza motivare in ordine alla impossibilità di disporre il sequestro in via diretta nei confronti della società violando, quindi, la sequenza procedimentale prevista dall’art. 12 bis d.lgs. 74/2000.
La confisca disposta dal primo giudice.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como applicava su richiesta delle parti la pena di mesi quattro di detenzione, a titolo di aumento per vari reati di cui all’art. 2 del D.Igs. n. 74 del 2000 ascritti all’imputato in continuazione con i reati di cui agli artt. 216, 219, 223 legge fall., 2 e 8 D.Igs. n. 74 del 2000, per i quali erano state emesse sentenze irrevocabili dai Tribunali di Milano, Isernia e Pordenone.
Con la medesima sentenza, per effetto della applicazione pena, disponeva la confisca di denaro o di beni nella disponibilità dell’imputato medesimo fino alla concorrenza dell’importo di euro 564.019,05, pari al profitto dei reati tributari a lui ascritti.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Contro la sentenza resa dal G.i.p. interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato con unico motivo di impugnazione, denunciando vizio di motivazione in ordine al mancato rispetto dell’iter procedimentale che il giudice penale deve seguire per la confisca (e per il sequestro preventivo prodromico alla stessa prodromico).
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio limitatamente al capo della confisca.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse:
“…..Sennonché, come statuito anzitutto dalla pronuncia di Sez. U, n. 10561 del30/01/2014, Gubert, Rv.258646, in caso di illecito penale per violazione di norme tributarie, commesso nell’interesse di una società, «va innanzitutto ricercato il profitto del reato per procedere, così come previsto dall’art. 322-ter cod. proc. pen., al sequestro dello stesso e, successivamente, alla confisca diretta, sempre che il profitto sia rimasto nella disponibilità della persona giuridica, e, allorché si riveli impossibile rinvenire tale profitto – o i beni ad esso riconducibili – presso la persona giuridica, si può procedere al sequestro e, successivamente, alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per i reati da costoro commessi». La stessa sentenza ha poi aggiunto come il sequestro e la confisca per equivalente possano operare nei confronti dell’ente solo nel caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni.
Tale necessaria sequenza, cristallizzata del resto anche nelle pronunce di questa Corte successive a quella delle Sezioni Unite (tra le altre, nel senso che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto nei confronti del legale rappresentante di una società solo nel caso in cui, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato del patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo necessaria, tuttavia, ai fini dell’accertamento di tale impossibilità, l’inutile escussione del patrimonio sociale se già vi sono elementi sintomatici dell’inesistenza di beni in capo all’ente, Sez. 3, n. 3591/19 del 20/09/2018, Bennati, Rv. 275 .687), e che discende anzitutto dal dettato della disposizione dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 laddove, infatti, la “confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità” per un valore corrispondente al profitto opera unicamente laddove non sia possibile la “confisca dei beni che costituiscono il profitto”, non sembra quindi trovare rispondenza nella decisione impugnata, che ha omesso di verificare l’impossibilità del reperimento del profitto nella disponibilità della persona giuridica, disponendo ad un tempo, come già detto, la confisca in via diretta e la confisca per equivalente nei confronti sempre del ricorrente.
Né vi è, nella sentenza impugnata, alcuna motivazione quanto alla natura delle società come enti di mero “schermo” rispetto alla persona del ricorrente che potesse consentire di far luogo, simmetricamente rispetto alla confisca per equivalente nei confronti della persona giuridica, “illico et immediate” alla confisca in via diretta in capo alla persona fisica.
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca con rinvio al Tribunale di Como che si determinerà, sul punto devolutogli, nell’osservanza dei principi appena richiamati”
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA