La Cassazione nega la possibilità di sostituire il vincolo del sequestro preventivo dal patrimonio dell’imputato ad un suo diritto di credito riconosciuto in sede di concordato preventivo

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 13451.2022, resa dalla quinta sezione penale della Suprema corte che, pronunciatasi in sede cautelare reale nell’ambito di un procedimento a carico dell’imputato per bancarotta fraudolenta, ha ritenuto inammissibile la richiesta formulata dalla difesa dell’imputato di sostituire alla garanzia offerta dal sequestro preventivo eseguito sui beni dello stesso giudicabile, quella di un diritto di credito vantato dal medesimo verso altra società, ancorché riconosciuto dalla procedura concorsuale cui era stato ammesso.

 

L’imputazione ed il sequestro.

Dalla lettura della sentenza in commento si evince che l’imputato, tratto a giudizio per bancarotta fraudolenta, nel corso del giudizio di primo grado pendente innanzi al Tribunale di Bari, aveva formulato  la richiesta di modifica della misura cautelare reale eseguita in suo danno per ottenere la cessazione del vincolo sul suo patrimonio personale con contestuale ablazione di un credito professionale ammesso in sede di concordato preventivo.

Contro l’ordinanza reiettiva dell’istanza era stato interposto appello ex art. 322 bis c.p.p. che veniva rigettato dal collegio cautelare barese.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Avverso la sentenza resa dal Tribunale per il Riesame di Bari  la difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p., articolando plurimi motivi di impugnazione.

Per quanto di interesse per la presente nota veniva denunciato vizio di legittimità afferente il diniego della  formulata richiesta di sostituzione della garanzia per la soddisfazione del profitto del reato fallimentare.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riporta il passaggio estratto dalla trama argomentativa della sentenza in commento:

Parimenti inammissibile è il terzo motivo, con il quale il ricorrente formalmente deduce violazione della legge processuale, ma lamenta invero vizi di motivazione del provvedimento impugnato, indeducibili in questa sede nell’incidente cautelare reale ai sensi dell’art. 325 c.p.p.

Non di meno le censure del ricorrente risultano generiche nella misura in cui solo apoditticamente viene eccepito che i crediti vantati dallo [omissis] verso [omissis] costituirebbero il profitto del reato in relazione al quale è stato disposto il sequestro ed in maniera a dir poco criptica si sostiene che la suddetta società sarebbe “possessore e garante” delle somme costituenti il medesimo profitto.

In ogni caso correttamente il Tribunale ha negato il trasferimento del vincolo sui crediti ed il conseguente rilascio delle somme sequestrate perché tale operazione comporta la permuta di un bene di immediata escussione, quale il danaro, con un diritto di credito non immediatamente convertibile in un valore corrispondente al profitto del reato non essendo allo stato certo il suo realizzo, a maggior ragione nell’ambito della procedura di concordato cui [omissis] è sottoposta (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 37660 del 17/05/2019,

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA.