Inammissibile il ricorso per cassazione del terzo interessato che contesta la legittimità del sequestro preventivo
Si segnala ai lettori del sito la recente sentenza numero 11087.2022, resa dalla sezione terza penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in materia cautelare sulla questione di rito concernente il perimetro dei diritti che il terzo interessato, vale a dire al soggetto estraneo al reato che tuttavia subisce gli effetti della misura cautelare reale può far valere innanzi l’Autorità giudiziaria, ha ritenuto di dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale che limita il raggio dell’impugnazione (di merito e di legittimità) alla possibilità di fornire la prova del suo esclusivo diritto vantato sulla cosa oggetto di sequestro preventivo e della assenza di profili di concorso nel reato in provvisoria contestazione.
Il reato contestato e le fasi del merito cautelare.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Rovigo, nell’ambito di indagini svolte in relazione a plurime violazioni del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, art. 2, 5 e 8 e art. 416 cod. pen., emetteva decreto di sequestro preventivo che veniva eseguito anche sulle quote societarie di proprietà di un soggetto non indagato.
Il Collegio cautelare dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta dal suddetto terzo interessato, ritenendolo non legittimato a proporre motivi attinenti ai presupposti del sequestro per equivalente e , segnatamente, del profilo del difetto del presupposto dell’incapienza dei beni degli indagati.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p. avverso la decisione della Tribunale per il riesame di Rovigo, contestando la declaratoria di illegittimità del ricorso, denunciando il vizio di legge afferente la mancanza di prova in ordine alla preventiva escussione del patrimonio dele persone giuridiche e dei soggetti attinti dall’indagine (in via diretta e per equivalente).
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:
“Di conseguenza, deve confermarsi il principio secondo cui, in tema dissequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, tra cui il profilo dell’indagine sull’incapienza dei beni da sottoporre alla confisca in via diretta, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l’inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l’indagato (si vedano al riguardo Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016,Tessarolo, Rv. 268070; Sez. 3, n 15139 del 20/02/2019, Organo, non massimata).
Una volta che il terzo dimostri l’effettività del contenuto del diritto di proprietà di cui è formalmente titolare, vede riconosciuta la sua pretesa, indipendentemente dalla sussistenza del fumus del reato ascritto all’indagato.
Tali principi non subiscono, non essendovi ragioni giuridiche, deroghe nel caso, come quello in esame, in cui il sequestro disposto dal Giudice, è a struttura mista.
Da cui l’affermazione che il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l’inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l’indagato, circostanze neppure dimostrate dal ricorrente”.
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