Integra il reato di indebita percezione dei contributi Covid l’aver ottenuto i fondi senza la partita iva ed effettivo inizio dell’attività di impresa
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 19421/2022, depositata il 17.05.2022, resa dalla sezione sesta penale della Corte di cassazione, con la quale il Collegio del diritto, all’esito dello scrutinio di legittimità su una imputazione di indebita percezione dei contributi statali per la crisi di impresa dovuta alla pandemia Covid 19, ha affermato il principio di diritto secondo il quale l’assenza di attribuzione della partita Iva e la mancanza di prova circa l’effettivo inizio dell’attività da parte del soggetto beneficiario del contributo, integrano la condotta prevista e punita dall’art. 316 ter cod. pen.
L’imputazione ed il giudizio di merito.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della Spezia, all’esito di giudizio abbreviato, assolveva l’imputato dal reato di cui all’art. 316-ter cod. pen., così diversamente qualificati i fatti originariamente contestati nei due capi di imputazione ai sensi dell’art. 640 bis cod. pen. (truffa aggravata per conseguimento di erogazioni pubbliche), ritenendo i fatti contestati dal PM non più previsti dalla legge come reato, ravvisandovi esclusivamente gli estremi di un illecito amministrativo.
La derubricazione del reato in illecito amministrativo, pur nella mancata esplicitazione del passaggio nella motivazione della sentenza in commento, è verosimile che sia stata disposta dal giudice di merito in quanto la somma erogata non superava alla soglia di punibilità penale attualmente fissata in € 3.999,96.
Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.
La difesa dell’imputato ha interposto ricorso per cassazione contro la sentenza del primo giudice articolando contestando la sussistenza del fatto addebitato, ancorché derubricato in illecito amministrativo.
La Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza 16562/2022 di interesse per la presente nota.
” L’art. 25 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, stabilisce che «Al fine di sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica “Covid-19”, è riconosciuto un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA» (comma 1) e che tale contributo «spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. (…) Il predetto contributo spetta anche in assenza dei requisiti di cui al presente comma ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 (…)».
Il giudice di merito aveva accertato, sulla base degli esiti delle verifiche compiute dalla guardia di finanza, che le associazioni di diritto .privato facenti capo al [omissis] alla data del 1° gennaio 2019 non erano titolari di partita iva (che avrebbero chiesto molti mesi dopo) e non avevano concretamente avviato alcuna di quelle attività: dunque, non avevano i requisiti per ottenere i contributi a fondo perduto in ragione delle perdite causate dalla sospensione delle iniziative imprenditoriali o professionali nel mese di marzo 2020 a causa della ben nota emergenza sanitaria dovuta alla pandemia.
Non conduce a differenti conclusioni la circostanza che l’imputato abbia sostenuto che al marzo del 2020 fossero già iniziativi i preparativi per l’avvio di quelle attività economiche, in quanto la richiamata disposizione di legge è chiara nell’indicare che l’interessato avesse quanto meno iniziato le relative attività economiche alla data del 1° gennaio 2019, poiché altrimenti non si sarebbe giustificato il sostegno economico che il Governo assicurava ai titolari di partita iva già in attività al momento dello scoppio dell’emergenza sanitaria. In questo senso si è espressa anche l’agenzia delle entrate con la circolare applicativa richiamata dalla difesa dell’imputato che, al contrario di quanto sostenuto nell’impugnazione, conferma come, per poter beneficiare del contributo a fondo perduto in parola, fosse irrilevante che il rilascio della partita iva fosse avvenuta in epoca successiva al 10 gennaio 2019, essendo però indispensabile che a quella data l’attività economica fosse comunque iniziata: cosa che, cosa che, nel caso delle associazioni private facenti capo al [omissis], non era avvenuto”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA