Lo stato dell’arte della responsabilità penale multidisciplinare chirurgo – infermiere in un caso di omicidio colposo.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 8848/2022 resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, all’esito dello scrutinio di legittimità su un caso responsabilità sanitaria ascritto in cooperazione in omicidio colposo ad alcuni chirurghi e ad una infermiera in sede di intervento coronarico, ha ritenuto conforme ai principi giurisprudenziali che informano il tema giuridico della cooperazione multidisciplinare la sentenza di appello sottoposta allo scrutinio di legittimità.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Secondo l’editto accusatorio, era stato contestato all’infermiera tirocinante alla di avere, per negligenza, imprudenza e imperizia, rimosso i markers colorati che contraddistinguono i tubi venoso e arterioso della macchina di circolazione extracorporea – CEC, senza apporre alcun indicatore che ne consentisse la certa e immediata identificazione; posizionato entrambi i tubi sulle gambe del paziente; passato, quindi, senza la previa, certa identificazione, il tubo venoso – in luogo di quello arterioso – al primo chirurgo [omissis] che lo collegava alla cannula arteriosa già inserita nel cuore del paziente e – in luogo del tubo venoso – quello arterioso che veniva collegato alla cannula venosa.

Ai due chirurghi, [omissis], invece, si contesta di avere, per negligenza e imprudenza, omesso di controllare, sia nel corso delle operazioni di cannulazione, prima dell’avvio della CEC, che in seguito, dopo l’insorgenza delle anomalie nel paziente, la corrispondenza delle linee arteriose e venose con le rispettive cannule, verifica doverosa, imposta anche dalle regole di comune prudenza e diligenza, considerate le seguenti circostanze: l’infermiera aveva tagliato i markers colorati, distintivi dei due tubi, gli ulteriori indici identificativi non essendo visibili dal campo operatorio, perché coperti da telini di fissaggio; non era stata utilizzata la tecnica di connessione paziente-CEC che consentiva di riscontrare immediatamente l’inversione dei tubi; l’intervento in corso era il primo nel quale la [omissis], che non aveva ancora concluso il suo percorso formativo, svolgeva ruolo di infermiera strumentista senza essere affiancata da altro infermiere ferrista esperto (nella specie l’infermiera [omissis], giunta nel corso dell’intervento).

In conseguenza dei superiori errori il paziente decedeva a causa di un edema cerebrale e polmonare secondaria sofferenza ischemica e ipossica acuta dei vari parenchimi, cagionata dalla inversione del flusso di sangue venoso e arterioso.

Da qui la contestazione di omicidio colposo.

La Corte di appello di Trieste confermava la sentenza di primo grado quanto all’affermata penale responsabilità di tutti gli imputati (infermiera tirocinante e chirurghi), riformando la sentenza del locale Tribunale limitatamente all’entità della pena e della provvisionale riconosciuta alla parte civile costituita.

Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Le difese degli imputatati proponeva ricorso per cassazione contro la decisione resa in grado di appello articolando plurimi motivi di doglianza.

I Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento che affrontano il tema della responsabilità colposa multidisciplinare del personale  sanitario ed infermieristico:

…. Giovi, intanto, un richiamo al principio, ripreso dalla giurisprudenza consolidata in materia, secondo cui – in caso di responsabilità professionale, configurata a titolo di cooperazione colposa multidisciplinare, con specifico riferimento all’attività medico-sanitaria svolta in équipe e, più in generale, all’attività medico chirurgica – l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare aprioristicamente una responsabilità di gruppo, in particolare quando i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti tra loro, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione degli spazi di competenza altrui (cfr. sez. 4, n. 49774 del 21/11/2019, Rv. 277422; n. 30626 del 12/2/2019, Alberti Alessandro Vito, Rv. 276792).

Tale affermazione, tuttavia, va opportunamente calibrata con specifico riferimento all’ambito di operatività del principio di affidamento in tale specifico settore: questa Corte ha già ritenuto, in base a principi che possono considerarsi altrettanto consolidati, che l’affidamento non può essere invocato dal sanitario che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa.

Infatti, allorquando il garante precedente abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa del garante successivo, persiste la responsabilità anche del primo in base al principio di equivalenza delle cause, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che deve avere carattere di eccezionalità ed imprevedibilità (cfr. sez. 4, n. 24895 del 12/5/2021, Sonaglioni Andrea, Rv. 281487;n. 39727 del 12/6/2019, Perugino Michele ci brio Francesco, Rv. 277508, in materia di dissenso dall’operato del collega, da parte del sanitario in possesso di cognizioni tecniche per cogliere l’errore di quegli, con richiamo in motivazione a sez. 4, n. 7667del 13/12/2017, dep. 2018, Capodiferro e altri, Rv. 272264; sez. 3, n. 43828 del 29/9/2015, Cavone, Rv. 265260).

In altri termini, l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’équipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali (cfr. sez. 4,n. 53315 del 18/10/2016, Paita e altri, Rv. 269678, in fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo nei confronti, oltre che del ginecologo, anche delle ostetriche, ritenendo che l’errore commesso dal ginecologo nel trascurare i segnali di sofferenza fetale non esonerava le ostetriche dal dovere di segnalare il peggioramento del tracciato cardiotocografico, in quanto tale attività rientrava nelle competenze di entrambe le figure professionali operanti in équipe; n. 53453 del 15/11/2018, Di Marco Giampietro, Rv. 274499-01), sebbene tale obbligo di vigilanza non possa operare rispetto a quelle fasi dell’intervento, nelle quali i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui (cfr. sez. 4, n. 27314 del 20/4/2017, Puglisi, Rv. 270189)”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA