L’imperita azione del chirurgo che recide l’aorta non può essere assimilata alla colpa lieve.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 20652/2022 – depositata il 27.05.2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione che ha sottoposto alla scrutinio di legittimità un caso di responsabilità del chirurgo per omicidio colposo.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha ritenuto conforme alla corretta interpretazione dell’art. 590 sexies cod. pen., la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la applicabilità della causa di non punibilità della colpa lieve per imperizia in relazione alle modalità con le quali era stato eseguito l’intervento chirurgico che aveva provocato il decesso della paziente.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Secondo il capo di imputazione era stato addebitato all’imputato il delitto di omicidio colposo per  avere agito con grave imperizia, in quanto, nel corso della manovra di introduzione nell’addome della paziente del trocar ottico utilizzato per l’intervento in laparascopia, errava nella direzione di entrata del trocar stesso, con una esagerata inclinazione verso il basso, e sottovalutava la profondità dell’introduzione dello strumento, agendo con forza e velocità eccessiva, tale da lacerare il peritoneo posteriore, penetrare nel retro peritoneo e lacerare con lo strumento l’aorta addominale sotto renale, con conseguente emorragia acuta massiva che causava la morte della paziente.

La Corte di appello di Trieste confermava la sentenza di condanna resa dal GUP del Tribunale di Udine emessa con rito abbreviato che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato sulla  base delle consulenze agli atti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

La difesa del prevenuto interponeva ricorso per cassazione contro la pronuncia delle Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione stigmatizzando, per quanto di interesse per il presente commento, la mancata applicazione della colpa lieve, tenuto conto delle oggettive difficoltà dell’intervento connesse alla obesità della paziente che rendevano difficoltoso l’intervento

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso condividendo il percorso logico – giuridico seguito dai giudici di merito che avevano valutato come grave l’imperizia del chirurgo che aveva lesionato l’aorta addominale.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dalla parte motiva della sentenza in commento che enunciano i principi informatori della causa di non punibilità introdotta oramai da più di cinque anni ad opera della legge Gelli – Bianco:

E’ noto l’approdo cui è giunta la giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità medica, a seguito dell’intervenuta successione, nel giro di pochi anni, prima del d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n.189, c.d. decreto “Balduzzi”), con il quale è stato introdotto il parametro di valutazione dell’operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali; poi della legge 8 marzo2017, n. 24 (c.d. legge “Gelli-Bianco”), la quale, pur confermando il citato parametro valutativo delle linee-guida (e, in mancanza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali, la cui inosservanza integra la colpa), nell’introdurre la nuova normativa di cui all’art. 590-sexies cod. pen., rispetto al decreto Balduzzi

ha modificato la struttura giuridica della disciplina in questione, sotto il profilo del meccanismo di esenzione da responsabilità: è stata configurata una causa di non punibilità qualora il medico agisca per imperizia ma nel rispetto delle linee guida applicabili al caso concreto; per contro, il decreto Balduzzi aveva introdotto una vera e propria abolitio criminis nel caso di colpa lieve del sanitario per imprudenza o negligenza ma il cui agire fosse stato rispettoso delle linee guida adeguate.

La dettagliata interpretazione della disciplina introdotta dall’art. 590-sexies è quella cui sono approdate le Sezioni Unite di questa Corte, le quali (con sentenza del 21 dicembre 2017, n. 8770, ric. Mariotti), hanno affermato il principio secondo il quale l’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 cod. pen., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse (Sez. U, n. 8770 del 21/12/2017 – dep. 2018, Rv. 272174 – 01)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA