Il sequestro preventivo eseguito sulla liquidità del conto cointestato tra i coniugi è sempre diretto

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 23330.2022 – depositata il 15.06.2022, resa dalla sezione seconda penale della Corte di Cassazione pronunciatasi sul tema giuridico degli effetti del sequestro preventivo eseguito sul conto corrente cointestato tra coniugi, uno dei quali estraneo all’indagine penale.

 

Le indagini e la fase cautelare di merito.

Dalla lettura della sentenza in commento si evince che nella fase delle indagini preliminari il Gip presso il Tribunale di Benevento applicava all’indagato la misura del sequestro preventivo ponendo sotto sequestro la liquidità pari ad euro 60.000 giacente sul conto corrente cointestato con la moglie.

All’esito del giudizio di riesame il Collegio cautelare presso il medesimo Tribunale rigettava il ricorso proposto sia dall’indagato, sia dalla coniuge in proprio, quale terzo interessato, sostenendo, quest’ultima, che parte delle somme confluite sul conto le dovevano essere restituite perché legittimamente accreditate come stipendio da lavoro di dipendente.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dal Collegio cautelare proponeva ricorso per cassazione la difesa del terzo interessato, che denunciava illogicità della motivazione dell’ordinanza nella parte in cui non aveva accolto la richiesta di dissequestro per la parte della liquidità accreditata sul conto corrente, riconducibile agli emolumenti della persona estranea al reato in provvisoria contestazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso perché presentato per motivi non consentiti dall’art. 325 c.p.p. (che consente l’impugnazione di legittimità solo per vizio di legge a cui è assimilata la mancanza assoluta di motivazione).

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse per il presente commento:

“Nel caso in esame, non si può certamente dire di trovarsi di fronte ad una motivazione mancante, posto che il Tribunale ha osservato che “poiché il patrimonio dei coniugi è unico, non avrebbe senso distinguere le somme guadagnate dal marito dalle retribuzioni percepite dalla moglie; se essi utilizzano per le necessità quotidiane i proventi del lavoro del [indagato – omissis] ed accumulano invece gli stipendi della [terza interessata omissis], è evidente che il patrimonio comune ne risulta comunque accresciuto”

Il Tribunale ha pertanto applicato la giurisprudenza di questa Corte (Sez.U. 42415 del 27/05/2021 Cc. (dep. 18/11/2021 ), che nell’affermare che: “La confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione Rv. 282037 – 01), in motivazione ha precisato che “qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene, mediante l’ablazione del denaro, comunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto, che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest’ultimo conseguito per effetto del reato”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA