La Cassazione torna a definire il novero dei professionisti che rispondono in forma aggravata di concorso nei reati tributari

Si segnala ai lettori del blog la sentenza recente numero 23095/2022 resa dalla sezione terza penale della Corte di cassazione chiamata a pronunciarsi in sede cautelare reale sul tema giuridico della individuazione dei professionisti  ai quali può essere contestata l’aggravante contemplata dall’art. 13 bis, comma 3, d.lgs. 74/2000, che prevede un aumento di pena della metà.

 

L’incolpazione provvisoria e la fase cautelare di merito.

Il Gip presso il Tribunale di Milano emetteva decreto di sequestro preventivo anche nei confronti di un commercialista di un gruppo di società che, secondo l’ipotesi accusatoria, per gli anni indicati nella incolpazione provvisoria per frode fiscale, nella sua qualità professionale, aveva preso parte al meccanismo fraudolento posto in essere dai rappresentanti legali delle società coinvolte, con l’aggravante di cui al d.lgs.  n. 74 del 2000, articolo 13 bis.

Il Tribunale cautelare della medesima città rigettava la richiesta di riesame confermando il provvedimento cautelare genetico.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione contro l’ordinanza del giudice cautelare territoriale, articolando plurimi  motivi di impugnazione.

Per quanto di interesse per il presente commento si segnala che con il ricorso ex art. 325 c.p.p. veniva contestata la sussistenza dell’aggravante speciale in capo al commercialista indagato.

La Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dalla parte motiva della sentenza

“Manifestamente infondate sono anche le censure che contestano la sussistenza dell’aggravante dicui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13-bis, comma 3.

Va premesso che la disposizione prevede: “Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività  di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale”.

Il dato normativo, per la configurabilità dell’aggravante, non si limita a richiedere che il fatto di reato sia commesso “nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale”, ma esige anche che questa sia “svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario”.

Ciò comporta che la nozione di “professionista” è impiegata in termini generali senza evocare una particolare professione, e quindi può essere riferita a qualunque attività professionale che legittimamente si occupi di consulenza fiscale.

In questo senso, in effetti, si è espressa la giurisprudenza penale di legittimità, affermando che è

doveroso “attribuire alla nozione più generale di professionista, in assenza di richiami specifici, un significato sostanziale, ricomprendendovi cioè chiunque svolga attività di consulenza fiscale nell’esercizio della sua professione (dunque commercialisti, avvocati, consulenti e così via)” (Sez. 3, n. 36212 del 03/04/2019, Martini, massimata per altro, in motivazione).”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA