La Cassazione torna a pronunciarsi sul concetto di condotta abnorme del lavoratore

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 23808.2022 – depositata il 21.06.2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata sulla tema giuridico della cosiddetta condotta abnorme del lavoratore.

Nel caso di specie, il Collegio del diritto, ha escluso che ricorresse una ipotesi di interruzione del nesso causale tra l’incidente e la condotta omissiva dell’imputata per fatto e colpa dell’operaio infortunato, in quanto, la persona offesa dal reato, non aveva compiuto alcuna azione imprevedibile, tale da innescare un rischio eccentrico, vale a dire non prevedibile da parte del datore di lavoro.

 

L’infortunio sul lavoro, il reato contestato ed il processo di merito.

Il procedimento penale trae origine dall’incidente sul lavoro occorso ad un operaio addetto alla manutenzione il quale, mentre stava compiendo operazioni di revisione su una macchina, aveva subito un infortunio alla mano sinistra rimasta intrappolata tra le cesoie agganciate all’albero a camme del macchinario e aveva riportato fratture multiple con lesioni tendinee (guarigione avvenuta oltre il quarantesimo giorno).

Secondo quanto riportato nella sentenza in commento, durante il dibattimento era stata accertata la diversa configurazione del quadro elettrico del macchinario, attuata nel corso di lavori sulla macchina effettuati pochi mesi prima dell’incidente che aveva determinato un diverso funzionamento dei presidi di sicurezza del dispositivo in modalità manuale.

La Procura della Repubblica territorialmente competente contestava all’imputata il reato di lesioni colpose aggravate.

I giudici dei gradi di merito validavano l’ipotesi accusatoria ritenendo che l’infortunio fosse ascrivibile alla condotta colposa della datrice di lavoro, la quale aveva mantenuto in esercizio una macchina oggettivamente pericolosa, senza aver adeguatamente formato/informato il lavoratore in relazione alle mutate condizioni di sicurezza.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa della giudicabile interponeva ricorso per cassazione contro la decisione della Corte territoriale di Trieste, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento di interesse:

“Il percorso logico seguito dai giudici di merito è ancora una volta coerente con le risultanze in atti e rispettoso dei principi giurisprudenziali elaborati in tema di responsabilità del datore di lavoro cui incombe l’obbligo di apprestare i presidi di sicurezza a garanzia della sicurezza e della salute dei lavoratori dipendenti.

Invero a fronte delle intervenute modifiche sulla linea che avevano determinato differenti modalità di funzionamento dei presidi di sicurezza in modalità manuale, è emerso che [omissis]non aveva portato a conoscenza dei dipendenti le nuove modalità di funzionamento.

I rilievi della ricorrente sono manifestamente infondati, giacché, proprio in ragione della posizione di garanzia rivestita, incombeva su di lei l’obbligo di informarsi sulle possibile conseguenze delle modifiche commissionate e il non aver assolto a tale obbligo è indice di per sé di un atteggiamento di grave trascuratezza.

L’imputata era tenuta a garantire la sicurezza anche nei confronti del dipendente manutentore della macchina: costui, proprio perché addetto ad intervenire sulla stessa, al pari degli operai, avrebbe dovuto essere adeguatamente formato e informato rispetto alle modifiche apportate.

Infine correttamente i giudici hanno escluso che la condotta del manutentore, consistita nel non aver scollegato la corrente della linea prima dell’intervento, potesse essere qualificata come abnorme.

Se è vero che a seguito dell’introduzione del d.lgs 626/94 e, poi, del T.U. 81/2008 si è passati dal principio «dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore» al concetto di «area di rischio» (sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, Pelosi, Rv. 236721) che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, resta in ogni caso fermo il principio secondo cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4 n. 21587 del 2007, Pelosi, cit.).

All’interno dell’area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT c/ Musso Paolo, rv. 275017), oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222)”.

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