Se la società non è operativa è legittimo l’immediato sequestro per equivalente dei beni del legale rappresentante
Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza numero 24148.2022 – depositata il 23.06.2022, resa dalla Sezione terza penale della Suprema Corte, pronunciatasi sulla legittimità del sequestro per equivalente disposto in via immediata sul patrimonio del legale rappresentante della società quando dagli atti di indagine la persona giuridica risulta non operativa.
L’imputazione e la fase cautelare di merito.
Il Tribunale del Riesame di Reggio confermava il provvedimento cautelare reale emesso dal G.I.P. in sede con il quale era stato disposto il sequestro preventivo per equivalente in ordine al reato previsto e punito dall’art. 5 d.lgs n. 74/2000 dei beni nella disponibilità del legale rappresentante di una società di capitali fino alla concorrenza della somma di euro 116.111,00, ritenuta corrispondente al profitto del reato relativo agli anni di imposta 2011 e 2012, per un ammontare di iva evasa pari, nel 2011, a 56.635 euro e, nel 2012, a 59.476 euro per le quali erano state omesse le dichiarazioni annuali.
Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.
La difesa dell’imputato, proponeva ricorso per cassazione contro l’ordinanza del Collegio cautelare articolando plurimi motivi di impugnazione deducendo, per quanto di interesse per il presente commento, vizio di legge relativo alla mancata ricerca dei beni facenti parte del patrimonio della società prima della esecuzione del sequestro per equivalente sui beni della persona fisica.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso
Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse per la presente nota:
“…In ordine alla questione della preventiva escussione del patrimonio della società, i giudici della impugnazione cautelare hanno osservato che, nel caso di specie, dagli atti era desumibile che la società [omissis], di cui la [omissis] era legale rappresentante, non fosse più operativa, per cui non sarebbe stato possibile aggredire in via diretta il patrimonio dell’ente, affermazione questa scaturita da un accertamento di fatto peraltro non contestato e dunque non suscettibile di essere messo in discussione in questa sede; anche in tal caso non vi è dunque spazio per l’accoglimento della doglianza difensiva, dovendosi evidenziare che la decisione dei giudici cautelari si pone in sintonia con il principio elaborato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 3591 del20/09/2018, dep. 2019, Rv. 275687), in forza del quale, in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto nei confronti del legale rappresentate di una società solo nel caso in cui, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nel patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo necessaria, tuttavia, ai fini dell’accertamento di tale impossibilità, l’inutile escussione del patrimonio sociale se già vi sono elementi sintomatici dell’inesistenza di beni in capo all’ente”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA