Lo stato dell’arte della colpa medica penale per mancata prevenzione del rischio suicidario

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 24148/2022 – depositata il 23.06.2022 resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto è tornato a definire il perimetro della responsabilità penale dello psichiatra responsabile di omicidio colposo per non aver prevenuto il rischio suicidario.

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Secondo quanto è dato ricavare dalla lettura della sentenza in commento, l’imputazione di omicidio colposo trae origine dall’evento tragico di una donna lanciatasi dal balcone della propria abitazione dopo due tentativi di suicidio scavalcando il parapetto del medesimo balcone e impediti in limine dall’intervento di familiari conviventi, il primo, e, il secondo, di appartenenti alle forze dell’ordine, ivi presenti su richiesta di pronto intervento sollecitato all’esito del primo atto anticonservativo.

La fattispecie di reato veniva contestata in cooperazione colposa o comunque con condotte indipendenti, a due medici psichiatri per colpa generica che avevano visitato in momenti successivi la paziente consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, nonché per colpa specifica, consistita nella violazione delle regole di riferimento dell’arte medica e nell’inosservanza degli dagli artt. 33 e 34 I. n. 23 dicembre 1978, n. 833, e in particolare per la mancata attivazione della procedura di trattamento sanitario obbligatorio («T.S.0.») nei confronti della donna, ancorché affetta da «disturbo di personalità borderline», «bulimia nervosa», «disturbo del comportamento alimentare» e con pregressi ricoveri per episodi di autolesionismo e ingestione incongrua di farmaci.

Gli imputati che avevano scelto di definire il processo a loro carico con il rito abbreviato venivano condannati dal G.u.p. del Tribunale di Milano per il reato loro ascritto, avendo ritenuto il giudice di poter accogliere le conclusioni cui erano pervenuti i consulenti tecnici del PM e delle persone offese dal reato.

In sede di appello, all’esito di una perizia disposta su sollecitazione della difesa degli imputati, i medesimi venivano assolti per l’insussistenza del fatto loro contestato.

 

Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Contro la sentenza assolutoria e nei confronti di uno degli imputati interponeva ricorso per cassazione la Procura Generale presso la Corte di appello di Milano articolando plurimi motivi di doglianza.

In particolare, veniva censurato vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata che non aveva tenuto in debito conto gli elementi di prova della responsabilità contenuti nel fascicolo processuale  e che, viceversa, con giudizio ex ante, deponevano per l’esistenza di un concreto rischio suicidario messo in pratica dalla vittima rispetto al quale il T.S.O. pretermesso avrebbe potuto avere efficacia salvifica.

I Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso annullando con rinvio l’impugnata sentenza.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento che tracciano il percorso della giurisprudenza di legittimità sulla posizione di garanzia che assume lo psichiatra rispetto all’atto autolesionistico, dei quali la Corte distrettuale milanese non avrebbe operato buon governo:

In merito la giurisprudenza di legittimità ha difatti da tempo chiarito che il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per sè stesso.

Si vedano, ex plurimis, Sez. 4, n. 43476 del 18/05/2017, Pagano, Rv.270884-01, che in applicazione del principio ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo.

Nello stesso senso, Sez. 4, Sentenza n. 33609 del 14/06/2016, Drago, Rv. 267446-01, ha ritenuto immune da censure la pronuncia che aveva affermato la responsabilità di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva, nei confronti della quale aveva omesso di assicurare una stretta e continua sorveglianza, sebbene le notizie anamnestiche e la diagnosi di accettazione avessero reso evidente il rischio suicidario (si veda altresì Sez. 4, n. 48292 del 27/11/2008, Desana, Rv. 242390-01, circa la sussistenza della posizione di garanzia anche nei confronti di soggetto non sottoposto a ricovero coatto, che, in applicazione del principio, ha confermato l’affermazione di responsabilità del primario e dei medici del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per omicidio colposo in danno di un paziente che, ricoveratosi volontariamente con divieto di uscita senza autorizzazione, si era allontanato dal reparto dichiarando all’infermiera di volersi recare a prendere un caffè al distributore automatico situato al piano superiore, ed ivi giunto si era suicidato gettandosi da una finestra).

Più nel dettaglio, nell’ipotesi di suicidio di un paziente affetto da turbe mentali, è da escludere la sussistenza di un’omissione penalmente rilevante a carico dello psichiatra che lo aveva in cura quando risulti che il medico, nella specifica valutazione clinica del caso, si sia attenuto al dovere oggettivo di diligenza ricavato dalla regola cautelare, applicando la terapia più aderente alle condizioni del malato e alle regole dell’arte psichiatrica.

Sul punto si veda, in particolare, Sez. 4,. 14766 del 04/02/2016, De Simone, Rv. 266831-01, la quale ha ritenuto immune da censure l’assoluzione del medico psichiatra e della psicologa, in servizio presso una casa circondariale, dall’imputazione di omicidio colposo per il decesso di un detenuto per impiccagione, sul rilievo che, alla luce dei dati clinici in loro possesso e ai parametri di valutazione individuabili nella letteratura scientifica, non poteva ravvisarsi un rischio di suicidio concreto e imminente, dovendo per altro verso escludersi ogni loro responsabilità per le carenze organizzative della amministrazione penitenziaria, dovute alla presenza di una cella con finestra dotata di un appiglio per agganciare il lenzuolo utilizzato per il gesto autosoppressivo.

Parimenti Sez. 4, n. 4391 del 22/11/2011, dep. 2012, Di Leila, Rv., 251941-01, che ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva affermato la sussistenza della responsabilità, ex art. 589 cod. pen., del direttore sanitario di una casa di cura – nei confronti di un degente affetto da schizofrenia caduto da una finestra – il quale, nonostante la condizione del paziente fosse macroscopicamente peggiorata e gli fosse nota la necessità di nuove iniziative terapeutiche e assistenziali, si astenne dal porre in essere le relative iniziative, di cui, peraltro, egli stesso aveva dato conto nel corso di un «briefing» (si veda altresì, circa il rilievo, nella specifica materia, del fattore eccezionale quale causa interruttiva del nesso causale, Sel. 4, n. 10430 del 06/11/2003, dep. 2004, Guida, Rv. 227876-01, la quale, in fattispecie di responsabilità professionale del medico per il suicidio di un paziente, ha ritenuto che correttamente i giudici di merito, sulla base di un ragionamento probatorio esente da vizi logici e che aveva escluso ogni interferenza di fattori alternativi, avessero affermato l’efficacia causale della condotta del medico psichiatra che aveva autorizzato l’uscita dalla struttura sanitaria di una paziente malata di mente e con forti istinti suicidari, affidandola ad una accompagnatrice volontaria priva di specializzazione adeguata, alla quale non aveva fornito qualsivoglia informazione sullo stato mentale della malata e sui precedenti tentativi di suicidio dalla stessa attuati)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA