Illegittimo il sequestro probatorio per autoriciclaggio se non sono almeno astrattamente individuati i reati tributari presupposti
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 26902.2022, depositata il 12.07.2022, resa dalla seconda sezione penale della Suprema corte che, pronunciatasi sulla legittimità del sequestro probatorio eseguito in ordine ad una imputazione provvisoria di autoriciclaggio del provento di reati tributari, ha statuito il principio di diritto secondo il quale, per poter ipotizzare il delitto contro il patrimonio, è necessaria quanto meno l’astratta configurabilità del reato presupposto.
Qualora, come nel caso in disamina, i reati presupposti siano quelli previsti e puniti dal d.lgs. n.74/2000, è onere del giudice indicarne gli elementi costitutivi tra i quali si annovera anche la soglia di punibilità se fissata dalla norma incriminatrice.
L’ipotesi di reato e la fase cautelare.
Il Tribunale del riesame di Foggia confermava il decreto di sequestro probatorio di nove carnet di assegni, rinvenuti nel corso della perquisizione delle abitazioni dell’indagato e dei suoi figli.
Il Pubblico ministero a sostegno del mezzo di ricerca della prova aveva ipotizzato nei confronti di dell’indagato i reati di cui agli artt. 512 bis e 648 ter c.p. per aver egli attribuito fittiziamente ai figli la titolarità di aziende agricole di fatto integralmente da lui gestite, al fine di agevolare la commissione del delitto di cui all’art. 648 ter c.p. commesso con il reimpiego di denaro di provenienza delittuosa, ricavato dalla fittizia cessione di ramo d’azienda.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Contro l’ordinanza resa dal Collegio cautelare interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di impugnazione, denunciando, per quanto qui di interesse, la insussistenza del fumus commissi delicti dell’autoriciclaggio.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso annullando con rinvio il provvedimento impugnato.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi della trama argomentativa della sentenza in commento afferenti il tema del reato di cui all’art. 648 cod. pen.:
“Deve quindi affermarsi che, ai fini della legittimità del sequestro di cose che si assumono pertinenti al reato di autoriciclaggio, pur non essendo necessari la specifica individuazione e l’accertamento del delitto presupposto, è tuttavia indispensabile che esso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti e scrutinati, almeno astrattamente configurabile e precisamente indicato: situazione non ravvisabile quando il giudice si limiti semplicemente a supporne l’esistenza, sulla sola base del carattere asseritamente sospetto delle operazioni relative ai beni e valori che si intendono sottoporre a sequestro (in tal senso, ex multis Sez. 2, n. 813 del 19/11/2003, dep. 2014, Rv. 228382).
Nel caso in esame, tuttavia, ciò che il Tribunale del riesame ha posto in luce è la realizzazione da parte dell’indagato di “anomalie fiscali o tributarie” ma tale indicazione non può esaurire la valutazione strettamente necessaria al fine di ritenere sussistente il fumus commissi delitti nei termini sopra indicati.
Come censurato nel ricorso, infatti, il delitto presupposto è solo genericamente enunciato, non avendo il Tribunale del riesame spiegato in cosa consistessero tali anomalie e se esse rivestissero rilievo penale.
Tali indicazioni si rendevano vieppiù necessarie se solo si consideri che per alcune fattispecie incriminatrici di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 è prevista la soglia di punibilità, che, come anche da ultimo affermato da questa Corte (Sez. 2, n. 11986 del 18/02/2021, Rv. 280995), “rientra tra gli elementi costitutivi del reato.
Essa si traduce nella fissazione di una quota di rilevanza quantitativa e/o qualitativa del fatto tipico, con la conseguenza che, alla mancata integrazione della soglia, corrisponde la convinzione dei legislatore circa l’assenza nella condotta incriminata di una “sensibilità” penalistica del fatto, sicché il comportamento sotto soglia è ritenuto non lesivo del bene giuridico tutelato, consistente, nel caso in esame, nella salvaguardia degli interessi patrimoniali dello Stato connessi alla percezione dei tributi, anche in ossequio alla necessità di esaltare il principio di offensività” (così Sez. 3, n. 27007 del 22/07/2020, Bianchi, Rv. 279917).
Ne’ può ritenersi appagante il rilievo del Tribunale del riesame secondo cui, “versando il procedimento in fase cautelare, allo stato deve ritenersi sufficiente un mero fumus del superamento delle soglie di punibilità – chiaramente emergente dal delineato quadro indiziario”.
Difatti, se è vero che, come già detto, il delitto presupposto non deve essere esattamente individuato né tantomeno accertato giudizialmente, è altresì innegabile che, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, il fumus del superamento delle soglie di punibilità non emerge affatto dal “delineato quadro indiziarlo”, sicché il mero rinvio a tale quadro, senza alcun riferimento ad elementi idonei a far ritenere superate le soglie di punibilità, si risolve in un’affermazione priva di contenuto”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA