La colpa grave del cardiologo che non ordina l’immediato intervento chirurgico del paziente affetto da aneurisma all’aorta preclude l’applicazione della causa di non punibilità

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 27576/2022 – depositata il 15.07.2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, che ha affrontato un caso di responsabilità professionale ascritta ad un medico specialista in cardiologia, ritenuto responsabile di omicidio colposo per non aver posto immediata indicazione di intervento chirurgico cui sottoporre il paziente di giovane età malgrado dagli esami strumentali era emersa la presenza di un pericoloso aneurisma all’aorta.

La sentenza è di interesse per gli operatori del diritto che si occupano della materia medico – legale, in quanto affronta i temi del nesso causale  – in termini controfattuali  e,  soprattutto, della colpa del sanitario scrutinata,  nel caso di specie, alla luce dei due impianti normativi che si sono succeduti nel tempo (Legge Balduzzi e Gelli Bianco)  e delle condizioni che devono ricorrere per l’applicazione delle rispettive cause di non punibilità.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Secondo quanto contestato con l’editto accusatorio l’imputato tratto a giudizio nella sua qualità di  medico specialista in cardiologia, è stato riconosciuto colpevole di avere cagionato la morte del paziente per le seguenti ragioni: pur avendo diagnosticato, sulla base della visita, dell’anamnesi e della documentazione disponibile (ECG ripetuti in diverse date ed eseguiti da altri cardiologi), una notevole ectasia, cioè una dilatazione patologica, della radice dell’aorta ascendente con sospetta bicuspidia valvolare ed in presenza di una situazione in rapido peggioramento, non ha riconosciuto un quadro riconducibile ad una emergenza da trattare con ricovero in reparto cardiochirurgico, disponendo ulteriori esami per approfondimento diagnostico e prescrivendo terapia farmacologica del caso.

Il giovane paziente recatosi a scuola il giorno successivo accusava un forte un malore cui seguiva il decesso per dissecazione dell’aorta.

L’impianto accusatorio fondato su una consulenza collegiale disposta dal PM nel corso delle indagini preliminari, seppure contrastato dalle conclusioni cui erano giunti i consulenti della difesa, trovava conferma nella sentenza di primo grado resa a seguito di giudizio abbreviato celebrato innanzi al GUP di Benevento, poi confermata in grado di appello dalla Corte territoriale di Napoli.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del sanitario proponeva ricorso per cassazione contro la decisione resa in grado di appello articolando plurimi motivi di doglianza, tra i quali, per quanto di interesse per la presente nota, veniva denunciata l’omessa motivazione sul tema della colpa e della eventuale causa di non punibilità, anche alla luce della nota successione di leggi penali nel tempo.

I Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso ai fini civili confermando le statuizioni risarcitorie dichiarando, tuttavia, la  prescrizione del reato maturata nel corso del processo.

Di seguito si riportano i più significativi passaggi  giuridici estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento:

Infondato è anche il terzo motivo di ricorso: infatti, la caratterizzazione(esplicita alla p. 11 della sentenza impugnata ed alle pp. 10-11 di quella di primogrado) della colpa del medico in termini di gravità preclude la possibilità di aderire alle tesi ivi sviluppate sia con riferimento alla legge n. 189 del 2012 che con riferimento alla legge n. 24 del 2017.

Infatti, come autorevolmente precisato dalle Sezioni Unite della S.C., «In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 cod. pen., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine,. in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse» (Sez. U, n. 8770 del 21/12/2017, dep. 2018, Mariotti, Rv. 272174), mentre l’area di esclusione dal novero della rilevanza penale di cui alla previgente – e pacificamente più favorevole (cfr. Sez. U, n. 8770 del 21712/2017, dep. 2018, Mariotti, Rv. 272175) – disciplina presuppone, appunto, l’inquadramento del fatto in termini di colpa lieve, ciò che è stato motivatamente escluso, sotto tutti e tre i profili di addebitabilità (imperizia, imprudenza, negligenza) in considerazione di errori motivatamente definiti “eclatanti” (pp. 7 e 10 della decisione del Tribunale).

Si tratta dei seguenti: mancata valutazione del rapido deterioramento della parete dell’aorta discendente e dell’afflusso di consistenti masse ematiche al pericardio; mancata considerazione non solo della familiarità e del soffio al cuore, obiettivamente rilevabile, ma persino del riferito, persistente, dolore anomalo al petto del ragazzo; omissione di valutazione di una situazione di assoluta emergenza; in luogo della attivazione di un protocollo di urgenza, mero consiglio di effettuare un intervento chirurgico in struttura privata del nord Italia ed un approfondimento diagnostico e suggerimenti quali preferire l’ascensore alle scale, ipotizzando un’indigestione o una condizione ansiosa del paziente non altrimenti emergente (p. 11 della decisione impugnata e pp. 10-11 di quella di primo grado)”.

La decisione impugnata, in definitiva, è immune dai vizi denunciati ed in linea con i precedenti di legittimità, tra i quali Sez. 4, n. 26906 del 15/05/2019,Hijazi Daniel, Rv. 276341, secondo cui «Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente (Fattispecie in tema di omicidio colposo, incui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato lresponsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia)» (nello stesso senso cfr. Sez. 4, n. 2154 del 18/11/2021, dep. 2022, Belloni Annalisa, non mass.)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA