Equipe diacronica: la cassazione conferma i principi che regolano la responsabilità dei sanitari che si avvicendano nella cura del paziente.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 27566/2022 – depositata il 15.07.2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione che ha sottoposto allo scrutinio di legittimità un caso di omicidio colposo, affrontando il tema della posizione di garanzia del sanitario imputato, rispetto a quella di altri professionisti che avevano prestato la loro consulenza nei confronti del medesimo paziente.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha validato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto provata la esclusiva penale responsabilità dell’imputato specialista in cardiologia per il decesso del paziente, disattendendo la tesi difensiva che aveva tentato di escluderla facendo riferimento all’attività di cura e diagnosi prestata da altri medici che si erano avvicendati nella cura del paziente.

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Secondo il capo di imputazione era stato addebitato all’imputato il delitto di omicidio colposo per il decesso del paziente dovuto a “shock emorragico da rottura della milza“, a causa di infarto settico ascessualizzante quale conseguenza di embolizzazione da endocardite batterica della valvola aortica, per colpa consistita in imperizia e in negligenza, ritenute di grado gravissimo.

Sempre secondo l’editto accusatorio l’imputato – medico di fiducia del paziente operante nella struttura pubblica – malgrado il chiaro quadro patologico ingravescente, come risultante dalla diagnostica per immagini, avrebbe disposto solo la esecuzione di un elettrocardiogramma senza prescrivere né il ricovero del paziente né l’esecuzione di tac torace ed addome, emoculture, la somministrazione mirata di antibiotici, quali indagini più specifiche non valutando neppure  l’ipotesi della asportazione della milza.

La Corte di appello di Firenze confermava integralmente la sentenza di condanna resa dal Tribunale  di Siena.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

La difesa del prevenuto interponeva ricorso per cassazione contro la pronuncia delle Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione stigmatizzando, per quanto di interesse per il presente commento, vizio di motivazione in ordine alla mancata, corretta, disamina della posizione di garanzia assunta da altri sanitari specialisti consultati dal paziente prima dell’exitus infausto.

La Corte di Cassazione, rilevando l’intervenuta prescrizione del reato, ha annullato la sentenza ai fini penali, confermandone le statuizioni civili, ritenendo che l’accertata violazione delle leges artis  da parte dello specialista rientrante nella sua specifica competenza, non consentisse di far leva sull’affidamento risposto nel giudizio espresso da altri medici.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dalla parte motiva della sentenza in commento che enunciano i principi informatori della responsabilità diacronica dell’équipe medica:

“…«Quanto alla responsabilità di equipe [oltre alla cooperazione sincronica fra medici e medici e/o ausiliari che agiscono contestualmente per la cura di un paziente, in cui i contributi si integrano a vicenda ed in un unico contesto temporale in vista del conseguimento del risultato sperato], la cooperazione terapeutica può dipanarsi anche in forma diacronica, cioè attraverso atti medici successivi, affidati anche a sanitari dotati della medesima o di differenti specializzazioni: in questo secondo caso l’unitario percorso diagnostico o terapeutico si sviluppa attraverso una serie di attività tecnico-scientifiche di competenza di sanitari diversi, funzionalmente o temporalmente successive […]

In entrambi i casi opera, comunque principio di affidamento quale limite in concreto all’obbligo di diligenza gravante su ogni titolare della posizione di garanzia, essendo opportuno che ogni compartecipe abbia la possibilità di concentrarsi sui compiti affidatigli, confidando sulla professionalità degli altri, della cui condotta colposa, poi, non può essere chiamato, almeno di norma, a rispondere.

Sia nel caso di cooperazione diacronica che sincronica, peraltro, in base ai tradizionali principi in tema di posizione di garanzia e di colpa, non potrà invocare il principio di affidamento, né violazione del dovere di controllo, il sanitario, quando la condotta colposa del collega si concretizzi nella inosservanza delle leges artis, che costituiscono il bagaglio professionale di ciascun medico (e, a fortiori, qualora l’inosservanza riguardi proprio le leges artis del settore specialistico in cui anche l’agente e specializzato), con la conseguente prevedibilità e rilevabilità dell’errore altrui anche da parte di un medico non specialista nel settore, in condizioni- per tale motivo, di controllare la correttezza.

In tal senso, infatti, si richiama il principio puntualizzato dalla sentenza della S.C., Sez. 4, n. 19637 del 02/04/2010, ric. Fasulo, non mass., resa in un caso in cui nel corso di intervento di mastoplastica additiva, una paziente era stata mal posizionata sul lettino operatorio ed era stata mantenuta in tale incongrua posizione per tutta la durata dell’intervento con una conseguente lesione del nervo del plesso branchiale.

Il processo era giunto alla Corte di cassazione dopo due sentenze conformi di condanna a carico sia del medico chirurgo che dell’anestesista.

Una delle questioni affrontate nella sentenza in questione è stata proprio quella dell’esistenza di un obbligo in capo al chirurgo attinente il posizionamento e la movimentazione della paziente sul lettino, che, secondo la tesi difensiva, spettava solo all’anestesista.

Ed è stato allora affermato il principio che, in ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, ogni sanitario è tenuto ad osservare, oltre che il rispetto delle regole di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, gli obblighi ad ognuno derivante dalla convergenza di tutte le attività verso il fine unico e comune.

Il sanitario, quindi, non può esimersi dal conoscere e valutare (nei limiti in cui sia da lui conoscibile e valutabile) l’attività precedente e contestuale di altro collega e di controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errore altrui.

Non era quindi illogica – si è ritenuto da parte della S.C. – la motivazione secondo cui il posizionamento della paziente sul lettino, pur essendo materialmente predisposto dall’anestesista, non poteva definirsi del tutto sottratta al controllo del medico chirurgo» (così in motivazione sub nn, 2.2. e 2.2.1., pp. 6-8, del “considerato in diritto” di Sez. 4, n. 22007 del 23/01/2018, P.G. in proc. Muratore e altro, Rv, 272744, non mass. sul punto).

Nel caso di specie, le sentenze di merito (pp. 17-19 della decisione impugnata e, assai diffusamente, pp. 48-66 di quella del Tribunale) ritengono concordemente violate in maniera assai grave dal cardiologo proprio le leges artis del settore specialistico in cui lo stesso è specializzato, con la conseguenza che vano risulta il tentativo difensivo di attribuire ad altri sanitari, specializzati nella stessa disciplina ovvero in altre, la responsabilità per la morte del paziente”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA