Enunciati i presupposti per il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità prevista dalla legge fallimentare in una recente pronuncia della Cassazione
Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza numero 26057.2022, resa dalla sezione quinta penale della Suprema Corte che si è pronunciata sui presupposti applicativi della attenuante speciale del danno di speciale tenuità prevista dall’art. 219, comma terzo, legge fallimentare.
La pronuncia in commento dà continuità al dominante orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale, la concedibilità o meno dell’attenuante da parte del giudice del merito, deve essere valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento.
L’imputazione ed il doppio grado di merito
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che il tribunale di Udine aveva condannato l’imputato alle pene, principale ed accessorie, ritenute di giustizia, in relazione a due fatti di bancarotta preferenziale, così diversamente qualificato il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione originariamente in rubrica ascrittogli, in relazione al fallimento di una società di capitali.
La Corte di appello di Trieste riformava la sentenza di primo grado limitatamente alla durata delle pene accessorie.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato lamentando violazione di legge e vizio di motivazione limitatamente al mancato riconoscimento in favore del proprio assistito della circostanza attenuante speciale, ex art. 219, ultimo comma, I. fall., da ritenere prevalente, secondo l’impostazione difensiva, sulla ritenuta recidiva reiterata.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso
Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse per la presente nota:
“….. Ed invero, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di bancarotta, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto di cui all’art. 219, comma terzo, L.fall., deve essere posto in relazione alla diminuzione (non percentuale, ma globale) che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti; né è necessario che l’entità dell’attivo sia interamente e dettagliatamente ricostruita, essendo sufficiente, al fine di escludere la circostanza attenuante di cui all’art. 219, comma terzo, L. fall., la distrazione di beni di rilevante entità, idonea di per sé ad incidere, in misura consistente, sul riparto (cfr. Cass., Sez. 5, n. 5300 del 16/01/2008, Rv. 239118; Cass., Sez. 5, n. 19981 del 01/04/2019, Rv. 277243).
La speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267, va, in altri termini, valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento (cfr. Cass., Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019, Rv. 277658).
Orbene la decisione della corte territoriale appare del tutto in linea con gli evidenziati principi, tenuto conto del valore complessivo dei beni oggetto di bancarotta preferenziale, che sono stati comunque sottratti al soddisfacimento delle ragioni del ceto creditorio, certamente idoneo a incidere in maniera consistente sul riparto finale (una somma di 5000,00 euro ricevuta in pagamento da un debitore della società; la somma di euro 1128,91 del saldo cassa, somme che l’imputato aveva trattenuto per sé e la sua famiglia a titolo di “rimborso” per le spese sostenute per consentire la prosecuzione dell’attività sociale), a fronte di un attivo di 5000,00 euro, costituito da un automezzo e alcuni beni, laddove alcun rilievo può attribuirsi al maxi schermo acquistato dalla fallita nel 2012 per un valore di 9.442,32 euro, posto che, in relazione a tale bene il ricorrente è stato assolto dal reato bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, con la formula perché il fatto non sussiste”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA