Esercizio abusivo della professione per l’odontoiatra no-vax che esercita senza vaccinarsi.

Segnalo la recente sentenza numero 34273/2022 – depositata il 15/09/2022, resa dalla sezione sesta penale, che si è pronunciata sulla rilevanza penale della condotta dell’odontoiatra che continua ad esercitare la propria professione malgrado il mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale prescritto dalla normativa emergenziale dettata per il contrasto alla pandemia da Covid-19.

La Corte di legittimità, nel decidere il caso di specie, ha ritenuto destituita di fondamento la tesi formulata dal difensore del sanitario volta a dimostrare che il fatto in contestazione poteva essere sanzionato solo in sede amministrativa all’esito del relativo procedimento, non integrando la condotta ascritta all’indagato la fattispecie di reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

 

L’incolpazione provvisoria e la fase cautelare di merito.

A seguito di un controllo dello studio dentistico, sarebbe stato accertato che [omissis] esercitava la propria attività nonostante fosse stato sospeso con delibera dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri a seguito dell’accertata inosservanza non giustificata dell’obbligo vaccinale contro l’infezione da Sars.

Il Tribunale di Forlì, in funzione del giudice del riesame, confermava il decreto di sequestro preventivo impeditivo dello studio dentistico nei riguardi di [omissis] indagato per il reato previsto dall’art. 348 cod. pen.

 

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro l’ordinanza resa dal Tribunale della Libertà proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di impugnazione, denunciando vizio di legge e di motivazione convergenti nel sostenere che l’accertata violazione da parte del sanitario dell’obbligo vaccinale comporta la sospensione dell’esercizio delle professioni sanitarie e che lo svolgimento dell’attività lavorativa in violazione del suddetto obbligo sarebbe sanzionato solo sul piano amministrativo

La Corte regolatrice ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

L’art.4 ter, comma 5, del d.l. n. 44 del 2021 prevede: “Lo svolgimento dell’attività  lavorativa in violazione dell’obbligo vaccinale di cui al comma 1 e’ punito con la sanzione dì cui al comma 6 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza.

Le disposizioni di cui al primo periodo si applicano anche in caso di esercizio della professione o di svolgimento dell’attività lavorativa in violazione degli obblighi vaccinali di cui agli articoli 4 e 4-bis.

Il comma 6 dell’articolo in esame a sua voltar prevede: ” La violazione delle disposizioni di cui al comma 2 è sanzionata ai sensi dell’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9 del decreto legge legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 bis, del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n,. 74.

La sanzione è irrogata dal prefetto e si applicano, per quanto non stabilito dal presente comma, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili.

Per le violazioni di cui al comma 5, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto legge n. 19 del 2020 è stabilita nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500″.

In tale quadro di riferimento, i motivi di ricorso rivelano la loro strutturale inammissibilità perché il fatto per cui si procede è diverso da quello disciplinato e sanzionato ai sensi dell’art. 4 ter, comma 5, cit. 3.

La norma in questione ha infatti come presupposto lo svolgimento di un attività lavorativa compiuta in violazione dell’obbligo vaccinale prima che, in ragione dell’accertamento della violazione, il soggetto sia sospeso dall’albo professionale.

Nel caso di specie, la condotta posta a fondamento del reato e del titolo cautelare reale per cui si procede è invece quella compiuta temporalmente dopo la sospensione dall’ordine dei medici – chirurghi e degli odontoiatri, quando, cioè, l’indagato non poteva più svolgere l’attività professionale.

Dunque, nella specie, non si è in presenza né di un unico fatto, né, tantomeno, di un medesimo fatto, né di un concorso apparente di norme; si tratta di fatti autonomi e distinti disciplinati da norme diverse”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA