La condanna “patteggiata” con la sospensione pena per bancarotta fraudolenta impedisce l’applicazione delle pene accessorie
Segnalo la sentenza numero 36742.2022 – depositata il 28/09/2022, resa dalla sezione quinta penale della Suprema Corte, che si è pronunciata sulla legittimità del capo della sentenza con il quale il Giudice di merito aveva disposto la comminatoria delle pene accessorie previste dall’art.216 legge fallimentare agli imputati nei confronti dei quali, il medesimo magistrato, aveva applicato la pena concordata e condizionalmente sospesa ex art. 444 e segg. c.p.p.
Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata che aveva applicato agli imputati le pene accessorie previste per la bancarotta fraudolenta ostandovi il disposto dell’art. 445 c.p.p.
Il capo di imputazione e la sentenza di primo grado.
IL Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pescara applicava ai due imputati tratti a giudizio la pena richiesta dalle parti, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata, rispettivamente nella misura di anni due e di anni uno e mesi dieci di reclusione.
Con la stessa sentenza venivano applicate ai suddetti imputati le pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.
Contro la sentenza resa dal GUP proponeva ricorso per cassazione la difesa degli imputati, denunciando vizio di legge in riferimento all’articolo 445 cod. proc. pen., il quale esclude l’applicazione delle pene accessorie qualora la pena detentiva applicata sia inferiore a due anni.
La Corte regolatrice ha accolto il ricorso riformando la sentenza impugnata, espungendone il capo relativo alle pene accessorie.
Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:
“Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pescara ha errato nel ritenere applicabile le pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, I.f. sebbene la pena principale fosse stata concordata tra le parti nella misura inferiore ad anni due di reclusione.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il patteggiamento di una pena detentiva non superiore ai due anni preclude l’applicazione delle pene accessorie obbligatorie per legge, non essendo gli articoli 216 e 217 I.f. norme speciali, prevalenti rispetto a quella di cui all’art. 445, comma primo, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 24068 del 27/04/2016, Mariottini, Rv. 26700501; Sez. 5, n. 15386 del 19/02/2016, Volpini, Rv. 266470; Sez. 5, Sentenza n. 17954 del 13/02/2014, Marzorati, Rv. 262094).
Si è infatti precisato che le disposizioni concernenti l’applicazione della pena su richiesta delle parti escludono, ai sensi dell’art. 445, comma primo, cod. proc. pen., che con la sentenza pronunciata ex art. 444, comma secondo, stesso codice, possa essere irrogata una pena accessoria od una misura di sicurezza, fatta eccezione per la confisca ex art. 240, comma secondo, cod. pen.
Invero, è l’art. 445 cod. proc. pen. ad avere natura di norma speciale, proprio in ragione del carattere di premialità attribuito dal legislatore all’istituto del patteggiamento di cui all’art. 444 cod. proc. pen., come contropartita all’economia processuale che la scelta delle parti consente (così in motivazione Sez. 4, n. 9727 del 05/07/1994, P.G. e MOR, Rv. 20013701; si vedano pure in tal senso Sez. 6, sentenza n. 5544 del 03/04/1996, Rv. 204881 e Sez. 5, sentenza n. 17954 del 13/02/2014, Rv. 262094, nonché Sez. 5, Sentenza n. 10988 del 28/11/2019 -dep. 01/04/2020- Rv. 278882).
Va quindi ribadito che, non essendovi elementi che consentano di qualificare la norma di cui all’art. 216 r.d. 267/1942 speciale rispetto a quella processuale di cui all’art. 445 cod. proc. pen. in tema di patteggiamento, è quest’ultima a prevalere, sicché nel caso, come quello in esame, nel quale venga concordata una pena non superiore ai due anni è preclusa l’applicazione delle pene accessorie.
Il Giudice dell’udienza preliminare nel caso in esame ha dunque erroneamente applicato le pene accessorie, che, pertanto, sono da ritenersi illegali, in quanto irrogate al di fuori dei limiti consentiti dal legislatore”
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA