Prime indicazioni dalla Cassazione per quantificare il profitto del reato del caporalato da confiscare

Segnalo la sentenza numero 34937.2022 – depositata il 21/09/2022, resa dalla quarta sezione penale della Suprema Corte che scrutinando una ipotesi di reato di sfruttamento del lavoro, ha affrontato il tema giuridico della quantificazione economica della confisca obbligatoria prevista dall’art. 603 bis.2 cod. pen. ed operata per equivalente sul patrimonio dell’imputato.

La Corte di legittimità, nel decidere il caso di specie, ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo, per quanto di interesse per il presente commento, che la quantificazione del profitto del reato di caporalato operata dai giudici di merito che si erano basati sulla differenza tra la retribuzione prevista dai contratti collettivi nazionali di riferimento e quella effettivamente corrisposta ai lavoratori vessati, fosse immune da vizi logico – giuridici denunciabili con il ricorso per cassazione.

 

Il reato contestato ed il doppio grado di merito.

La Corte di Appello di Brescia confermava la decisione del Tribunale di Mantova che aveva riconosciuto [omissis] colpevole del reato di sfruttamento della manodopera per avere impiegato tredici operai extra comunitari presso un laboratorio tessile  sottoponendoli a condizione di sfruttamento lavorativo collegato al loro stato di bisogno, con retribuzione di gran lunga inferiore a quella fissata dai contratti collettivi del settore e con orario lavorativo di circa 8-9 ore giornaliere e a condizioni di alloggio degradanti e non conformi alle regole igieniche essenziali.

Oltre alla pena ritenuta di giustizia il Tribunale aveva disposto la confisca diretta del profitto del reato di cui all’art.603 bis.2 cod. pen. pari alla somma di euro 98.706,20 pari ai contributi assistenziali non versati o, in subordine, la confisca per equivalente ai danni dell’imputato.

 

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale di Brescia proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di impugnazione, con uno dei quali veniva denunciato vizio di legge in ordine al metodo seguito dai giudici di merito per quantificare il profitto di reato.

La Corte regolatrice ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“……..Anche il terzo motivo di ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, richiamando la pronuncia di primo grado ha evidenziato come la confisca del profitto del reato sia obbligatoria ai sensi dell’art.603 2 bis cod. pen., che il profitto del reato era stato calcolato in modo estremamente analitico sulla base dello stipendio medio di ciascun operaio in base a contratti nazionali (peraltro per un importo di euro 7,02 euro per ora), sulla base di annotazione di P.G. dettagliata e non sottoposta a censure, e che la confisca per equivalente era stata legittimamente disposta nei confronti del [omissis] quale responsabile del reato di sfruttamento della manodopera e amministratore di fatto dell’azienda tessile”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA