Togliere la liquidità dal conto corrente della società non integra di per sé la sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte.

Segnalo la sentenza numero 35295/2022 – depositata il 21.09.2022, resa dalla sezione terza penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata sulla sussistenza o meno del delitto di sottrazione fraudolenta dalle imposte, previsto e punito dall’art. 11 d.lgs n.74/2000, per il quale era stato emesso decreto di sequestro preventivo, nel presupposto che i bonifici eseguiti dalla società costituissero atti simulati strumentali a svuotare le casse sociali, in modo tale da rendere inefficace l’attività di riscossione dell’Erario.

La Suprema Corte, nel dirimere il caso di specie, ha ritenuto di dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale che, per, l’integrazione del reato tributario, richiede la sussistenza del requisito del carattere effettivamente fraudolento delle operazioni negoziali compiute, comprese le disposizioni di pagamento.

Le ipotesi di reato ed il giudizio cautelare di merito.

Il Tribunale del Riesame di Bologna confermava  il decreto del Giudice delle indagini preliminari in sede con il quale era  stato disposto nei confronti della società (OMISSIS) s.r.l., legalmente rappresentata da (OMISSIS), indagato per il reato associativo finalizzato alla commissione di una serie di reati tributari e fallimentari, il sequestro preventivo diretto finalizzato alla confisca in relazione al reato di cui al reato di cui all’art. 11 D.lgs. n.74/2000 riferibile alla società (OMISSIS) della somma di Euro 429.800,00

Secondo l’ipotesi accusatoria posta a fondamento del provvedimento cautelare reale, i pagamenti esegui dalla società non erano da considerare come adempimento di obbligazioni contratte nell’esercizio dell’attività di impresa ma strumenti per operare il sistematico svuotamento dei conti correnti sui quali giaceva liquidità aggredibile dall’amministrazioni finanziaria dello Stato.

 

Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

La difesa della società interponeva ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p. articolando plurimi motivi di ricorso.

Per quanto di interesse per il presente commento, veniva denunciato vizio di legge in ordine alla sussistenza indiziaria del delitto di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte chiedendo, per l’effetto, la revoca del sequestro preventivo.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso annullando l’ordinanza impugnata:

“…Per la configurazione del rilievo penale della condotta, non è sufficiente che gli atti siano oggettivamente finalizzati a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, ma è necessario che gli stessi si caratterizzino altresì per la loro natura simulatoria o fraudolenta.

Con riguardo, in particolare, alla nozione di “atti fraudolenti”, deve evidenziarsi che devono ritenersi tali tutti quei comportamenti che, quand’anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione (Sez. 3, n. 29636 del 02/03/2018, Rv. 273493; Sez. 3, n. 25677 del 16/05/2012, Rv. 252996).

Gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, avranno dunque natura fraudolenta se connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, così mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa la procedura di riscossione coattiva (Sez. 3, n. 35983 del 17/09/2020, Rv. 280372).

Alla luce dei principi fissati da questa Corte in tema di configurabilità della fattispecie contestata, a parere del Collegio l’ordinanza impugnata non ha operato una completa applicazione degli stessi nel motivare sulla esistenza del fumus commissi delicti, soffermandosi in realtà unicamente sulla circostanza di un parziale svuotamento dei conti correnti della (OMISSIS) attraverso ” un anomalo e significativo flusso in entrata con causali non circostanziate..” sul conto della (OMISSIS) s.r.l. per Euro 249.000,00 (somma, quest’ultima, oggetto di sequestro finalizzato alla confisca).

Ed invero occorre osservare che non risultano adeguatamente illustrate quali siano le singole operazioni compiute e dunque i singoli atti di disposizione al fine di valutare il requisito della natura fraudolenta delle operazioni medesime che, come detto, non può essere ritenuta implicita nella sola idoneità degli atti a mettere in discussione la possibilità di recupero del credito da parte dell’Erario.

Al riguardo deve in particolare rilevarsi che, a fronte della specifica deduzione difensiva in base alla quale i pagamenti rappresentavano il corrispettivo della (OMISSIS) alla (OMISSIS) per l’acquisto di gabbioni in plastica che la società di trasporti utilizzava per la sua attività, a riprova della effettiva sussistenza dei rapporti negoziali tra le due società, la ordinanza si è limitata ad evidenziare che l’esercizio di attività di impresa lecita non esclude una strumentalizzazione della stessa per la realizzazione di scopi illeciti di evasione fiscale, argomentazione logica, ma non sufficiente.

L’idoneità  degli atti a eludere l’esecuzione esattoriale non può ritenersi di per se’ sufficiente a riconoscere la natura ingannatoria o artificiosa degli atti per cui, essendo mancata nell’ordinanza una motivazione effettiva e non apparente sulla individuazione dei tempi degli atti di disposizione e sul carattere effettivamente fraudolento delle varie operazioni compiute, la ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Bologna”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA