L’intestazione fittizia di un immobile resta assorbita nel reato di riciclaggio se per l’acquisto del bene viene impiegata la liquidità di provenienza delittuosa.

Segnalo la sentenza numero 38141/2022 – depositata il 10.10.2022, resa dalla sezione seconda penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata sulla sussistenza o meno del reato di intestazione fittizia di beni, quando la condotta incriminata – nella specie l’acquisto di un immobile –   si inserisce nell’alveo di un più ampio disegno criminoso integrante il reato di riciclaggio del denaro.

La Suprema Corte, nel dirimere il caso di specie, partendo dal presupposto giuridico che il delitto di riciclaggio può essere integrato anche mediante una pluralità di distinti atti in sé leciti, realizzati a distanza di tempo l’uno dall’altro e finalizzati a dissimulare la provenienza delittuosa del denaro, ha ritenuto che l’acquisto dell’immobile fosse da considerare come l’ultimo segmento della condotta prevista e punita dall’art. 648 bis cod. pen. e non reato autonomo.

 

Il caso di specie, l’imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Roma confermava la decisione con la quale il Giudice per l’udienza preliminare del medesimo Tribunale, ad esito del giudizio abbreviato, aveva condannato l’imputata alla pena ritenuta di giustizia per i reati di trasferimento fraudolento di valori in concorso (artt. 110 e 512-bis cod. pen.) e riciclaggio aggravato dal danno di rilevante gravità (artt. 648-bis e 61, primo comma, n. 7, cod. pen.).

I giudici del doppio grado di merito hanno ricostruito la vicenda nei seguenti termini: l’imputata aprì a proprio nome un conto corrente, delegando il coniuge per le relative operazioni; sul conto fu riversato il denaro provento dei delitti di bancarotta commessi dal marito con il quale vennero periodicamente pagate al venditore, a mezzo di rimesse bancarie, le rate mensili del prezzo dell’immobile acquistato, fittiziamente intestato all’imputata medesima.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

La difesa dell’imputata ricorreva per cassazione articolando plurimi motivi.

Per quanto di interesse per il presente commento, veniva denunciato vizio di legge in ordine al concorso del reato di trasferimento fraudolento di valori in concorso con quello di riciclaggio nel quale, viceversa, doveva ritenersi assorbito il primo.

La Suprema Corte ha accolto la superiore articolazione difensiva, rigettando nel resto di ricorso, espungendo, per l’effetto, dalla sentenza di condanna, la parte di pena comminata per il delitto di cui all’art. 512 bis cod. pen.

Di seguito si riportano i più significativi passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza annotata: “…Nel caso di specie, però, alla luce della descritta ricostruzione del fatto, correttamente la Corte di appello ha evocato la figura del reato unico a formazione progressiva, considerato che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il riciclaggio è un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva può consistere anche in una pluralità di distinti atti in sé leciti, realizzati a distanza di tempo l’uno dall’altro, purché unitariamente riconducibili all’obiettivo comune cui sono finalizzati, ossia l’occultamento della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità che ne costituiscono l’oggetto: in questa ipotesi si configura proprio un unico reato a formazione progressiva, che viene a cessare con l’ultima delle operazioni poste in essere (Sez. 2, n. 7257 del 13/11/2019, Balestrero, Rv. 278374; Sez. 2, n. 29869 del 23/06/2016, Re, Rv. 267856; Sez. 2, n. 29611 del 27/04/2016, Re, Rv. 267511; Sez. 2, n. 52645 del 20/11/2014, Montalbano, Rv. 261624; da ultimo cfr. Sez. 2, n. 26250 del 22/06/2022, Petruzzella, non mass.).

In sostanza i giudici di merito hanno ravvisato una unica condotta di riciclaggio, realizzata con più atti, il primo dei quali costituito dal versamento sul conto corrente della ricorrente del denaro provento dei delitti commessi dal marito, poi utilizzato per pagare l’immobile, alla stessa fittiziamente intestato.

La fittizia intestazione, dunque, ha costituito un segmento della più articolata condotta di riciclaggio che, considerata la clausola di riserva dell’art. 512-bis cod. pen. («salvo che il fatto costituisca più grave reato»), non può essere sanzionata una seconda volta”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA