Condanna penale per il titolare di un’impresa subappaltatrice che non contribuisce a garantire la sicurezza sul lavoro in presenza di un rischio da interferenza

Segnalo la sentenza numero 38357/2022 – depositata il 12.10.2022, resa dalla sezione terza penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata sulla sussistenza o meno di responsabilità penale a carico del titolare di una impresa subappaltatrice, quando, a seguito di una verifica in cantiere effettuata  dagli organi preposti, non risultino essere state adottate tutte le misure prescritte dal d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni.

La Suprema Corte, nel dirimere il caso di specie, ha ritenuto di dare continuità al rigoroso orientamento giurisprudenziale secondo il quale tutte le imprese che operano all’interno dello stesso cantiere sono tenute a collaborare alla predisposizione ed efficace attuazione delle misure di prevenzione degli incidenti sul lavoro.

Ciò perché la compresenza di più imprese nell’ambito del medesimo contesto lavorativo, a prescindere dalle qualificazioni civilistiche del titolo che ne regola i reciproci rapporti (appalto, subappalto, lavoro autonomo, ecc.) determina, inevitabilmente, il contatto potenzialmente rischioso tra il personale dipendente impegnato ad eseguire le diverse lavorazioni, creando così  le condizioni per il verificarsi di incidenti sul lavoro.

Il caso di specie, l’imputazione  ed il giudizio di merito.

Il Tribunale di Milano condannava l’imputato, tratto  a giudizio nella qualità di amministratore di una società di capitali,  alla pena di euro 1.000,00 di ammenda relativamente al reato di cui agli art. 146 e 159 d. lgs. 81 del 2008, perché non circondava da normale parapetto e da tavola fermapiede le aperture lasciate nei solai e nelle piattaforme di lavoro, né le copriva con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.

Secondo quanto accertato dal Giudice di merito l’impresa del ricorrente operava nel cantiere per montare l’impianto di riscaldamento e di condizionamento all’interno di un immobile e non aveva  rispettato le norme sulla sicurezza nel lavoro per prevenire i rischi ai propri dipendenti, che stavano lavorando nel cantiere.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado (non appellabile trattandosi di condanna alla sola ammenda) sostenendo che le norme incriminatrici oggetto di imputazione non investivano l’impresa da lui rappresentata.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguiti si riportano i passaggi tratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento ove vengono enunciati i principi di diritto che governano la tutela penale prevista dall’ordinamento in presenza della  simultanea cooperazione di più imprese che generano il rischio da “interferenza”:

“…Il ricorso risulta inammissibile, in quanto generico ed in fatto, non si confronta con le motivazioni della sentenza e non prospetta vizi di legittimità avverso le motivazioni della decisione del Tribunale.

Per l’art. 26 del d. Igs. 81 del 2008, comma 2, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori, cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’opera complessiva.

Il concetto di interferenza, ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione previsti dall’art. 7 d.lgs. 626 del 1994(ora art. 26 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81), è dato dal contatto rischioso tra il personale di imprese diverse operanti nello stesso contesto aziendale e pertanto occorre aver riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori, e non alla mera qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – vale a dire contratto d’appalto o d’opera o di somministrazione – in quanto la “ratio” della norma è quella di obbligare il datore di lavoro ad organizzare la prevenzione dei rischi interferenziali attivando percorsi condivisi di informazione e cooperazione nonché soluzioni comuni di problematiche complesse (Vedi Sez. 4, Sentenza n. 9167 del01/02/2018 Ud., dep. 28/02/2018, Rv. 273257 – 01).

Del resto, non risulta prospettata neanche una completa autonomia dei lavori della ditta del ricorrente (“In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il subappaltante è esonerato dagli obblighi di protezione solo nel caso in cui i lavori subappaltati rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltatore” Sez. 4 – , Sentenza n. 12440 del07/02/2020 Ud., dep. 20/04/2020, Rv. 278749 – 01).

La ditta del ricorrente avrebbe dovuto montare l’impianto di riscaldamento e di condizionamento nell’immobile in oggetto, conseguentemente era tenuta a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione, onde evitare i rischi ai propri lavoratori nel cantiere”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA