Omicidio colposo per il chirurgo estetico che dopo l’intervento di liposuzione non si accerta delle condizioni di salute della paziente.

Segnalo  la recente  sentenza numero 32243/2022 resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione che, affrontando un caso di errore professionale ascritto al chirurgo imputato di omicidio colposo, ha ritenuto che i Giudici del doppio grado di merito avevano operato correttamente nell’affermare la penale responsabilità del sanitario il quale, dopo l’intervento chirurgico, aveva colposamente  omesso di verificare le condizioni di salute della paziente.

La sentenza in commento affronta, tra gli altri, l’aspetto del perimetro della posizione di garanzia del chirurgo quando i beni giuridici protetti della salute e la vita (come nel caso scrutinato) del paziente non vengono adeguatamente protetti nella fase post-operatoria.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Secondo il capo di imputazione era stato addebitato all’imputato, quale medico-chirurgo, di avere colposamente cagionato la morte della [omissis], per “occlusione trombo emolitica dell’arteria polmonare sinistra” nel post-operatorio dell’intervento ambulatoriale di liposuzione bilaterale delle cosce.

Secondo quanto accertato in sede di merito, il decesso della paziente fu causato da una tromboembolia polmonare massiva causata da una trombosi venosa profonda riconducibile all’intervento di lipoaspirazione eseguito dall’imputato il giorno precedente, durante il quale il chirurgo inavvertitamente lesionò la vena grande safena sinistra; tale lesione provocò la formazione di un vasto ematoma che dette luogo alla formazione del trombo.

La Corte di appello di Cagliari confermava la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di omicidio colposo per aver tenuto la condotta sopra descritta.

Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa dei prevenuto interponeva ricorso per cassazione contro la pronuncia delle Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Per quanto di interesse per il presente commento, con una articolazione difensiva, veniva denunciato vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui non era stata adeguatamente valorizzata la decisione della persona offesa di non contattare il medico malgrado la presenza di alcuni ematomi sulle gambe, fatto questo che avrebbe consentito un intervento salvifico  del sanitario ed interrotto il percorso causale sino all’evento avverso (decesso della paziente).

I Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento:

”….. Al riguardo, si deve stabilire il principio per cui elementari regole di prudenza e diligenza impongono al medico curante di visitare direttamente il paziente, secondo le tempistiche previste dall’ars medica, in presenza di possibili rischi di complicanze conseguenti all’adozione di terapie specifiche o all’esecuzione di interventi chirurgici, in maniera tale da poter constatare de visu l’eventuale sopravvenienza di sintomi e/o segnali d’allarme indicativi dell’inverarsi del rischio; si deve, invece, escludere recisamente la possibilità che una simile verifica sia affidata – in corso di terapia o nella fase post-operatoria – esclusivamente all’autovalutazione del paziente, in assenza, peraltro, di una chiara e precisa informativa in ordine alla natura dei possibili rischi conseguenti al trattamento medico e alla esatta descrizione dei sintomi o segnali indicativi della insorgenza degli stessi”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA