La tardiva diagnosi di un carcinoma non giustifica la condanna per omicidio colposo se non viene dimostrato il nesso causale tra l’omissione del chirurgo ed il decesso del paziente.

Segnalo la sentenza numero 40353/2022 – depositata il 26.10.2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, che ha esaminato un  caso responsabilità per omicidio colposo ascritta al medico di chirurgia oncologica.

La Suprema Corte ha ritenuto giuridicamente corretto il percorso logico – giuridico seguito del giudice di appello che aveva assolto l’imputato facendo corretta applicazione delle regole che informano il giudizio controfattuale nei reati omissivi colposi.

Invero, secondo la Corte di legittimità, la pur accertata tardiva diagnosi della grave malattia tumorale non aveva consentito di ricostruire retrospettivamente le caratteristiche del carcinoma al suo esordio, con la conseguenza che nel processo non era stato acquisito il dato conoscitivo fondamentale dal quale partire per poter affermare, con la necessaria certezza processuale (al di là di ogni ragionevole dubbio)  che una diagnosi anticipata di due anni rispetto a quella successivamente formulata,  avrebbe consentito cure efficaci capaci per evitare l’exitus infausto o quanto meno ridurne significativamente la portata patologica.

 

Il caso clinico, il reato contestato e le fasi processuali.

La Procura della Repubblica di Milano otteneva il rinvio a giudizio dell’imputato tratto a giudizio in qualità di responsabile dell’unità operativa di Chirurgia Generale della locale Azienda ospedaliera e di medico curante del paziente del quale, secondo l’ipotesi accusatoria per colpa omissiva, avrebbe provocato  la morte per carcinoma vescicale metastatico.

Il Tribunale di Milano affermava la penale responsabilità del sanitario.

La Corte di appello di Milano,  giudicando in sede di rinvio da un precedente annullamento e dopo l’espletamento di un perizia medico – legale disposta nel corso del secondo grado di giudizio, assolveva il medico per non aver commesso il fatto.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

Le parti civili costituite interponevano ricorso per cassazione avverso la pronuncia assolutoria della Corte territoriale che aveva annullato anche le statuizioni risarcitorie, denunciando vizi di legge e di motivazione afferenti la erronea valutazione del Collegio di appello in ordine al nesso di causalità tra l’inerzia colpevole del sanitario ed il decesso del loro congiunto.

La Suprema corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazione della sentenza in commento di interesse per la presente nota riguardanti l’applicazione del giudizio controfattuale al caso in disamina:

“…La sentenza impugnata con ampia motivazione, esaustiva e adeguata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità esclude la responsabilità del ricorrente, rilevando come dal materiale probatorio acquisito emerge con tutta evidenza l’assenza del nesso di causalità tra l’operato dell’imputato ed il decesso; infatti, per la sentenza impugnata l’accertamento della perizia evidenzia come “l’unica diagnosi effettuabile è del tutto ipotetica e, dunque, anche tutti i conseguenti ragionamenti in termini di chances di sopravvivenza in presenza di una tempestiva e corretta diagnosi e di una adeguata terapia, sono altrettanto ipotetici e non dimostrabili”.

Anche le considerazioni del consulente del P.M., per la Corte di appello, evidenziano solo una mera ipotesi probabilistica e statistica “delle mere ipotesi diagnostiche, ma nessuna certezza, proprio per il fatto che una mappatura esatta del tumore in questione non venne fatta prima del 2012 e dunque nulla si sa circa la sua natura e il suo grado di sviluppo nel 2010 […] l’unica certezza e che si sarebbe avuto una diagnosi corretta e, dunque, una terapia corretta, ma non necessariamente efficace né in termini salvifici né in termini di allungamento delle aspettative di vita”.

In altri termini, la mancata effettuazione, incontestata, dell’unico accertamento diagnostico utile al fine di accertare quale fosse la natura della neoplasia ha impedito ogni valutazione, da effettuare secondo i principi più volte affermati da questa Corte, in termini di necessaria certezza (Vedi Sez. U, Sentenza n. 30328 del 10/07/2002 Ud. (dep. 11/09/2002 ) Rv. 222138 – 01) in ordine alla del nesso di causalità tra l’omessa adozione, addebitata all’imputato, di una adeguata terapia oncologica, e l’evento morte”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA