Sono pienamente utilizzabili come prova documentale a carico i messaggi WhatsApp fotografati dal telefono cellulare dell’imputato

Segnalo la recente sentenza numero 39529/2022 – depositata il 19/10/2022, resa dalla sezione seconda penale, che si è sulla legittimità dell’utilizzo ai fini probatori dei messaggi WhatsApp fotografati dal telefono cellulare.

La sentenza in commento dà continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale i  messaggi “whatsapp” e gli “sms” conservati nella memoria di un telefono cellulare costituisco prova documentale  ex art. 234 cod. proc. pen. e come tai sono pienamente utilizzabili nell’ambito del procedimento penale.

 

Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale cittadino con la quale l’imputato era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 493 ter cod. pen., in relazione al reato di indebito utilizzo di una carta bancomat.

Dalla lettura della sentenza in commento, si ricava che nel corso della istruttoria dibattimentale, era stata acquisita al fascicolo processuale la fotografia eseguita dalla polizia giudiziaria di alcune conversazioni presenti sul telefono cellulare dell’imputato che, unitamente alle dichiarazioni rese in udienza dalla persona offesa dal reato, aveva contributo alla affermazione di penale responsabilità del giudicabile.

 

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale di Milano interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato enunciando plurimi motivi di ricorso per  denunciare vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata.

Per quanto qui di interesse, con una articolazione difensiva, la difesa deduceva la violazione di legge in relazione all’art. 234 cod. proc. pen. quanto all’acquisizione e utilizzazione dei messaggi WhatsApp, evidenziando che i messaggi prodotti, in assenza dell’apparecchio cellulare e  non ritualmente estratti dallo stesso facendo la c.d. copia forense, sarebbero inutilizzabili e non avrebbero potuto pertanto essere posti a fondamento della decisione di condanna.

La Corte regolatrice ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“Con specifico riferimento all’utilizzabilità dei messaggi WhattsApp, peraltro oggetto della testimonianza resa dalla persona offesa, infatti, la Corte territoriale si è conformata alla più recente giurisprudenza di legittimità per la quale “in tema di mezzi di prova, i messaggi “whatsapp” e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art.254 cod. proc. pen.” (Sez. 6, n. 1822 del 12/11/2019 dep.2020, Tacchi, Rv. 278124 – 01″.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA