Annullata la sentenza di appello che conferma la condanna per la bancarotta distrattiva senza motivare adeguatamente sulla richiesta derubricazione in preferenziale

Segnalo la sentenza numero 39801/2022 – depositata il 20/10/2022, resa dalla sezione quinta penale della Suprema Corte,  che si è pronunciata sulla distinzione tra bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e bancarotta preferenziale, indicando il discrimine che intercorre tra le due diverse fattispecie di reato.

Come noto agli operatori del diritto che si occupano dei reati fallimentari, la questione giuridica affrontata dalla pronuncia in commento è di estremo interesse per la difesa tecnica da svolgere nel processo in quanto, ottenere dall’organo giudicante la derubricazione della bancarotta fraudolenta per distrazione in bancarotta preferenziale, comporta evidenti vantaggi in punto di detrminazione della pena e della durata della prescrizione (quest’ultima quanto meno per i reati commessi prima del 01.01.2020).

La sentenza in commento, che ha annullato quella resa dalla Corte di appello ordinando un nuovo giudizio sul punto, si pone in continuità con il più recente orientamento giurisprudenziale che guarda alla causa della movimentazione di denaro per comprendere se si tratti di restituzione soci per versamenti in conto capitale, nel qual caso ricorre il più grave reato della bancarotta distrattiva, ovvero la transazione economica può essere imputata come restituzione mutuo, configurandosi, in tale ipotesi, la bancarotta preferenziale.

 

Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Brescia confermava la condanna, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, dell’imputata per aver concorso con l’amministratore unico di una società di capitali, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, consistito nel prelevare dalle casse della fallita la somma di euro 118.609,00 poi versata, a titolo di restituzione finanziamenti, al socio unico di altra società amministrata dall’imputata.

Veniva invece riformata la sentenza di primo grado in riferimento ad alcune imputazioni di bancarotta preferenziale – dichiarate  prescritte – e rideterminata la durata delle pene accessorie.

 

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale di Brescia interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato che articolava plurimi motivi di ricorso per  denunciare vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata.

Per quanto qui di interesse, con una articolazione difensiva, veniva censurato il capo di sentenza che aveva  confermato la qualificazione del fatto in bancarotta fraudolenta per distrazione senza spiegare adeguatamente le ragioni per le quali il pagamento oggetto di imputazione non poteva essere qualificato come restituzione originariamente versate a titolo di mutuo, fatto questo, se accertato, conducente alla bancarotta preferenziale, già prescritta.

La Corte regolatrice ha accolto il ricorso annullando con rinvio la sentenza impugnata.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti a un credito esigibile nel corso della vita della società, mentre il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 8431 del 01/02/2019, Vesprini, Rv. 276031; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 32930 del 21/06/2021, Provvisionato, Rv. 281872; tra le ultime Sez. 5, n. 24909 del 07/06/2022, Bassoli, n.m.).

Come chiarito dalla sentenza Vesprini, stabilire, se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, è questione di interpretazione della volontà delle parti (Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, Rv. 588234); più in particolare, «i versamenti in conto capitale sono assoggettati all’onere di contabilizzazione nel patrimonio netto della società come riserve di capitale ed alla distinta indicazione di tale natura nella nota integrativa», mentre «l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagl’interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci» (Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557).”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA