La creazione di falsi profili social con foto e generalità dell’ignara vittima integra il reato di sostituzione di persona.
Segnalo la sentenza numero 41801/2022 – depositata il 04/11/2022, resa dalla sezione quinta penale della Suprema Corte, che si è pronunciata sul tema giuridico di quale reato sia configurabile a carico del soggetto che crea un falso profilo social della persona offesa, inserendone, a sua insaputa, fotografia e generalità.
La sentenza in commento, decidendo il caso sottoposto allo scrutinio di legittimità, ha ritenuto corretta sia la qualificazione giuridica del fatto contestato, sussumibile nel delitto di sostituzione di persona, sia la riconducibilità dell’azione illecita all’imputato il quale, nel creare i falsi profili social in contestazione, aveva utilizzato l’utenza telefonica a lui riferibile.
Il capo di imputazione ed i doppio grado di merito.
Con la richiesta di rinvio a giudizio veniva contestato all’imputato di essersi sostituito ad una donna, persona offesa dal reato, inserendo sul sito «bakekaincontri.com» un annuncio erotico collegato al nome della predetta, creando un falso profilo sul social «badoo» ed un falso profilo sul social «Lovoo» inserendovi la fotografia della vittima, le sue generalità, la residenza e numero di telefono, così inducendo in errore coloro che comunicavano con l’imputato attraverso la chat e determinandoli a recare disturbo o molestia alla ignara vittima.
La Corte di appello di Messina confermava la sentenza emessa dal Tribunale cittadino che aveva affermato la penale responsabilità del giudicabile per il delitto di sostituzione di persona continuata e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa.
Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.
Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale di Messina interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato.
Per quanto qui di interesse, con una articolazione difensiva, veniva denunciato vizio di motivazione della sentenza impugnata che aveva ritenuto provata la responsabilità dell’imputato il quale non aveva partecipato al processo per contestare la riconducibilità del fatto alla sua persona, così determinando una illegittima inversione dell’onere della prova della penale responsabilità.
La Corte regolatrice ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:
“La motivazione della sentenza qui impugnata consente di comprendere il ragionamento logico-giuridico che ha condotto al rigetto del motivo di appello volto a sostenere che il reato non è stato commesso dall’imputato.
In particolare, la Corte di appello, essendo stato dimostrato che per pubblicare un annuncio utilizzando il falso profilo internet creato spendendo le false generalità della persona offesa era stata utilizzata un’utenza di telefonia mobile nella disponibilità di quest’ultimo, ha del tutto logicamente ritenuto accertato che la creazione del falso profilo fosse opera del [omissis].
L’affermazione, da parte della Corte territoriale, che l’imputato non ha fornito elementi in grado di contraddire tale ricostruzione non è stata impiegata per invocare una illegittima inversione dell’onere della prova, ma solo per evidenziare che, non essendo stato fornito alcun elemento di prova in contrasto con detta ricostruzione fattuale, la penale responsabilità del [omissis] doveva ritenersi certa e non solo probabile, in applicazione del principio, già affermato da questa Corte di cassazione, per il quale il giudice, per dichiarare colpevole «al di là di ogni ragionevole dubbio» l’imputato che sia rimasto contumace o si sia avvalso del diritto al silenzio rinunciando così a prospettare una sua versione dei fatti, non ha l’obbligo di verificare le ipotesi alternative alla ricostruzione dei fatti quale emergente dalle risultanze probatorie (Sez. 3, n. 30251 del 15/07/2011, Allegra, Rv. 251313)”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA