All’amministratore di diritto non possono essere ascritti i reati di riciclaggio ed autoriciclaggio commessi dal dominus occulto della società.

Segnalo la sentenza numero 43969.2022 – depositata il 18/11/2022, resa dalla sezione seconda penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata, in sede cautelare personale, sulla estensibilità della responsabilità penale all’amministratore di diritto dei reati di riciclaggio ed autoriciclaggio perpetrati dall’amministratore di fatto, effettivo organo gestorio della società.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha ritenuto destituito di fondamento il ricorso per cassazione interposto dall’Ufficio del PM il quale aveva sostenuto che la responsabilità per il reato associativo ed i gravi reati contro il patrimonio in provvisoria contestazione, potevano essere elevati a titolo di concorso anche nei confronti del legale rappresentante della società per non avere adempiuto agli obblighi di vigilanza su di lui gravanti perché discendenti dalla carica sociale.

Secondo la Corte di legittimità, l’interpretazione della parte ricorrente che sollecitava l’applicazione dei principi di diritto elaborati in tema di reati tributari e reati fallimentari, non poteva applicarsi alla regiudicanda considerato che nell’ordinamento penale non esiste un obbligo giuridico che permetta l’applicazione generalizzata nei confronti dell’amministratore di diritto della clausola di cui all’art. 40 cpv cod. pen. (non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo) a tutti gli altri reati consumati all’interno delle compagini sociali.

 

L’imputazione provvisoria ed il merito cautelare.  

Il Tribunale della Libertà di Bari, in accoglimento dell’istanza di riesame avanzata dall’indagato dei reati di associazione a delinquere, reimpiego e riciclaggio, annullava l’ordinanza del G.I.P. dello stesso tribunale del che aveva disposto nei confronti del prevenuto la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro l’ordinanza del Collegio cautelare di Bari interponeva ricorso per cassazione il PM denunciando l’illegittimità del provvedimento per vizio di legge nella parte in cui non aveva fatto corretta applicazione del principio giurisprudenziale secondo il quale l’amministratore di diritto risponde quanto meno a titolo di dolo eventuale dei reati commessi dall’amministratore di fatto.

La Corte regolatrice ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riporta il passaggio dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“Gli indirizzi giurisprudenziali citati dal pubblico ministero ricorrente riguardano la responsabilità a titolo di dolo eventuale dell’amministratore di diritto e rappresentante legale a fronte di attività svolte dagli amministratori di fatto che abbiano integrato ipotesi di reati tributari ovvero di bancarotta documentale o per distrazione; tali principi cioè hanno pacificamente riaffermato che incombendo sull’amministratore di diritto l’obbligo giuridico di effettuare le dovute dichiarazioni fiscali ed essendo dovuto il successivo pagamento delle imposte ovvero il mantenimento del patrimonio sociale e la regolare tenuta delle scritture contabili, sulla base dei molteplici riferimenti normativi che stabiliscono i precisi precetti in tema, l’omesso impedimento degli eventi delittuosi in tali casi può comportare una responsabilità a titolo concorsuale per i reati tributari ovvero le fattispecie di bancarotta documentale e per distrazione poste materialmente in essere dagli amministratori di fatto.

Ma un tale obbligo giuridico che permetta l’applicazione generalizzata della clausola di cui all’art. 40 cpv cod.pen. anche a tutti gli altri reati consumati all’interno delle compagini sociali ovvero mediante le stesse non sussiste a carico dell’amministratore di diritto; se questi cioè è certamente tenuto alla regolare tenuta delle scritture contabili, al regolare pagamento delle imposte ed alla regolare destinazione dei beni aziendali alle attività sociali, non sussiste invece né potrebbe altrimenti prevedersi se non in violazione del principio di tassatività della norma penale, una previsione che impone all’amministratore delle persone giuridiche dì vigilare sulla regolare osservanza di qualsiasi norma penale da parte dei soggetti comunque coinvolti nelle attività sociali.

Così che l’estensione dei principi dettati dall’art. 40 cpv cod. pen. all’amministratore di diritto non è possibile proprio per assenza di un obbligo giuridico ricavabile da uno specifico riferimento normativo in tal senso.

Ne consegue, pertanto, che la responsabilità dell’amministratore di diritto per le condotte poste in essere dai gestori di fatto può essere affermata solo in applicazione dei criteri generali sul dolo nel concorso di persone ex art. 110 cod. pen.”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA