Responsabile di diffamazione aggravata il blogger che venuto a conoscenza di un contenuto offensivo pubblicato da un utente non lo rimuove immediatamente.
Segnalo sentenza numero 45680.2022 – depositata il 01.12.2022, con la quale, la Corte di Cassazione – sezione quinta penale, si è pronunciata sul tema giuridico della responsabilità del blogger in caso di pubblicazione di post offensivi ad opera degli utenti che caricano contenuti sulla piattaforma telematica da lui gestita.
Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha confermato l’affermazione di penale responsabilità, concordemente affermata dai giudici di merito, che nel corso del processo avevano accertato che il blogger, una volta venuto a conoscenza del messaggio oggettivamente offensivo, non solo non aveva provveduto all’immediata rimozione, ma aveva altresì aggiunto, a sua volta, un’annotazione ad esso adesiva, fornendo così prova certa del concorso morale nel delitto contro l’onore.
Con la sentenza in commento, la Corte di legittimità ha precisato che a differenza delle pubblicazioni a mezzo stampa (anche quella non tradizionale diffusa on-line), dove la responsabilità penale discende dalla violazione del dovere di controllo del direttore presidiato dall’art. 57 cod. pen., nel caso del blog la condanna può essere inflitta solo se la condotta illecita è provata secondo le regole generali previste dal codice penale sul concorso di persone nel reato.
Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.
La Corte di Appello di Messina confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno per il reato di diffamazione aggravata previsto e punito dall’art. 595, III comma cod. pen.
Secondo il capo di imputazione la condotta illecita era consistita nel consentire che venisse pubblicato e permanesse nel blog personale del prevenuto il commento di un utente non identificato, con il quale una società ed i suoi esponenti venivano accusati di vicinanza alla mafia.
Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.
Contro la sentenza della Corte distrettuale di Messina, la difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di censura.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riporta il passaggio estratto dalla trama argomentativa della sentenza in commento che affronta la questione del titolo della responsabilità penale del blogger:
“….In essa si è, infatti, affermato che il blogger è responsabile per gli scritti di carattere denigratorio pubblicati sul proprio sito da terzi quando, venutone a conoscenza, non provveda tempestivamente alla loro rimozione, atteso che tale condotta equivale alla consapevole condivisione del contenuto lesivo dell’altrui reputazione e consente l’ulteriore diffusione dei commenti diffamatori. (Sez. 5 , Sentenza n. 12546 del 08/11/2018 Ud. (dep. 20/03/2019 ) Rv. 275995.
Nella pronunzia richiamata ci si è riferiti a più pronunzie della CEDU -in particolare quella sul caso Phil /Svezia (9.3.2017) – dalle quali si è ricavata l’affermazione di esclusione della automatica responsabilità dell’amministratore di un sito per qualsiasi commento scritto da un utente, sempre che, una volta venuto a conoscenza del contenuto diffamatorio del commento, si sia immediatamente ed efficacemente adoperato per rimuoverlo, ricavandone logicamente – con argomentazione a contrario – che il blogger o gestore di sito, può rispondere dei contenuti offensivi pubblicati sul suo mezzo/spazio informatico quando, presa cognizione della lesività dei contenuti, li mantenga consapevolmente.
Si è quindi chiarito che, in assenza di un titolo specifico di imputazione di responsabilità, non potendo applicarsi ai gestori di siti internet, blog et similia una responsabilità ex art 57 c.p., non essendo equiparabili tali figure ai direttori responsabili dei giornali, l’ascrivibilità del fatto deve essere ricostruita in base alle comuni regole del concorso nel reato, oltre che per attribuzione diretta, qualora l’autore dello scritto denigratorio pubblicato sul blog sia il medesimo gestore.
Nella pronunzia in riferimento si è esclusa, altresì, la posizione di garanzia e il conseguente obbligo di impedire l’evento ex art 40 cpv cp in capo all’amministratore di blog, non essendo investito il blogger di poteri giuridici impeditivi di eventi offensivi di beni altrui in assenza di fonti normative che li conferiscano; si è, quindi, delineata la possibile attribuibilità della diffamazione a titolo di concorso, individuato nella consapevole condivisione del contenuto lesivo dell’altrui reputazione, con ulteriore replica della offensività realizzata tramite il mantenimento consapevole sul blog dello scritto diffamante.
In conclusione si è ritenuto che la mancata tempestiva attivazione del gestore del blog nella rimozione di proposizioni denigratorie costituisca adesione volontaria ad esse, con l’effetto a questo punto voluto di consentirne l’ulteriore divulgazione.
Il percorso logico-argomentativo ed i principi suindicati sono stati seguiti dalla Corte territoriale, che ha ricostruito la responsabilità dell’imputato non in termini di omessa vigilanza e/o controllo, avendo escluso che ricoprisse una posizione di garanzia, ma a titolo concorsuale secondo i principi generali, in quanto, avendo pacificamente conosciuto il contenuto antigiuridico del messaggio pubblicato, non aveva provveduto alla sua rimozione, né aveva informato l’autorità competente all’oscuramento.
Deve, infine, osservarsi che nella fattispecie concreta a sostenere l’affermazione di responsabilità la Corte di appello ha fatto riferimento altresì, alla presenza di un commento al messaggio del terzo ad opera del ricorrente, interpretato come adesivo ad esso e per altro verso dimostrativo del già ritenuto concorso per la mancata rimozione della nota offensiva”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA