La Cassazione definisce il perimetro del reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione.
Segnalo la recente sentenza numero 45682/2022 – depositata il 01/12/2022, resa dalla Corte di Cassazione – sezione quinta penale, che si è pronunciata sulla sussistenza o meno del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commessa mediante dissipazione del patrimonio sociale.
La sentenza in commento, che ha assolto l’imputato con formula piena perché il fatto non sussiste in riferimento alla bancarotta fraudolenta per dissipazione, affronta il tema giuridico degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice enunciando gli elementi costitutivi della condotta e della componente psicologica che devono ricorrere per l’affermazione di penale responsabilità, non ricorrenti nel caso scrutinato.
Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.
L’imputato nella sua qualità di amministratore unico di una società a responsabilità limitata, veniva rinviato a giudizio innanzi al Tribunale di Torino per il delitto di bancarotta fraudolenta per dissipazione di oltre 430 mila euro, corrispondenti alla spesa per l’acquisto di autoveicoli e motoveicoli, tra cui due auto Porsche, per fini estranei all’oggetto sociale e non pertinenti all’attività aziendale esercitata, oltre che per la distrazione di circa 50mila euro.
La Corte di appello di Torino confermava la condanna inflitta dal Giudice di primo grado per i superiori reati fallimentari, riducendo la durata delle pene accessorie.
Il ricorso per cassazione ed i principi di diritto.
Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale di Torino interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato che articolava plurimi motivi di ricorso per denunciare vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata.
Per quanto qui di interesse, con una articolazione difensiva, veniva censurato il capo di sentenza che aveva ritenuto provata la condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale per dissipazione, sostenendo che la presunta dissipazione rientrava nelle discrezionali scelte operate dall’amministratore dell’impresa collettiva.
La Corte regolatrice ha accolto il ricorso limitatamente al motivo di impugnazione sopra indicato annullando senza rinvio la sentenza di appello.
Di seguito si riportano ampi passaggi del costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la definizione della bancarotta fraudolenta per dissipazione e l’applicazione dei principi al caso di specie:
“II primo motivo di ricorso, che ha censurato la ritenuta bancarotta fraudolenta per dissipazione in relazione all’acquisto ed al mantenimento di più veicoli, tra cui due autovetture di lusso, è fondato.
Occorre premettere, in linea generale, che la dissipazione è una condotta di non facile definizione, potendo del resto in taluni casi esservi sottesa la delicata questione delle scelte imprenditoriali nella valutazione dei mezzi occorrenti per l’adeguato svolgimento dell’attività esercitata, che ovviamente l’imprenditore è libero di adottare nel rispetto delle regole di conduzione delle aziende.
Sul piano giuridico emergono aspetti problematici di inquadramento anche per l’affinità oggettiva con alcune condotte rientranti nella bancarotta semplice, la cui applicazione, infatti non a caso, è stata invocata nel corso del giudizio di merito dalla difesa.
In generale la dissipazione è stata intesa come ogni dispersione di beni effettuata per ragioni estranee, incompatibili o perlomeno incoerenti con le esigenze delle attività di impresa.
In tal senso di recente si è puntualizzato che la bancarotta per dissipazione consiste nell’impiego dei beni in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte, radicalmente incongrue con le effettive esigenze dell’azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessità, oltre che alle specifiche condizioni economiche ed imprenditoriali sussistenti. (Sez. 5, Sentenza n. 7437 del 15/10/2020 Ud. (dep. 25/02/2021 ) Rv. 280550.
Secondo più pronunzie di questa Corte, inoltre, la fattispecie di bancarotta fraudolenta per dissipazione si distingue da quella di bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti, sotto il profilo oggettivo, per l’incoerenza, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, per la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio per scopi del tutto estranei al perseguimento dell’oggetto sociale.(Sez. 5, Sentenza n. 47040 del 19/10/2011 Ud. (dep. 20/12/2011)Rv. 251218. In senso conforme: Sez. 5 , Sentenza n. 34979 del 10/09/2020 Ud. (dep. 09/12/2020 ) Rv. 280321.
Alla luce di tali principi – ai quali il Collegio ritiene di dar seguito – e delle critiche articolate nel primo motivo di ricorso va esaminata la motivazione ora al vaglio.
I Giudici del merito, nel confermare la pronunzia di responsabilità, hanno ricostruito la struttura e le vicende della società, puntualizzando che si trattava di società di modeste dimensioni, con un solo dipendente, che si avvaleva per le consulenze informatiche alla clientela di collaboratori esterni, operanti in autonomia ed autorizzati all’uso del mezzo proprio; che i risultati di esercizio, benché positivi fino al 2007, non erano mai stati eclatanti e che le due auto costosissime erano state mantenute in disponibilità della società fino al 2008, quando già si era manifestata una perdita di esercizio, se pure modesta.
La difesa, criticando per illogicità la motivazione e per errata applicazione di legge penale, ha rappresentato che il possesso delle due auto Porsche era funzionale al perseguimento dell’oggetto sociale ed inerente all’attività aziendale, poiché i veicoli erano destinati alla visita presso i clienti, che ne ricevevano un’immagine di solidità aziendale, ed ha ipotizzato che la scelta di acquistarle al più poteva essere giudicata come iniziativa imprenditoriale imprudente, ascrivibile ad un errore di valutazione ma non estranea ai fini dell’impresa.
Ha citato a sostegno le dichiarazioni di due collaboratori dell’imputato, acquisite agli atti, secondo le quali essi talvolta da soli e talvolta in compagnia dello stesso ricorrente, effettivamente si recavano a visitare alcuni importanti clienti dell’impresa con le auto in parola.
A fronte della tesi difensiva, che ha correttamente sottolineato e documentato le connotazioni fattuali per le quali le condotte giudicate illecite apparterrebbero al campo delle scelte discrezionali dell’imprenditore finalizzate all’esercizio delle attività di impresa, sottolineando come si trattasse di spese sostenute per acquisire beni strumentali alla conduzione dell’azienda, la scelta operata dalla Corte territoriale appare errata.
Si è, infatti, opinato che l’imputato non avrebbe dovuto comperare, tra il 2006 ed il 2007, le due automobili Porsche, i cui costi di acquisto e di manutenzione sono stati ritenuti esorbitanti rispetto al parco veicoli già in possesso della società ed in relazione alle sue condizioni economiche, tanto più che le stesse auto erano state adoperate quasi esclusivamente da sottolineandosi, altresì, che nel 2008 già si era verificata una perdita di esercizio, pur se modesta.
Il Collegio ritiene che la soluzione adottata sia fondata su una errata interpretazione dei principi, in precedenza richiamati, dettati da questa Corte in tema di bancarotta dissipativa.
La Corte torinese, infatti, ha finito per muovere censure alle scelte discrezionali dell’imprenditore, peraltro effettuate in un’epoca in cui ancora non vi erano segnali di crisi economica e finanziaria; ha valorizzato – con improprio ragionamento ex post – i risultati ottenuti dall’impresa, adoperando, argomentazioni che in definitiva neppure hanno tenuto conto della prova dedotta dall’imputato; si è valorizzato il presunto uso quasi esclusivo dei veicoli da parte dell’attuale ricorrente, svalutando, quindi, l’acquisizione probatoria oggettiva, per la quale anche impiegava le auto allo scopo di visitare alcuni clienti della società e, quindi, per finalità aziendali.
Neppure può farsi a meno di sottolineare che i Giudici del merito hanno giudicato integrato il profilo soggettivo del delitto, cioè la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio sociale per scopi del tutto estranei al perseguimento dei fini aziendali, facendo riferimento al desiderio dell’imputato di soddisfare la sua personale passione per i veicoli di grossa cilindrata ponendone le spese a carico della società; tale scelta è stata definita come un capriccio del ricorrente ma senza indicare alcun dato fattuale a sostegno delle affermazioni e senza che emergano dalle concordi sentenze di merito elementi apprezzabili in tal senso.
Si tratta di ragioni e criteri che esulano dal perimetro individuato da questa Corte regolatrice in tema di bancarotta per dissipazione, essendo riconoscibile nella giustificazione quella che appare una intuizione soggettiva dei Giudici territoriali mentre mancano le necessarie argomentazioni logico-giuridiche circa l’impiego dei beni in maniera distorta rispetto all’oggetto sociale ed inerente all’attività aziendale, poiché i veicoli erano destinati alla visita presso i clienti, che ne ricevevano un’immagine di solidità aziendale, ed ha ipotizzato che la scelta di acquistarle al più poteva essere giudicata come iniziativa imprenditoriale imprudente, ascrivibile ad un errore di valutazione ma non estranea ai fini dell’impresa.
Ha citato a sostegno le dichiarazioni di due collaboratori dell’imputato, acquisite agli atti, secondo le quali essi talvolta da soli e talvolta in compagnia dello stesso ricorrente, effettivamente si recavano a visitare alcuni importanti clienti dell’impresa con le auto in parola.
A fronte della tesi difensiva, che ha correttamente sottolineato e documentato le connotazioni fattuali per le quali le condotte giudicate illecite apparterrebbero al campo delle scelte discrezionali dell’imprenditore finalizzate all’esercizio delle attività di impresa, sottolineando come si trattasse di spese sostenute per acquisire beni strumentali alla conduzione dell’azienda, la scelta operata dalla Corte territoriale appare errata.
Si è, infatti, opinato che l’imputato non avrebbe dovuto comperare, tra il 2006 ed il 2007, le due automobili Porsche, i cui costi di acquisto e di manutenzione sono stati ritenuti esorbitanti rispetto al parco veicoli già in possesso della società ed in relazione alle sue condizioni economiche, tanto più che le stesse auto erano state adoperate quasi esclusivamente da sottolineandosi, altresì, che nel 2008 già si era verificata una perdita di esercizio, pur se modesta.
Il Collegio ritiene che la soluzione adottata sia fondata su una errata interpretazione dei principi, in precedenza richiamati, dettati da questa Corte in tema di bancarotta dissipativa.
La Corte torinese, infatti, ha finito per muovere censure alle scelte discrezionali dell’imprenditore, peraltro effettuate in un’epoca in cui ancora non vi erano segnali di crisi economica e finanziaria; ha valorizzato – con improprio ragionamento ex post – i risultati ottenuti dall’impresa, adoperando argomentazioni che in definitiva neppure hanno tenuto conto della prova dedotta dall’imputato; si è valorizzato il presunto uso quasi esclusivo dei veicoli da parte dell’attuale ricorrente, svalutando, quindi, l’acquisizione probatoria oggettiva, per la quale anche impiegava le auto allo scopo di visitare alcuni clienti della società e, quindi, per finalità aziendali”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA